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18 giugno 2024

Retequattro sponsor del Milan


Rete 4, o Retequattro come si scrive ai tempi, sponsor del Milan. Il 18 giugno 1984, 40 anni fa che sembrano ieri, l'annuncio ufficiale di una sponsorizzazione che fa pensare a Silvio Berlusconi. Ma il Milan è di Giussy Farina e rimarrà suo fino a quando ad inizio 1986 glielo scipperanno (in preparazione, grazie anche alla collaborazione di Mark Hateley, un libro di Indiscreto di quelli che faranno storia), mentre Retequattro è controllata dalla Mondadori (dove Berlusconi non è ancora entrato).

Giornata di grandi annunci, per un canale che per due anni ha davvero fatto concorrenza a Canale 5 con grandi personaggi (Tortora, Baudo, Biagi, Costanzo) ed una sfida a viso aperto (come dimenticare Dynasty contrapposto a Dallas?), visto che Liedholm, appena tornato al Milan, firma come opinionista di Caccia al 13. Tutto bello, però a fine agosto la Fininvest compra il 50% di Rete 4, che sta perdendo tanti soldi, in attesa di prendersela tutta, e Berlusconi decide di riposizionarla: non più rivale di Canale 5, con anche velleità giornalistiche, ma rete per un pubblico femminile di cultura medio-bassa.

E il Milan? La maglia con la scritta Retequattro si vedrà soltanto in qualche amichevole e prima del campionato sarà sostituita con quella marchiata Oscar Mondadori: non ha senso che un canale di telenovelas sponsorizzi una squadra di calcio. Milan-Retequattro diventerà una maglia per collezionisti e oggi vale sui 1.000 euro. Quanto al canale, in tempi recenti c'è stato il tentativo di riportarlo alle origini generaliste e giornalistiche del periodo Mondadori. Ecco, un tentativo.

10 giugno 2024

Ferrari batte Fiat 500

 Si vendono più Ferrari che Fiat 500 elettriche. È stata una delle notizie più commentate degli ultimi giorni, anche con toni sorpresi, come se il flop dell'auto elettrica non fosse sotto gli occhi di tutti. E noi la ricicliamo subito dopo le elezioni europee, come dettaglio fra i mille che possono spiegare l'avanzata dei partiti anti-europeisti (sempre dietro alla normale osservazione degli spacciatori maghrebini con l'ufficio nei pressi del videopoker) o euroscettici. Nell'aprile 2024 sono state vendute un centinaio di 500 totalmente (quindi non ibride) elettriche, meno di di un decimo delle Ferrari (1.138) che nel 2023 sono state vendute in media ogni mese. Eppure le 500 elettriche costano di listino un decimo della Ferrari meno costosa: dovrebbe essere la Portofino, in zona 220.000 euro ma pensiamo con in dotazione a malapena il volante. Eppure i milionari con la passione per le auto sportive non sono certo di più degli appartenenti alla classe media con una coscienza ambientalista.

Il confronto è ovviamente improprio e serve per fare un titolo da click, ma la realtà è che la gente, trasversalmente al proprio pensiero politico (all'ultimo conteggio sono andati bene Fratelli d'Italia e PD), in Italia sta dicendo no all'auto elettrica. Al di là della 500, in aprile in Italia sono state vendute 3.173 auto full electric, il 20,5% in meno rispetto all'aprile 2023. La quota di mercato di questa auto calata dall'alto è del 2,3% contro il 3,2% di un anno fa. Male comunque anche le PHEV (traduzione: Plug In Hybrid, cioè il motore elettrico che coesiste con quello endotermico), mentre bene le più realistiche Mild Hybrid e Full Hibryd. In totale comunque l'ibrido vale in Italia il 41,2% delle nuove immatricolazioni, segno che l'opposizione all'auto elettrica non è di ignoranti, magari sovranisti e populisti, quando non addirittura negazionisti del cambiamento climatico, che vogliono vivere in mezzo all'inquinamento ma di persone che notano che per come è stata imposta l'auto totalmente elettrica è nel presente qualcosa che peggiora la vita..

Soffrono anche i costruttori-delocalizzatori, mendicanti di incentivi statali oggi più che mai, e nella sostanza, anche per un banale discorso di materie prime e di costo del lavoro, esultano soltanto i cinesi. In pratica da noi può resistere la fascia alta, quando non direttamente il lusso. Quindi non si vede perché l'Unione Europea non possa tornare sulla sua demenziale decisione dell'anno scorso (con l'astensione dell'Italia, della Bulgaria e della Romania) riguardante lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035. Un caso da manuale di cittadino che vota, in questo caso consuma, in maniera diversa rispetto ai desiderata della gente che piace. Tutto questo per dire che il primo problema dell'Europa non è l'auto elettrica o quella a benzina, ma il fatto che gli ideali europei lascino freddi e siano percepiti, anche quando non lo sono, come una serie di imposizioni nel nome di una élite. In Italia questo vento c'è ma non ha ancora generato estremismi, se non appunto all'italiana, in Francia e Germania la cosa sta prendendo un'altra piega: c'è un po' un clima da ultima chance, prima che cambi in maniera strutturale il corpo elettorale. Non da noi, va detto, dove il plebiscito dei consumatori non si traduce direttamente in voti. Anche perché per certe dinamiche siamo, per fortuna, dieci anni indietro rispetto ad una normale città francese. Il nostro primo problema è ancora la Ferrari.

