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01 agosto 2024

Le risposte di Musetti


 Basta una giornata da due medaglie e si va in crisi di astinenza, almeno secondo i parametri di chi mette tutto sullo stesso piano. Nell’ottava giornata di gare, la quinta con risultati definitivi, l’ufficio medaglie di Casa Italia festeggia l’argento nel quattro di coppia maschile (Luca Chiumento, Giacomo Gentili, Andrea Panizza e Luca Rambaldi) nel canottaggio, andato leggermente sopra le aspettative, e quello di Silvana Stanco nella trap, anche lei oltre le previsioni della vigilia. Leggermente sotto le aspettative, soprattutto le sue, il quarto posto di Simona Quadarella nei 1500 metri stile libero che hanno visto la mostruosa Ledecky arrivare all’ottavo oro in carriera. Disastrosa la nazionale femminile di pallanuoto contro gli Stati Uniti, non per la sconfitta che visto l’avversario poteva essere messa in conto, ma per il punteggio (10-3) e l’atteggiamento: passare il turno adesso sarà difficile. Difficile invece parlare di delusione per l'uscita nei quarti della sciabola a squadre, cioè il primo turno (bisogna ricordarlo sempre) nella sciabola a squadre, visti i valori sulla carta molto diversi rispetto all'Ungheria. Stesso discorso per Thomas Ceccon, che dopo l'oro nei 100 dorso è stato il primo degli esclusi dalla finale dei 200, gara raramente frequentata e in cui comunque è già ad un passo dall'élite. Nella stratosfera invece il cinese Zhanle Pan, che con 46"40 ha migliorato il suo record del mondo dei 100 stile libero. Insomma, oggi tanti complimenti ma pochi festeggiamenti. 

Il torneo olimpico di Lorenzo Musetti è spettacolare, come il suo livello di gioco e la sua continuità nda due mesi a questa parte. Dopo la vittoria con Fritz negli ottavi fra l’azzurro e la zona medaglie c’è Zverev, con il quale questo Musetti sulla terra non parte certo battuto. La partita contro lo statunitense era equilibrata per ranking (Fritz numero 12 ATP, Musetti 16) ed in parità come precedenti, ma il ricordo dell’ultimo Monte Carlo, più ancora che di Wimbledon, su una terra comunque più lenta di quella parigina dava fiducia e Musetti non l’ha tradita, resistendo al grande inizio di Fritz nel primo set e gestendo bene la situazione quando il suo avversario si è messo a giocare con più solidità, ammazzandolo di palle corte e di rovesci in anticipo. Ma soprattutto rispondendo sempre, sempre, sempre, ai servizi di solito decisivi di Fritz. Il sogno delle cinque medaglie dal tennis, formulato quando Sinner sembrava della partita, si è ridotto ora a Musetti e al doppio Errani-Paolini, che hanno raggiunto i quarti dopo una partita di intensità incredibile contro le tifatissime Garcia e Parry. Ai quarti il cammino della Errani è finito nel misto, insieme ad Andrea Vavassori, buttando via una occasione enorme, al di là del matchpoint, contro Koolhof-Schuurs: peccato perché una medaglia, sia pure in un torneino (partenza dagli ottavi di finale, coppie quasi tutte improvvisate), sembrava lì pronta.

L'uscita di scena più amara di tutte è però stata quella di Rafa Nadal, che in coppia con Alcaraz è uscito ai quarti contro Krajicek e Ram: Alcaraz ha nella media risposto male e si muoveva quasi a caso nei pressi della rete, ma almeno nel secondo set il trentottenne compagno è riuscito a tanerlo in partita, facendo impazzire un pubblico del Roland Garros che quasi certamente rivedrà Nadal soltanto come grande ex. Ultimi game in un clima surreale: silenzio ad ogni punto degli statunitensi, boato ogni volta che si riapriva la speranza per gli spagnoli. Un po' è sempre stato così, nessuno accetta che il vecchio campione (e quindi la nostra vita) scivoli via, ma con Nadal e Parigi tutto è portato su un piano superiore. Comunque Nadal i suoi ori olimpici li ha vinti ed Alcaraz ha tutto per vincere quello del singolare, sfruttando l'autostrada nella parte bassa del tabellone. 

Adesso nel torneo di pallacanestro hanno disputato tutti due partite, sulle tre dei gironi, e qualche ragionamento si può fare. Tutto aperto nel Gruppo A, dove Spagna e Grecia si giocano la sopravvivenza (al di là del recupero di due delle terze) negli scontri contro Canada e Australia, cioè due squadre NBA non dichiarate. Nel Gruppo B un bellissimo Germania-Francia definirà il primo posto, con la squadra di Collet che finora non è piaciuta e che contro il Giappone ha rischiato tantissimo: Wembanyama sta facendo il suo, anche bene, ma è in molti sensi un corpo estraneo. Nel Gruppo C gli Stati Uniti proseguono la loro marcia verso l'oro, mentre il Sud Sudan ha qualcosa dentro, il senso della missione, e anche fuori: non va sottovalutato dalla Serbia, che in teoria lo potrebbe scherzare come ha fatto con il Porto Rico. Presto per fare congetture, visto il meccanismo del sorteggio dei quarti dividendo le 8 qualificate in 4 microfasce. Di certo conviene arrivare primi per evitare si sicuro gli Stati Uniti nei quarti, ma le semifinali davvero non si possono programmare: ci aspettano tante partite vere, la cervellotica formula ha avuto almeno questo merito. 

Entra in scena l’atletica, quasi sinonimo di Olimpiadi, con le gare di marcia e tutto il resto, compresa la teorica migliore Italia di sempre. Perché i 5 ori di Tokyo, fra cui quello più importante di tutto lo sport, sono irripetibili, ma non si ricordano così tanti azzurri da finale e con ambizioni che in molti casi arrivano fino a Los Angeles 2028. Un movimento che ha cambiato passo quando nel 2018 Antonio La Torre ne è diventato direttore tecnico e che quindi Stefano Mei ha ereditato dalla gestione precedente, insieme ai tanti atleti sulla rampa di lancio che poi in molti casi si sono effettivamente lanciati. Un’eredità che Mei ha raccolto senza troppo entusiasmo, per poi cambiare rotta (ma non troppo) dopo i trionfi di Tokyo. Ci sembra però che adesso il presidente federale stia caricando la sua squadra di aspettative troppo alte, parlando di 8 medaglie, contro le più realistiche 5 previste da Track & Field News (argento di Tamberi e Fabbri, bronzo per la Iapichino, per la 4x100 e per la staffetta di marcia) ed un risultato effettivo finale che potrebbe anche essere inferiore, ma con tanti finalisti nello sport più universale di tutti. Lo zero di Rio sembra comunque lontanissimo.

