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20 giugno 2024

Alfa Romeo Arna la più brutta


Esistono nella storia auto più brutte dell'Alfa Romeo Arna? Be', sì. Potremmo elencarne un centinaio senza nemmeno aprire Google. Però l'Arna è rimasta nell'immaginario collettivo come uno dei più colossali flop, in rapporto alle ambizioni. Ne parliamo oggi perché nel giugno del 1984, 40 anni fa che ci sembrano ieri, una campagna pubblicitaria martellante la propose come auto delle vacanze per la classe media ed infatti quell'anno fu l'unico in cui la Arna vendette discretamente. La follia dell'operazione Arna, nata e portata avanti quando l'Alfa Romeo era di proprietà dell'IRI (dal 1982 ne era presidente il Prodi post-sedute spiritiche), stava nell'essere un ibrido fra la Nissan Pulsar, auto peraltro già sul mercato europeo con il nome di Cherry, e l'Alfasud. L'accordo Alfa-Nissan prevedeva che la gran parte dell'assemblaggio avvenisse in Italia e qui iniziarono problemi produttivi enormi, fra Pratola Serra e Pomigliano d'Arco, perché le scocche Nissan mal si adattavano all'avantreno Alfasud e c'era quindi bisogno di una parziale riprogettazione. Insomma, la Arna tirò a campare fino al 1987, fra vendite risibili e campagne pubblicitarie memorabili ("Arna, e sei subito alfista", proprio di quel 1984, ma anche la criminale "Arna, kilometrissima Alfa" di qualche tempo dopo), senza contare le marchette in tanti film d'epoca e le citazioni postume, come quella nei Cesaroni.

10 giugno 2024

Ferrari batte Fiat 500

 Si vendono più Ferrari che Fiat 500 elettriche. È stata una delle notizie più commentate degli ultimi giorni, anche con toni sorpresi, come se il flop dell'auto elettrica non fosse sotto gli occhi di tutti. E noi la ricicliamo subito dopo le elezioni europee, come dettaglio fra i mille che possono spiegare l'avanzata dei partiti anti-europeisti (sempre dietro alla normale osservazione degli spacciatori maghrebini con l'ufficio nei pressi del videopoker) o euroscettici. Nell'aprile 2024 sono state vendute un centinaio di 500 totalmente (quindi non ibride) elettriche, meno di di un decimo delle Ferrari (1.138) che nel 2023 sono state vendute in media ogni mese. Eppure le 500 elettriche costano di listino un decimo della Ferrari meno costosa: dovrebbe essere la Portofino, in zona 220.000 euro ma pensiamo con in dotazione a malapena il volante. Eppure i milionari con la passione per le auto sportive non sono certo di più degli appartenenti alla classe media con una coscienza ambientalista.

Il confronto è ovviamente improprio e serve per fare un titolo da click, ma la realtà è che la gente, trasversalmente al proprio pensiero politico (all'ultimo conteggio sono andati bene Fratelli d'Italia e PD), in Italia sta dicendo no all'auto elettrica. Al di là della 500, in aprile in Italia sono state vendute 3.173 auto full electric, il 20,5% in meno rispetto all'aprile 2023. La quota di mercato di questa auto calata dall'alto è del 2,3% contro il 3,2% di un anno fa. Male comunque anche le PHEV (traduzione: Plug In Hybrid, cioè il motore elettrico che coesiste con quello endotermico), mentre bene le più realistiche Mild Hybrid e Full Hibryd. In totale comunque l'ibrido vale in Italia il 41,2% delle nuove immatricolazioni, segno che l'opposizione all'auto elettrica non è di ignoranti, magari sovranisti e populisti, quando non addirittura negazionisti del cambiamento climatico, che vogliono vivere in mezzo all'inquinamento ma di persone che notano che per come è stata imposta l'auto totalmente elettrica è nel presente qualcosa che peggiora la vita..