 


06 giugno 2024

Quanto vale l'oro


Quanto vale l'oro? Risposta da compitino a questo quesito da e per Google: 2.360 dollari all'oncia, mentre stiamo scrivendo queste righe, per usare il parametro più diffuso, o se preferite circa 70 euro al grammo (un'oncia è 28,3 grammi). Ovviamente la domanda non è questa, ma riguarda l'opportunità di investire in oro dopo una lunga e stimolante discussione avvenuta l'altro giorno con un supercompetente, anche in buona fede perché non aveva qualcosa da venderci. Senza stare a copiare i grafici che tutti vediamo sul web, si può dire che sia in termini nominali sia in dollari rettificati con il potere d'acquisto l'oro si trovi sui suoi massimi storici. E quindi? Corriamo dall'elegante Compro Oro sotto casa con il lingottino, l'anello, la sterlina della Prima Comunione? Nella foto una sterlina d'oro uguale a quella che ci regalarono nel 1976, quando ricevemmo il sacramento nella chiesa intitolata ai Santissimi Nabore e Felice.

Risposta: non ancora, a meno di averne bisogno per mangiare o per l'abbonamento a DAZN. Perché le varie guerre e le incertezze politiche in mezzo mondo stanno rendendo gli acquisti di oro, chiaramente come riserva di valore, sempre più una scelta moderna nonostante la fine di Bretton Woods (ormai più di mezzo secolo fa) e quindi del sistema di cambi che aveva come architrave la convertibilità dei dollari in oro. Una scelta, questa della nuova corsa all'oro, non soltanto della Russia della situazione, stato o privati di grossa cilindrata (possono fregarti il Chelsea, ma non lingotti tenuti in Svizzera), ma anche del fu Occidente: la Banca d'Italia è una di quelle nel mondo con più oro (2.452 tonnellate, abbiamo letto sul suo sito, quasi come la Bundesbank ma più, per dire, della Cina) e sembra voglia andare avanti. In ogni caso consigliamo come lettura serale questo riassunto riguardante l'evoluzione del 'nostro' oro: la cosa che ci ha più impressionato è che alla fine del vecchio mondo monetario, quindi l'inizio degli anni Settanta, le riserve auree dell'Italia fossero circa le stesse di oggi. Qualcuno dà per scontata una guerra? Saremmo contenti solo per quelli che "Il turismo è il nostro petrolio".

A favore dell'oro anche questo periodo di taglio dei tassi, visto che per sua natura l'investimento in oro è improduttivo, ma non volevamo andare sui massimi sistemi perché anche fra le persone comuni, anche fra i giovani, stiamo notando una maggiore propensione a regalare o comprare oro nell'ottica (tutta da dimostrare) che sia qualcosa di solido, di trasportabile in caso di disastro (cosa che non è il monolocale per designer norvegesi o fuoricorso pugliesi criptogay), di poco soggetto alle scelte della politica e per certi aspetti paradossalmente (visto quanto è antico) decentralizzato e relativamente scarso come potrebbe esserlo un Bitcoin. Domanda finale: comprare (anche ETF, ovviamente), tenere, vendere oro? Nella nostra ignoranza siamo per tenere, a meno di non essere trascinati nella Terza Guerra Mondiale. La parola ai competenti ma soprattutto agli incompetenti, perché i soldi sono i loro.

23 maggio 2024

Quanto costa DAZN


Quanto costa DAZN? Sui 25 euro al mese, a fare i furbi. 9 euro se interessa soltanto la pallacanestro. Purtroppo questo non è un post pubblicitario né una marchetta, ma banalmente la domanda che ci facciamo ogni fine campionato di Serie A, con davanti tre mesi di nulla calcistico a livello di club. Certo si può mettere l'abbonamento in pausa per due mesi, ma siamo così pigri che non l'abbiamo ancora fatto. E conoscendoci prevediamo le bestemmie quando il 6 giugno da PayPal scopriremo di avere pagato il solito 40,99 euro mensile (ma perché non il 39,99 scritto sul sito?) per l'abbonamento Standard, cioè quello che consente di utilizzare due dispositivi in contemporanea ma soltanto se collegati alla stessa rete.