30 luglio 2024

Un secolo di donne


 Un argento che vale oro: le ragazze della ginnastica meritano il bonus per questa frase fatta, visto che il loro secondo posto dietro alle americane che hanno Simone Biles come stella che piace alla gente che piace è una medaglia che mancava da quasi un secolo, da Amsterdam 1928 quando le ginnaste di Pavia vinsero la prima medaglia olimpica femminile dello sport italiano. Manila Esposito, Alice D’Amato, Angela Andreoli, Elisa Iorio e Giorgia Villa sono nella storia, così come le donne che hanno vinto l’oro nella spada a squadre in finale contro la Francia in un Grand Palais caldissimo: Alberta Santuccio, autrice della stoccata del 30-29, Rossella Fiamingo, Giulia Rizzi e Mara Navarria hanno dimostrato in una situazione difficilissima che non c’è alcun complotto planetario contro l’Italia, al di là di errori arbitrali anche gravissimi in sport strutturalmente inarbitrabili come scherma e judo: difficile immaginare un complotto pro Hong Kong ma non pro Francia dei poteri forti della scherma. Di enorme spessore anche la terza medaglia azzurra di giornata, il bronzo di un Gregorio Paltrinieri che si è battuto benissimo negli 800 stile libero: per lui, alle Olimpiadi da Londra 2012, la quarta medaglia a cinque cerchi e per l’Italia un po’ di gioia che potrebbe fare bene anche al resto della spedizione. Per adesso, dopo quattro giornate di medaglie sulle sedici totali, l’Italia di Malagò è a 3 ori, 4 argenti e 4 bronzi: una contabilità senza senso, che non tiene conto di popolazione e di sistemi sportivi (in Botswana ci sono poliziotti pagati per fare scherma?), oltre che dell’importanza dei singoli sport nel mondo, ma le Olimpiadi sono anche questo. Togliendo il nazionalismo rimarrebbe ben poco. 

La pressione derivante dal nuovo status, peraltro guadagnato sul campo al Roland Garros e a Wimbledon, ha tolto a Jasmine Paolini il sogno olimpico in singolare, mentre quello in doppio insieme a Sara Errani porsegue. Troppo tesa, troppo fallosa nei tanti scambi che ha comandato, con una faccia cupa che non le avevamo mai visto nemmeno nelle peggiori occasioni. Soltanto con la testa si può infatti spiegare una sconfitta della Paolini come quella contro la Schmiedlova, in cui si fa fatica a contare tutte le occasioni buttate via, con un primo set perso da un vantaggio di 5-2, un terzo in cui ha servito sul 5-4 ed una partita in cui in generale ha avuto in mano il pallino del gioco sia nei suoi turni di servizio sia in quello della slovacca numero 67 del mondo, che contro la Paolini aveva perso 6 delle precedenti 8 partite, 2 su 2 contando soltanto i precedenti sulla terra. Il tennis però non mente e la Schmiedlova non ha rubato nulla visto che la toscana si è suicidata. Il quarto con la Krejcikova non sarebbe stato già vinto, anzi, ma il fatto che da quella parte di tabellone siano state eliminate Sakkari e soprattutto Gauff aggiunge rimpianto al rimpianto. Ma certo non si può dire alcunché ad una giocatrice diventata numero 5 WTA e che ha dato tutto ciò che aveva: meno rispetto a poche settimane fa. Ma paradossalmente questa sconfitta conferma il livello della nuova Paolini, una che decide quando vince e quando perde: di puro orgoglio, dopo questa delusione, ha strappato la qualificazione ai quarti nel doppio: una medaglia uscita dalla porta può rientrare dalla finestra. Davvero molto bene, per atteggiamento e per il resto, Lorenzo Musetti contro il terraiolo Navone. Chi lo divide dalla zona medaglie? Fritz, con il quale sulla terra può fare partita pari e anche di più (lo ha appena battuto a Wimbledon, fra l'altro), poi nei quarti Zverev, campione olimpico in carica. Il gioco poi può proseguire con Djokovic in semifinale ed Alcaraz in finale. Un oro impossibile, diciamolo, ma Musetti sta giocando alla Musetti e sente le Olimpiadi: va bene così.

Il quarto posto è il risultato più amaro, anche quando si è dato tutto? Pensiamo di sì e probabilmente a mente fredda lo pensa anche Benedetta Pilato, il cui pianto di apparente felicità dopo il quarto posto, a un centesimo dal bronzo, nei 100 rana, ha commosso anche chi non la conosceva. Chi nelle interviste e nei commenti a caldo si è stupito della sua felicità, che sembrava ostentata per convincere sé stessa più che i telespettatori, ha osato rompere il muro dell’ipocrisia e per questo è stato attaccato. Qui non si tratta di sottovalutare un quarto posto olimpico, ma di trattare la Pilato come la campionessa (anche mondiale ed europea, e ha soltanto 19 anni) che è.

29 luglio 2024

Ceccon il predestinato


L’oro di Thomas Ceccon nei 100 dorso conferma l’Italia superpotenza del nuoto con prime, seconde e terze linee, l’argento di Filippo Macchi nel fioretto salva una spedizione italiana nella scherma fin lì disastrosa, in attesa delle gare a squadre che un po' rimetteranno a posto le cose. In ogni caso puro ossigeno in una prima parte di Olimpiade in cui tante occasioni di medaglia sono state perse. Ovviamente la copertina è per Ceccon, perché se Martinenghi era fra i più forti Ceccon come primatista del mondo e pluricampione di tutto, mondiale ed europeo, senza dimenticare le altre tre medaglie olimpiche (l’ultima sabato scorso nella 4x100 stile libero), era il grande favorito, oltre che uno di quei campioni naturalmente personaggi che gli sport diversi dal calcio devono tenersi stretti. Situazione sempre difficile da gestire, soprattutto sulle distanze più brevi. Un predestinato che arriva a destinazione, che meraviglia.

Ma anche Macchi ha fatto una grossa cosa, perché la scherma di quelle tre o quattro nazioni è finita: nei sei tornei individuali hanno infatti vinto due hongkonghesi, uno statunitense, un sudcoreano, un giapponese e un francese, in omaggio ai vecchi tempi. Probabile che le medaglie di squadra tornino ad essere assegnate in maniera più tradizionale, anzi sicuro visto che si parte dai quarti di finale in torneini dove l’importante è esserci e l’Italia c’è, in sei su sei. Lì il medaglificio può tornare ad operare a pieno regime.

Inutile dire che l’analisi video delle ultime stoccate fra Macchi e Cheung Ka Long, del tutto incomprensibili al pubblico generalista, alimenterà le lamentele per certe decisioni arbitrali nel judo, nella boxe e nella stessa scherma. Siccome l’Olimpiade non è seguita solo dagli esperti dei singoli sport, per fortuna di questi sport, alla fine il messaggio che sta passando è quello di una sorta di complotto interdisciplinare (peccato essere rimasti fuori con il calcio) contro l’Italia, con mandanti oscuri e motivazioni ancora più misteriose, visto che l’Italia ospiterà le prossime Olimpiadi invernali, ha 3 membri nel CIO (Malagò, Ivo Ferriani e Federica Pellegrini) ed organizza eventi internazionali a ciclo continuo. Certo è difficile dire che alcuni sport sono inarbitrabili, anche se nelle interviste a caldo un po' Malagò l'ha detto, perché tante volte questi sport ci hanno detto bene. Il gigantesco non detto è comunque che alcuni di questi atleti, ma soprattutto molti dei loro dirigenti, si stanno comportando come quelli del vituperato calcio. 