Soffrono anche i costruttori-delocalizzatori, mendicanti di incentivi statali oggi più che mai, e nella sostanza, anche per un banale discorso di materie prime e di costo del lavoro, esultano soltanto i cinesi. In pratica da noi può resistere la fascia alta, quando non direttamente il lusso. Quindi non si vede perché l'Unione Europea non possa tornare sulla sua demenziale decisione dell'anno scorso (con l'astensione dell'Italia, della Bulgaria e della Romania) riguardante lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035. Un caso da manuale di cittadino che vota, in questo caso consuma, in maniera diversa rispetto ai desiderata della gente che piace. Tutto questo per dire che il primo problema dell'Europa non è l'auto elettrica o quella a benzina, ma il fatto che gli ideali europei lascino freddi e siano percepiti, anche quando non lo sono, come una serie di imposizioni nel nome di una élite. In Italia questo vento c'è ma non ha ancora generato estremismi, se non appunto all'italiana, in Francia e Germania la cosa sta prendendo un'altra piega: c'è un po' un clima da ultima chance, prima che cambi in maniera strutturale il corpo elettorale. Non da noi, va detto, dove il plebiscito dei consumatori non si traduce direttamente in voti. Anche perché per certe dinamiche siamo, per fortuna, dieci anni indietro rispetto ad una normale città francese. Il nostro primo problema è ancora la Ferrari.

 


17 aprile 2024

Alfa Romeo Milano o Junior?


Alfa Romeo Milano o Alfa Romeo Junior? Stiamo ovviamente parlando della vicenda del cambio di nome della nuova auto prodotta dal gruppo Stellantis, che in origine avrebbe dovuto chiamarsi Milano e che è stata ribattezzata Junior dopo l'intervento di Adolfo Urso. La tesi del ministro delle imprese e del Made in Italy è che il nome Alfa Romeo Milano sarebbe vietato, perché l'auto è prodotta all'estero. La risposta dell'azienda è stata per molti sorprendente, soprattutto per la velocità: un cambio di nome a presentazione già avvenuta, una cosa mai avvenuta nella storia dell'economia. E poi che cambio: Junior, sembra una cosa per bambini anche se nel passato dell'auto e della stessa Alfa di Junior ce ne sono. Per questa idea avranno anche pagato qualcuno.

Facile, anche per modesti appassionati di auto, ricordare la Ford Torino, la Opel Monza, la Pontiac LeMans, la Ferrari Daytona, eccetera, tutti modelli certo non prodotti nel paese della casa madre. Ma doveroso anche ricordare la legge sull'italian sounding, che ha lo scopo primario di combattere i tarocchi nell'agro-alimentare (tipo Parmigiano-Parmesan) ma che per analogia molti estendono ad altri prodotti. In altre parole, un tedesco non può impunemente (in teoria) produrre la Pizza Posillipo o il Pesto Tigullio, quindi una multinazionale di fatto a controllo francese non può produrre in Polonia un'auto chiamata Milano.

Viene in mente Luciano Gaucci che aveva battezzato La Milanese la sua azienda di pulizie, con sede e operatività a Roma, per motivi di immagine. È chiaro che l'ufficio legale di Stellantis debba avere sconsigliato una battaglia sul nome magari fondata ma destinata a trascinarsi per le lunghe, con effetti negativi sul prodotto. Che sarebbe nella sostanza un SUV di segmento B che prende il posto della vecchia Alfa Romeo MiTo (che veniva prodotta a Mirafiori, piccolo dettaglio) e che prima ancora di Milano avrebbe dovuto chiamarsi Brennero (è una mania).

Comunque si chiami, l'Alfa Romeo Junior costa sui 30.000 euro nella versione mild hybrid e sui 40.000 in quella elettrica: fra le Alfa in produzione (Giulia, Stelvio, Tonale) è l'unica ad essere assemblata fuori dall'Italia. Ma il discorso è molto più ampio rispetto a quello sul nome di un'auto: Alfa Romeo Milano o Alfa Romeo Junior?

Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...