Poi nella nostra famiglia nessuno, a parte noi, guarderebbe Udinese-Empoli (come abbiamo fatto) o Varese-Scafati di basket (fatto anche questo), ma i due dispositivi sono comunque una possibilità. Va anche detto che legandosi per 12 mesi l'abbonamento costerebbe 34,99 al mese e che pagando 359 euro in un'unica soluzione si scenderebbe di fatto 29,99 euro mensili. DAZN Plus, che consentirebbe di guardare in contemporanea da due reti diverse (quindi in pratica di condividere un abbonamento, anche se formalmente non è così) costa invece 59,99 euro al mese, che con il pagamento in un'unica soluzione, 599 euro, verrebbe a costare 49,9 euro. Ecco quindi da dove nascono i 25 euro a testa (di cazzo).

Per chi fosse interessato soltanto alla pallacanestro (Serie A e coppe europeee) e a quella poca NFL che ormai fanno per chi non compra il Pass, c'è DAZN Start a 8,99 euro al mese. Un prezzo, quest'ultimo, quasi uguale al 9,99 euro al mese per avere tutto (calcio compreso) che pagavamo nel 2019, quando ci abbonammo per la prima volta. Sapete come la pensiamo sul prezzo dei beni e dei servizi non di prima necessità: qualsiasi discussione sui prezzi è demagogica, il prezzo giusto è quello che uno è disposto a pagare. Non c'è un valore intrinseco nella Kelly di Hermés, da giustificare i 10.000 euro, così come non c'è alcun valore o prezzo indiscutibile per DAZN. La nostra domanda è più terra terra: per la stagione 2024-25 vi abbonerete a DAZN? Noi con la fragile giustificazione del lavoro lo faremo, ma se fossimo liberi ci basterebbe Sky Sport.

Poi il discorso filosofico è sempre lo stesso. Avendo avuto la fortuna, perché è stata una fortuna, di essere cresciuti in un'era analogica ancora ci rendiamo conto di quanto questi microabbonamenti e servizi, anche quelli gratuiti o presunti tali, divorino tempo e soprattutto attenzione. Che dal 2000 ad oggi è calata, nella media, da 12 a 8 secondi, in pratica di un terzo. Non è colpa di DAZN, ovviamente, anzi quando appare in video Diletta Leotta la concentrazione supera gli 8 secondi, ma del nostro atteggiamento, con un bisogno di essere sempre iperstimolati: perché anche quando leggiamo un libro diamo ogni tanto un'occhiata al telefono? Il fatto di rendercene conto è un'aggravante. Detto questo, stiamo per sbloccare Anime Generation.

stefano@indiscreto.net

17 aprile 2024

Alfa Romeo Milano o Junior?


Alfa Romeo Milano o Alfa Romeo Junior? Stiamo ovviamente parlando della vicenda del cambio di nome della nuova auto prodotta dal gruppo Stellantis, che in origine avrebbe dovuto chiamarsi Milano e che è stata ribattezzata Junior dopo l'intervento di Adolfo Urso. La tesi del ministro delle imprese e del Made in Italy è che il nome Alfa Romeo Milano sarebbe vietato, perché l'auto è prodotta all'estero. La risposta dell'azienda è stata per molti sorprendente, soprattutto per la velocità: un cambio di nome a presentazione già avvenuta, una cosa mai avvenuta nella storia dell'economia. E poi che cambio: Junior, sembra una cosa per bambini anche se nel passato dell'auto e della stessa Alfa di Junior ce ne sono. Per questa idea avranno anche pagato qualcuno.

Facile, anche per modesti appassionati di auto, ricordare la Ford Torino, la Opel Monza, la Pontiac LeMans, la Ferrari Daytona, eccetera, tutti modelli certo non prodotti nel paese della casa madre. Ma doveroso anche ricordare la legge sull'italian sounding, che ha lo scopo primario di combattere i tarocchi nell'agro-alimentare (tipo Parmigiano-Parmesan) ma che per analogia molti estendono ad altri prodotti. In altre parole, un tedesco non può impunemente (in teoria) produrre la Pizza Posillipo o il Pesto Tigullio, quindi una multinazionale di fatto a controllo francese non può produrre in Polonia un'auto chiamata Milano.

Viene in mente Luciano Gaucci che aveva battezzato La Milanese la sua azienda di pulizie, con sede e operatività a Roma, per motivi di immagine. È chiaro che l'ufficio legale di Stellantis debba avere sconsigliato una battaglia sul nome magari fondata ma destinata a trascinarsi per le lunghe, con effetti negativi sul prodotto. Che sarebbe nella sostanza un SUV di segmento B che prende il posto della vecchia Alfa Romeo MiTo (che veniva prodotta a Mirafiori, piccolo dettaglio) e che prima ancora di Milano avrebbe dovuto chiamarsi Brennero (è una mania).

Comunque si chiami, l'Alfa Romeo Junior costa sui 30.000 euro nella versione mild hybrid e sui 40.000 in quella elettrica: fra le Alfa in produzione (Giulia, Stelvio, Tonale) è l'unica ad essere assemblata fuori dall'Italia. Ma il discorso è molto più ampio rispetto a quello sul nome di un'auto: Alfa Romeo Milano o Alfa Romeo Junior?

Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...