La sessantesima e ultima sfida fra Novak Djokovic e Rafa Nadal, uno dei momenti clou dell’Olimpiade in ogni caso, è stata un massacro. Per certi versi un po’ triste ma per altri romantico, come è logico che fosse fra il numero 2 del mondo, fresco finalista a Wimbledon, ed un altro fenomeno che però mostra di più i segni del tempo fra un infortunio e l’altro. Troppo diversa la velocità di crociera, con il serbo che è andato via tranquillo senza strafare, addirittura accettando il braccio di ferro sulla diagonale diritto di Nadal-suo rovescio, che tanti problemi al Roland Garros gli ha creato, ed in generale evitando di accorciare sul diritto di Nadal. Ma a parità di testa, di classe e di personalità il Nadal di oggi tira più piano, comunque non abbastanza forte da comandare lo scambio. Sul 6-1 4-0 il serbo ha rallentato, non crediamo per pietà, forse perché sorpreso dalla facilità del tutto, ma soprattutto Nadal non ha accettato l’umiliazione, e così l’eroico ultimo urrah dello spagnolo lo ha fatto rimontare fino al 4-4, con il pubblico dello Chatrier impazzito. Ma Djokovic, abituato a giocare contrare contro il pubblico, per la verità meno becero che in altre occasioni, non ha fatto una piega e ha portato a casa la partita grazie al superiore ritmo: ormai lui e Nadal, di un anno più anziano, giocano due sport diversi e non è offensivo dirlo. La loro quasi ventennale sfida, iniziata proprio al Roland Garros nel 2006, finisce 31-29 per il serbo (8-3 per Nadal i confronti su questo campo, invece) e già rimpiangiamo entrambi. Per lo spagnolo non è però ancora il momento dell’uscita di scena, visto l’impatto che potrebbe avere una medaglia con Alcaraz nel doppio. Quanto agli italiani, una Paolini davvero formato Slam ha fatto ciò che ha voluto nel secondo set contro la Linette, dopo una certa fallosità nel primo, e adesso negli ottavi affronta la Schmiedlova, che anche la Paolini precedente, cioè quella fino al gennaio 2024, batteva spesso. L’orizzonte è un quarto di finale contro Krejcikova o Pegula, per giocarsi l’accesso alla zona medaglie, e le sensazioni soprattutto sul diritto sono buone. Vavassori ha fatto molto più del suo uscendo al terzo set contro Ruud, ingiudicabile invece l’uscita di scena dell’improvvisato, per il forfait di Sinner (ormai causa di tutti i mali del mondo, pare: ultimo episodio lo sfogo di Cobolli padre), doppio Musetti-Darderi che comunque si è battuto alla grande contro Jarry-Tabilo, uscita che fa meno male di quella di Bolelli-Vavassori. Sempre Vavassori insieme alla Errani è nei quarti del doppio misto, torneo che potrebbe avere un senso (soprattutto oggi, con l’esplosione delle prove miste un po’ in tutti gli sport) ma che è offensivo far partire dagli ottavi.

Da peste del secolo, che ha cancellato o condizionato almeno due stagioni di tutti gli sport (per tacere del resto), con morti reali che si sono saldati a paure irrazionali, la trasformazione a semplice influenza nel giro di tre anni. Questa è la storia sportiva del Covid-19, senza inerpicarci in discorsi medici e politici al di là delle nostre competenze. Adam Peaty è infatti risultato positivo al Covid ed ha ammesso di essersi sentito male già prima della finale dei 100 rana, dove da favorito ha poi terminato secondo dietro a Nicolò Martinenghi. Peaty spera di recuperare per la staffetta mista di venerdì ed in ogni caso la sua vicenda è tenuta bassissima. Perché sarebbe come ammettere di aver esagerato, al di là dei Giochi di Tokyo quasi cancellati e poi disputati senza pubblico, in un contesto blindato in cui un Peaty positivo avrebbe creato il panico e certo non avrebbe potuto gareggiare. Certo il Covid-19 non sarà il principale ostacolo di una carriera in cui ha dovuto superare depressione, alcolismo e il classico burnout del nuotatore. 

28 luglio 2024

Nessun complotto contro Martinenghi

 Nicolò Martinenghi è il campione olimpico dei 100 rana e la prima medaglia d’oro dell’Italia a Parigi 2024, in una domenica 28 luglio 2024 in cui già l’Italia di Malagò iniziava a sentirsi vittima di chissà quali complotti per gli errori arbitrali ai danni della Errigo, della Giuffrida e di Mohuiidine, e magari anche di altri che ci siamo persi. In effetti gli arbitri nei 100 rana contano poco e così Martinenghi ha replicato il successo di Domenico Fioravanti a Sydney 2000. Un’altra giornata con 3 medaglie azzurre, per arrivare a quota 6, con l’oro di Martinenghi di pesantezza diversa, rispetto alle due medaglie nella pistola 10 metri, l’argento di Federico Maldini e il bronzo di Paolo Monna. Un oro enorme anche rapportato al nuoto, perché Martinenghi è al tempo stesso un atleta di élite (fra gare individuali e staffette due volte campione del mondo e tre campione europeo, senza contare le altre medaglie, fra cui spiccano i due bronzi ai Giochi di Tokyo) ed un outsider, comunque non il favorito perché si era qualificato alla finale con il sesto tempo, a distanza enorme da Adam Peaty, poi arrivato secondo a pari merito con Fink. Essere pronti o non pronti nel giorno dei giorni è l’essenza stessa delle Olimpiadi e il venticinquenne varesino si è guadagnato l’eternità con pieno merito. Fra l’altro quinto italiano di sempre con un oro nel nuoto dopo appunto Fioravanti (che di ori ne vinse due), Rosolino, la Pellegrini e Paltrieri. Una vittoria che ci voleva non tanto per il discorso complotti, ma per cambiare un certo clima di negatività ispirato dal fallimentare inizio nella scherma, medaglificio dato troppo per scontato.

Gli occhi del mondo erano puntati sull’entrata in scena degli Stati Uniti nella pallacanestro maschile, con una squadra che per status dei suoi leader non si ritiene lontanissima dal Dream Team di Barcellona, anche se ovviamente non è così perché le statistiche si possono superare ma l’importanza storica no. 32 anni fa due superstelle su tre erano al capolinea, Magic Johnson per la sieropositività e Larry Bird per la schiena, mentre Jordan era al massimo del suo fulgore. Oggi pur a 36 anni Curry e Durant sono ancora una discreta versione di se stessi, versione che nel caso di LeBron James diventa buona. Diversi gli ‘altri’, totalmente diverse le epoche: fenomeni provenienti da un altro pianeta contro campioni di cui i migliori giocatori serbi certo non hanno paura. Sul campo però gli Stati Uniti di Steve Kerr non hanno avuto alcun problema contro Jokic e compagni, soffrendo soltanto per la cattiva pensata iniziale del loro allenatore, tre piccoli (Curry, Holiday e Booker) più LeBron James ed Embiid buueggiato non poco dopo il flirt con la Francia. I serbi hanno iniziato bene, favoriti anche dalla sufficienza degli avvesari, poi quintetti americani più equilibrati ed alcune fasi di classe assoluta di Durant hanno reso la partita una cavalcata senza problemi. Da notare che Durant rientrava da un infortunio, non aveva giocato un solo minuto nelle cinque amichevoli preolimpiche (compresa quella stravinta proprio contro la Serbia), e pareva soffrire la superiore immagine di James e Curry: questa è stata la risposta di uno che alla nazionale ci tiene veramente e che va per il quarto oro consecutivo, impresa impossibile per LBJ (che ha due ori, 2008 e 2012, ma ha saltato per scelta le ultime due edizioni, senza dimenticare l'amaro bronzo di Atene) e Curry, che addirittura è alla sua prima Olimpiade anche se curiosamente ha disputato e vinto due Mondiali.

Il torneo di tennis e l’orgoglio di Rafael Nadal contro Fucsovics ci hanno regalato un Nadal-Djokjovic al secondo turno, di cui si parlerà piùà della finale. Questo non deve far dimenticare la piccola impresa di Lorenzo Musetti, che poche ore dopo la finale persa ad Umago contro Cerundolo ha superato il primo turno contro la fatica, lo stress, i fischi francesi ed un Monfils che aveva già battuto nel Roland Garros vero e proprio. Adesso il superterraiolo Navone, che lo ha battuto nettamente nella finale del Challenger di Cagliari, in un periodo difficile della stagione di Musetti, schiacciato fra gli impegni familiari ed il contraccolpo della Sinnermania, che ha gasato alcuni italiani e fatto venire crisi di identità ad altri. Altra piccola impresa quella di Andrea Vavassori, catapultato nel tabellone del singolare dal forfait di Sinner, che ha superato Pedro Martinez, numero 45 del mondo contro il suo 207 (in singolare, perché in doppio è 9). Per lui adesso una missione impossibile contro Ruud prima di dedicarsi al doppio misto con la Errani. 

La storia italiana di Parigi 2024 potrebbe essere il primo oro olimpico della pallavolo, senza fare preferenze fra gli uomini di De Giorgi e le donne di Velasco, che oggi hanno rotto il ghiaccio con una vittoria abbastanza convincente contro la Repubblica Dominicana. In entrambi i casi l’Italia è nell’élite mondiale e la differenza fra l’oro e la sconfitta nei quarti, spesso evocata da Velasco forse (senza forse) ricordando l’Olanda di Barcellona 1992, è questione di dettagli. In senso storico è un oro che manca più ai maschi, 4 volte campioni del mondo (2 con Velasco, una con Bebeto e una con De Giorgi), che alle femmine, sul tetto del mondo solo nel 2002 con Bonitta, ma nessuno più dei due nostri c.t. sa che conta soltanto il presente.

27 luglio 2024

L'argento di Ganna

 Filippo Ganna è la prima medaglia dell’Italia a Parigi 2024, un argento pesante nella cronometro su strada dietro ad un campione come Evenepoel, uscito benissimo dal Tour de France, che nei pronostici della vigilia stava però leggermente dietro a Ganna e molto dietro a Tarling, penalizzato da una foratura. Un argento che Ganna ha accolto quasi con amarezza, nessuno sportivo pensa che l'argento valga come uno oro (e meno che mai chi l'oro può vincerlo), ma una medaglia frutto comunque di una grandissima rimonta negli ultimi chilometri. Impresa, come la conferma ad altissimo livello della 4x100 stile libero, con il bronzo di Alessandro Miressi, Thomas Ceccon, Paolo Conte Bonin e Lorenzo Frigo, frutto soprattutto delle grandi frazioni di Ceccon e Frigo. Stessa situazione, l’argento di Tokyo diventato bronzo ma in questo caso preso con gioia, per Luigi Samele nella sciabola. Insomma, al termine della prima delle sedici giornate con medaglie l’Italia porta a casa un argento e due bronzi, più le mezze delusioni della spada femminile, di cui Rossella Fiamingo è l’immagine, e del judo categoria meno 48kg, dove Assunta Scutto si presentava da favorita per l’oro.

Non si è mai parlato tanto del tennis olimpico come in questi Giochi e al netto del discorso Sinner, che oltre ad allenatori della mutua fa scendere in campo psicologi della mutua (la dura vita delle icone pop), bisogna dire che l’ultimo urrah a cinque cerchi di Djokovic, Nadal e Murray (per lui ultimo torneo in assoluto) e mille altri motivi di interesse, dal doppio Nadal-Alcaraz in giù, meritano il massimo dell’attenzione. La prima giornata di questo Roland Garros bis, pur conzionata dalla pioggia, ha detto tante cose: Nadal e Alcaraz hanno una bella intesa umana, cosa non scontata negli incroci vecchio-giovane, Djokovic ha ancora il fuoco dentro, la Paolini pur faticando nel primo set con la Bogdan è ancora sulla nuvola degli ultimi due tornei dello Slam. Pioggia che facendo ritardare un po’ tutto il programma potrebbe aiutare Lorenzo Musetti, che in serata a Umago ha giocato e perso la finale con Francisco Cerundolo, finendo al tie-break del terzo set alle 23.10. In teoria dovrebbe giocare subito il primo turno olimpico contro Monfils e solo il maltempo potrebbe mitigare gli effetti di una programmazione assurda.

È iniziato anche l’attesissimo torneo di pallacanestro maschile, dove si fa sul serio fin da subito visto che arrivare primi nei propri gironi significa di sicuro evitare gli USA di LeBron James e Steph Curry. L’Australia ha controllato abbastanza bene la Spagna di Scariolo, dove Rudy Fernandez è diventato il primo giocatore della storia a mettere piede in campo in sei Olimpiadi: impossibile dimenticarlo da diciannovenne, nella Spagna che ad Atene battè l’Italia di Recalcati nel girone, prima che gli azzurri cambiassero marcia e andassero a vincere un argento che è l'ultimo piazzamento nelle prime quattro dell'Italia in un qualsiasi torneo. Era la Spagna di Calderon, Navarro, Garbajosa, ovviamente anche di Pau Gasol, per dire quanto tempo sia passato. Tornando al presente, di altra cilindrata la Germania rispetto al Giappone e la Francia rispetto al Brasile: Lille è impazzita per il pompatissimo ma anche bravo Wembanyama, che ha iniziato bene e poi giustamente non ha voluto strafare. La partita del giorno è arrivata alla fine, con il Canada-NBA che è quasi riuscito a perdere contro la Grecia di un Antetokounmpo di lusso: squadra trascinata da Gilgeous-Alexander e Barrett, con Murray che sembra poco coinvolto ma sarebbe fondamentale perché con lui in vena il Canada sembra l’unica in grado di battere gli Stati Uniti delle stelle un po' logore ma che non possono fallire.

Il primo sport di squadra ad assegnare l’oro è stato il rugby a sette, o Rugby Sevens, per la gioia della Francia che in finale in uno Stade de France impazzito ha battuto le quotatissime Figi, oro a Rio (prima presenza olimpica di questa disciplina) e Tokyo, al termine di un torneo ipercompresso e frenetico come del resto è frenetica questa spettacolare variante del rugby. La domanda scontata è come mai il rugby non proponga ai Giochi la sua versione classica, a quindici e con le sue stelle: in fondo ci sarebbero i tempi di riposo giusti per un torneo ad otto con quarti, semifinali e finale. Scontata anche la risposta: come nel calcio, il Mondiale è il motore finanziario della federazione internazionale e nessuno ha interesse a crearne un mini-clone, oltretutto regalandolo alle Olimpiadi. Almeno il rugby ha la decenza di mandare un altro rugby, come se il calcio mandasse il calcetto. Comunque la Francia festeggia, non avendo mai vinto il Mondiale del rugby vero e nemmeno quello del Rugby Sevens. 

26 luglio 2024

Giochi senza frontiere

 Con una delle più brutte cerimonie di apertura di sempre i Giochi Olimpici di Parigi 2024 sono iniziati ufficialmente. La sfilata in barca sulla Senna è stata troppo dispersiva, senza la magia e il calore di uno stadio: paradossalmente proprio la pioggia battente ha creato il minimo sindacale di atmosfera, ma non è il caso di discuterne troppo visto che della cerimonia di apertura importa soltanto a chi non è interessato allo sport. Da questa baracconata (come definire l’Ultima Cena in chiave drag queen?) che ha ricordato un po’ Giochi senza frontiere e un po’ l’Eurovision Song Contest non sono usciti bene né i valori olimpici né la grandeur della Francia, al di là della retorica di un logorroico Estanguet, di un Bach in versione fanboy (“Parigi, la città dell’amore”) e di un Macron asciutto e istituzionale. Da salvare la parte dance e la chiusura in crescendo con il grande ritorno di Celine Dion e l’Hymn a l’Amour portato al successo da Edith Piaf. Quanto a noi, Gianmarco Tamberi e Arianna Errigo sono stati i portabandiera della grossa spedizione italiana, con lo schema uomo-donna replicato da tanti. Ma tutto l’insieme ha fatto sì che i portabandiera di fatto scomparissero, messi sullo stesso piano di tutti gli altri: LeBron James non si è quasi visto. LeBron James.

Alla fine l’unico momento che entra davvero nella storia è quello dell’ultimo tedoforo, introdotto a Berlino 1936: ecco, con la torcia passata da Zidane a Nadal a Serena Williams a Nadia Comaneci a Carl Lewis a Laure Manaudou a Tony Parker si era partiti molto bene, un misto di stelle francesi e internazionali, poi i tedofori sono diventati tutti francesi e la chiusura, cioè l’accensione del braciere olimpico, è stata assegnata a Marie Jose Perec e Teddy Riner. Confessiamo di avere sperato fino all’ultimo in Michel Platini. Tanti campioni e qualche mezza figura, in ogni caso come emozioni si è andati lontanissimi dal Paavo Nurmi 1952 e soprattutto dal Muhammad Ali 1996. Gli atleti hanno comunque sempre il loro perché e del resto era impossibile non metterli.  

In caso di attentato con morti le Olimpiadi andrebbero avanti lo stesso? Non è una domanda accademica, perché è bastato il sabotaggio dei TGV e qualche allarme bomba per gettare nel panico la Francia proprio nel giorno della cerimonia di apertura. Niente è controllabile al 100%, soprattutto nei paesi democratici, quindi il morto può sempre arrivare, in qualsiasi situazione. È chiaro che il precedente da considerare è quello di Monaco 1972, quando un gruppo di terroristi palestinesi uccise 11 atleti israeliani: una vicenda più volte raccontata in libri e film (Munich di Spielberg il più famoso), mentre meno raccontato è il dibattito sportivo che avvenne dopo quei fatti. Avvenuti il 5 e 6 settembre, quasi a metà dei Giochi. Meno raccontato perché non ci fu alcun dibattito: il CIO dopo un giorno di stop decise di proseguire con le gare (si era a metà del programma dell'atletica, fra l'altro) cavandosela con una cerimonia commemorativa generica: l’allora presidente Avery Brundage non fece alcun riferimento ai fatti ma solo a imprecisati valori olimpici da difendere. Quanto alle bandiere a mezz’asta, i paesi arabi e l’Unione Sovietica dissero di no. Israele ritirò i suoi atleti dalle rimanenti gare, ma non chiese di sospendere i Giochi e del resto la sensibilità dell'epoca era diversa. E gli atleti delle altre nazioni? In gran parte se ne fregarono, tante è vero che i pochi che dissero no a questa indifferenza sono passati alla storia: su tutti l’olandese Wilma van den Berg, fra le favorite dei 200 metri, che dopo aver vinto il suo quarto di finale si ritirò in omaggio alle vittime. Tornando al presente, nel 2024 è inimmaginabile che i Giochi possano andare avanti dopo episodi del genere e lo sanno tutti, ma proprio tutti. Ma è meglio non pensarci. Da adesso soltanto sport, senza respiro.

25 luglio 2024

Squadra Italia

 Aspettando la cerimonia di apertura dei Giochi con buona parte dei potenti della Terra ed anche Sergio Mattarella, volato a Parigi insieme al sempre più istituzionalizzato Tamberi, portabandiera con Arianna Errigo, facciamo il quadriennale, antipatico e doveroso discorso sul peso delle medaglie prima che queste medaglie si materializzino. Discorso che ha un punto fermo, dato dalla logica: le medaglie negli sport di squadra, anche i meno popolari, sono più preziose perché (ovviamente) più rare e perché nascono da un movimento che non si può improvvisare, mentre quelle negli sport individuali possono invece essere generate da singoli progetti di successo, quando non da talenti sbocciati dal nulla (quanti giavellottisti aveva avuto Trinidad prima di Walcott?), e non necessariamente da una massa di praticanti. Non è che l’Italia sia piena di marciatori e di fiorettisti, eppure la programmazione e le strutture del CONi e delle federazioni, per non dire lo stipendio statale, permettono spesso agli azzurri di primeggiare.

Questa premessa per dire che il probabile record di medaglie non cancellerà il fatto che a Parigi siamo con soltanto quattro squadre, le due di pallavolo e le due di pallanuoto, peraltro tutte forti, le due di pallavolo di più. Non ci siamo nel calcio, nella pallacanestro, nella pallamano, nell’hockey su prato e nel rugby a 7. In altre parole 10 fallite qualificazioni sulle 14 possibili. Situazioni non casuali, perché l’ultima partecipazione con il calcio maschile è del 2008, mentre l’Italia femminile non si è mai qualificata da quando il calcio delle donne è ai Giochi, cioè dal 1996. La pallacanestro maschile è stata ai Giochi una volta nelle ultime cinque edizioni, a Tokyo con Sacchetti in panchina, mentre l’ultima partecipazione delle donne è del 1996. Facile la statistica sulla pallamano e sul rugby a 7, non c’è bisogno di controllare almanacchi: mai stati alle Olimpiadi. L’ultima volta dell’hockey su prato ai Giochi è invece... Roma 1960, per la nazionale maschile qualificata di diritto, mentre le donne non ci sono mai state (a Roma il torneo non era previsto). A nostro onore va anche detto che quando baseball e softball sono stati ai Giochi le selezioni azzurre sono quasi sempre riuscite a qualificarsi. Il miracolo sportivo italiano, figlio di condizioni particolarissime, merita quindi un approfondimento più che l’esaltazione acritica del medagliere.

Il forfait di Sinner ha gettato nello sconforto Malagò e media italiani, come è giusto che sia: non è solo il numero 1 per l'ATP, ma è anche il numero uno dello sport italiano per distacco. Questa era la sua Olimpiade e magari a Los Angeles ci sarà ancora una grande Sinner ma nessuno oggi può saperlo, nemmeno lui. Perché siamo condizionati dal ventennio di Federer, Nadal e Djokovic, ma ad altissimo livello tante carriere sono durate meno di quattro anni. Rimanendo sul presente e sui tabelloni sorteggiati oggi, bisogna dire che agli azzurri non è andata bene. Musetti parte con Monfils ed è in una parte di tabellone insidiosa: tirato a lucido potrebbe arrivare ad un quarto di finale contro Zverev, cioè il detentore del titolo. Arnaldi potrebbe farcela contro Fils, avendo come orizzonte l’ottavo contro Djokovic. Darderi è in forma ma ha un primo turno durissimo con Tommy Paul, mentre Vavassori ha poche speranze già contro Martinez. In generale nella parte bassa del tabellone Alcaraz sembra avere la strada spianata, con tutto il rispetto per il Medvedev da terra, mentre sopra Djokovic dovrà fare molta più fatica per presentarsi all’appuntamento da lui più atteso. Chiaramente tutto scompare di fronte al probabile secondo turno Djokovic-Nadal: difficile immaginare una partita più carica di tensioni, motivazioni, storia. La sceneggiatura perfetta l'avrebbe messa come finale.

Fra le donne la Paolini deve confermare la sua nuova enorme dimensione: per la finalista di Roland Garros e Wimbledon un primo turno non facile con la Bogdan e l’orizzonte di un quarto di finale con la Krejcikova, occasione buona per rifarsi della finale di Wimbledon e prendersi una medaglia. Potrebbe finire già al primo turno l’Olimpiade della Cocciaretto, contro una Shnaider relativamente on fire, e della Bronzetti contro una Vekic rinata. Guardando il tabellone è impossibile che la Paolini non abbia pensato alla semifinale contro la Gauff, che la ‘vecchia’ Paolini l’ha battuta due volte su due, e alla finale contro la Swiatek che a Parigi è sembrata di un altro pianeta. Un anno fa avremmo parlato di Paolini felice di passare il primo turno, non bisogna dimenticarsene mentre schiacciamo di aspettative una tennista andata forse oltre i suoi limiti. Di certo l'ottimismo ottuso che si respirava fino a due giorni fa ("Cinque medaglie in cinque specialità" e cose del genere), senza pensare al fatto che comunque Sinner non era il favorito per l'oro e nemmeno per l'argento, ha ceduto il passo ad un pessimismo cosmico altrettanto ingiustificato. Invece almeno una medaglia può senz'altro uscire dai doppi: Errani-Paolini, Bolelli-Vavassori e anche Errani-Vavassori nel misto che tristemente parte dagli ottavi di finale. 

Di sicuro i bookmaker, ma sarebbe meglio dire il mercato, non vedono benissimo i tennisti azzurri. L’oro di Musetti in singolare si gioca a 50, quello di Darderi a 100, quello di Arnaldi a 150, mentre il grande favorito è ovviamente Alcaraz, a 1.85 con Djokovic a 3.50. Quanto alla Paolini, il suo oro è quotato a 16.00 e dintorni, lontamnissimo dall’1.45 della Swiatek, ma anche ben sotto le quote di Gauff e Rybakina. Se guardiamo tutti gli sport, lo scenario che vede l’Italia vincere 12 o più medaglie d’oro è pagato a 2.00, secondo noi molto bene, mentre questo particolarissimo Under è a 1.72: insomma, il caso Sinner che poi non è un caso ma una scelta (sbagliata) ha tolto un po’ di ottimismo a tutti. Nelle specialità da copertina troviamo un nuovo oro di Jacobs quotato a 15, tantissimo, mentre quello di Tamberi è a 2.50. Nel nuoto l’oro azzurro più probabile è quello di Thomas Ceccon nei 200 dorso, quotato a 2.50, mentre nella pallavolo è notevole che l’Italia di Velasco sia favorita, quindi con la quota più bassa, a 3.00, mentre la nazionale maschile di De Giorgi è a 6.50. Un oro nel mirino anche quelli di Tommaso Marini nel fioretto, 2.75, ed uno in cui sperare è Filippo Ganna nella cronometro, a 3.25 secondo favorito dietro Tarling.

24 luglio 2024

L'oro di Sinner

 Le Olimpiadi di Jannik Sinner non sono ancora iniziate, ma sono già finite. Nessuna Sinnermania mediatica a Parigi 2024, e purtroppo in concreto nessun Sinner. Che dopo il quarto di finale di Wimbledon perso con Medvedev ed una breve vacanza con la fidanzata Anna Kalinskaya si era allenato per una settimana, ma non era mai davvero stato bene. La spiegazione ufficiale della tonsillite è discutibile, non perché siamo tutti medici di Google ma perché ci sarebbe stato ancora qualche giorno per guarire ed eventualmente entrare in forma durante il torneo, come Djokovic e Nadal hanno fatto mille volte. E così dopo il no a Tokyo l’assenza forzata a Parigi: il numero 1 del mondo non sembra scaldarsi troppo per i cinque cerchi, ma la rabbia disperata con cui altri numeri 1 hanno inseguito (Federer) e stanno inseguendo (Djokovic) l’oro olimpico in singolare avrebbe dovuto consigliarlo diversamente. Poi è chiaro, se uno sta male non può e non deve giocare. Di sicuro Sinner non può essere a giorni alterni eroe nazionale, in Davis o agli Australian Open, o traditore della patria se cerca di giocare solo quando sta bene. Su tutto c’è che i tennisti di solito devono pochissimo alla nazione che rappresentano, sono imprenditori che rischiano in prima persona sul mercato e non mantenuti che devono ringraziare il colonnello o il maresciallo dopo un’eliminazione in batteria. Sul piano strettamente tennistico ci sta che Sinner abbia deciso di guarire bene e di presentarsi al top nelle settimane che precedono gli US Open sull’amato cemento. Vederlo il 6 agosto in campo a Montreal sembrerà strano, ma non è fantatennis perché sulla carta il programma di Sinner è questo. Non è una scelta troppo diversa da quella del 2021, presa con un altro allenatore (Piatti) e da un altro Sinner. La vicenda è stata tirata troppo in lungo, superando il termine (20 luglio) per la sostituzione di un singolarista con un nuovo tennista? Ora il posto di Sinner in singolare sarà preso da Vavassori, già iscritto per i doppi, e non dal più meritevole Cobolli. Ma sono pensieri che scompaiono di fronte a quello più semplice: l'Italia ha perso il suo sportivo più famoso, al di là di una medaglia che sarebbe comunque stata dura da conquistare. E meno male, con il senno di poi, che a metà aprile Sinner aveva detto no all'idea di fargli fare il portabandiera alla cerimonia inaugurale. 

Hanno ancora senso le Olimpiadi? Nel giorno in cui sono iniziate le gare della dell’edizione numero 33, la trentesima fra quelle effettivamente disputate, la domanda è d’obbligo e la risposta è un grosso sì. Ci riferiamo all’aspetto sportivo, senza inerpicarci in analisi geopolitiche e finanziarie, anche se è evidente che i Giochi siano anche politica. La realtà è che per quasi tutti gli atleti delle 39 discipline (32 invece sono gli sport) presenti a Parigi le Olimpiadi rappresentano il massimo, almeno come prestigio. Discorso scontato per gli sport che senza la presenza olimpica non esisterebbero, come il tiro con l’arco e il pentathlon, ma anche per quelli che hanno una vita e un loro successo anche durante il quadriennio come pallacanestro, pallavolo, atletica, nuoto. Particolare il discorso per il tennis, tornato ai Giochi da Seul 1988 dopo l’edizione dimostrativa di Los Angeles, e per il ciclismo che da Atlanta 1996 ha i professionisti. L’oro olimpico non vale Wimbledon, ma quasi (quasi, ripetiamo) tutti i tennisti ci tengono molto ed anche Djokovic lo vive come qualcosa che manca alla sua carriera. Stessa cosa per il ciclismo, almeno per quello su strada visto che invece la pista ha i Giochi come punto d’arrivo: l’eventuale oro di Parigi per gli addetti ai lavori non vale una Parigi-Roubaix, ma anche in questo caso i campioni ci tengono e le assenze clamorose, come quella di Pogacar, sono figlie di diverse motivazioni.

Insomma, l’unico sport olimpico in cui l’oro olimpico vale pochissimo è il calcio, che proprio oggi è partito con un incredibile Argentina-Marocco, a Saint-Etienne. Marocchini in vantaggio 2-0 per la gioia del pubblico quasi tutto dalla loro parte, nel senso di composto in gran parte da tifosi marocchini, poi rimonta degli argentini incattiviti per i fischi all'inno. Gol di Giuliano Simeone, 2-2 segnato nel recupero e poi caos totale, con ben sette invasioni di campo. Partita sospesa per due ore, intanto il VAR ha decretato che il pareggio di Medina è irregolare. Sembra che abbia vinto il Marocco 2-1 e già dire 'sembra' è grave... Sicuro il ricorso argentino e giustificata la furia di Mascherano per una partita interrotta più volte e chiaramente irregolare. Caso sportivo ma anche politico, perché il Marocco (con i suoi tifosi, spesso formalmente francesi) deve giocare almeno altre due volte.  

Al di là di questo caos e della sofferta vittoria della Spagna sull'Uzbekistan, mentre la Francia ha battuto gli Stati Uniti nettamente per il punteggio ma in realtà soffrendo anche lei, per il calcio un'altra Olimpiade difficile. E non soltanto perché gli uomini sono Under 23, quasi 24 (bisogna essere nati dopo l’1 gennaio 2001), più tre fuori quota mentre fra le donne l’età è libera, ma perché lo stesso governo del calcio ha sempre boicottato i Giochi per evitare qualsiasi prospettiva che diventassero un Mondiale bis, come ad esempio accade nella pallavolo. A questo giro colpisce il livello basso dei fuoriquota, a partire da quelli della Francia: il parigino Mbappé ha scelto a malincuore di ubbidire al Real Madrid, così Henry ha dovuto accontentarsi di Lacazette che lo ha subito ripagato. Un po’ più alto il livello dell’Argentina con Julian Alvarez, ma è incredibile che in un paese del genere non si sia trovato niente di meglio rispetto a Rulli e Otamendi. Nemmeno la Spagna ha fuoriquota scintillanti ma insieme a Francia e Argentina (vedremo il risultato con il Marocco...) è la favorita, con i suoi tanti giovani in rampa di lancio, anzi già ben lanciati, da Alex Baena e Pau Cubarsì, passando per Fermin Lopez e tanti altri. Il Brasile di Endrick non ha passato il preolimpico, ma è stato un caso. Meno strano che per la quarta Olimpiade consecutiva sia assente l’Italia, con i fallimenti che portano la firma di Ferrara, di Di Biagio e di Nicolato anche se ovviamente le colpe sono da distribuire.

In questa rubrica quotidiana il Guerin Sportivo proverà, senza riuscirci perché la magia delle Olimpiadi è che ognuno ne trae sensazioni e ricordi diversi, a trovare il senso di tutto ciò che seguiremo a tempo pieno, cercando di evitare la retorica sul taekwondo, il fioretto o il breaking. Perché non è che tutte le medaglie abbiano lo stesso peso, anche se per tre settimane sarà impopolare dirlo. L’Italia con il 70% di atleti militari, il doppio rispetto a 20 anni fa, e ben messa in molte discipline-medaglificio (soltanto nella scherma molti prevedono 5 o 6 ori), ha ottime battere il suo record di 40 medaglie, stabilito proprio 3 anni fa a Tokyo, e quello dei 14 ori di Los Angeles 1984. Inutile dire che il difficilissimo oro di Jacobs e quello possibile di una dalle due squadre di pallavolo, che sarebbe il primo della storia, oscurerebbero tutto il resto ed è giusto così perché chi esce da una selezione durissima vale di più rispetto a chi emerge fra quattro gatti, oltretutto con il doping dello stipendio statale.

Fino alla fine abbiamo sperato in un cambio, adesso è definitivo. Fra i grandi protagonisti di Parigi 2024 non ci sarà Caitlin Clark, a pensare bene vittima della logica dell’anzianità di servizio (spiegazione che ci sta, visto che la più giovane convocata ha 27 anni) e del non bruciare i giovani, a pensare male (ed è così che la pensiamo) di invidia per la sua visibilità mediatica e di malcelato razzismo. Quattro giorni fa l’All-Star Game della WNBA, roba di solito indigeribile come l’equivalente maschile, con lei e Angel Reese, anche lei supertalento emergente, in campo nel Team WNBA che ha giocato contro la nazionale olimpica, ha battuto ogni record di audience per una partita femminile. A Parigi una enorme occasione persa non per gli USA, che l’oro lo vinceranno comunque fischiettando, ma per la pallacanestro femminile che avrebbe potuto catturare l’attenzione di bambine generaliste davanti al televisore.

06 giugno 2024

NBA o Serie A?

NBA o Serie A? Proprio mentre le finali di entrambi i campionati, Boston Celtics-Dallas Mavericks e Olimpia Milano-Virtus Bologna, sono all’inizio, bisogna porsi questa domanda apparentemente strampalata, da tanta che è la differenza sportiva, finanziaria e culturale fra la NBA ed il resto del mondo. Un solco che oltretutto si sta allargando, visto che con l’ingaggio annuale del sesto dei Celtics (Horford) o dei Mavs (Kleber), nell’ordine dei 10 milioni di dollari, è quasi pari all’intero budget della Virtus per i giocatori, stando a Baraldi. Inutile rimpiangere gli anni Ottanta e Novanta, non torneranno più ed è proprio per questo che una produzione locale di giocatori servirebbe oggi più di allora. La domanda ‘NBA o Serie A?’ sta comunque in piedi perché i pubblici di riferimento in Italia sono molto diversi, anche se ovviamente chi segue la NBA bene o male sa che esistono Olimpia e Virtus, così come vale il contrario. Da una parte gli appassionati, soprattutto giovani, e dall’altra i tifosi attaccati alla storia, all’identità e al campanile: solo così si potrebbe spiegare ad un marziano perché molti di noi sono più interessati a Melli e Belinelli che a Tatum e Doncic.


Nella NBA i Celtics sono i netti favoriti, in una serie dove a vincere sarà di sicuro la NBA visto che questa è la settima finale diversa negli ultimi sette anni: c’è chi ha come obbiettivo l’equità competitiva e chi vibra per un sistema con grandi e cenerentole, anche se nella pallacanestro italiana le carte vengono spesso rimescolate da fallimenti e squalifiche. La Boston allenata dal giovanissimo, 35 anni (nella NBA questo tipo di percorso non è però raro), Joe Mazzulla, ha dominato la stagione regolare e nei playoff è arrivata in fondo quasi fischiettando, pur con mezzo Porzingis che sembra però adesso sul punto di rientrare. Curioso come Porzingis con Dallas e Kyrie Irving con Boston si siano lasciati male, ed adesso provino a vincere l’anello (Irving c’è già riuscito con i Cavs versione LeBron) sull’altra sponda. Per i Celtics, che non vincono dal 2008 (era la squadra di Pierce e Garnett) sarebbe il diciottesimo anello, per i loro avversari il secondo dopo quello vinto nel 2011 dalla squadra di Dirk Nowitzki, con Jason Kidd che era in campo mentre oggi i Mavericks li allena.

In Italia si comincia con Virtus-Olimpia e si andrà avanti almeno fino a gara3, grazie all’intelligente scelta di asciugare un po’ queste serie. E addirittura in Lega circola l’ipotesi di tornare al vincita-rivincita-eventuale bella degli anni Settanta-Ottanta, se non addirittura a partite secche, pompando bene l’evento. Per adesso ci accontentiamo di non andare oltre gara5 (l’anno scorso si chiuse a gara7 con lo scudetto milanese), anche se di sicuro la sfida è piena di interesse anche per il ristretto numero degli appassionati puri. Al di là del discorso ex, ricordando che a Bologna Ettore Messina ha vinto tutto e che Banchi è l’allenatore che riportò lo scudetto a Milano dopo 18 anni, e del futuro, con strane voci per entrambe le panchine (Messina solo dirigente e Banchi con offerta da altre squadre di Eurolega), conta il presente. La Virtus ha un nucleo italiano (Belinelli, Hackett, anche lui ex, Pajola, Polonara e Abass, altro ex) più decisivo, senza dimenticare che l’uomo decisivo sarà in ogni caso Shengelia e che ci sono problemi fisici (Lundberg e Zizic), mentre in una stagione segnata da infortuni Messina insegue il terzo sciudetto della sua vita milanese con una squadra in buona salute, che ha superato bene il clamoroso fallimento in Eurolega ed ovviamente è legata alle prestazioni di Shields e Mirotic. In ogni caso è la quarta finale consecutiva (la Virtus ha vinto la prima, l’Olimpia le altre) per lo scudetto fra le stesse due sqyadre e non c’è alcun segnale, nemmeno il parziale dimpegno di Zanetti, che le cose possano cambiare nei prossimi anni. Per quanto visto finora nei playoff Milano ha qualcosa in più, anche come freschezza.

04 giugno 2024

Marotta for president

Giuseppe Marotta presidente dell’Inter, non soltanto un meritato premio alla carriera visto che rimane amministratore delegato dell’area sportiva del club campione d’Italia anche nell’era di Oaktree, breve o lunga che sarà. Succede a Steven Zhang, diventando così il ventiduesimo (contando una volta sola Massimo Moratti, che lo è stato per due periodi) presidente della storia nerazzurra, con la prospettiva di continuare a governare l’Inter come fa dalla fine del 2018, anche se le logiche sono cambiate. Da una proprietà poco presente, che comunque ha sempre pompato soldi nell’Inter fino all’ultimo, ad una che gli starà con il fiato sul collo, visto che il consiglio è quasi totalmente targato Oaktree, e non è detto che ripiani ogni perdita pur avendo la cilindrata per farlo. Certo è che Marotta ha invertito una tendenza negativa, non soltanto a livello sportivo, e che questo è il punto più alto di quasi mezzo secolo di carriera. Il miglior dirigente calcistico italiano, in serie A1 (in A2 è Sartori), è lui e non da oggi. Ma nonoistante il doppio incarico di prestigio le mani saranno adesso meno libere.

Il licenziamento per giusta causa di Allegri, reso noto venerdì scorso, non era poi per una causa tanto giusta se sono bastati due giorni, la minaccia del tribunale ed un colloquio con Elkann per arrivare ad una transazione dall’importo ancora non ufficiale ma che di sicuro soddisfa l’allenatore ed il suo staff, lasciandogli le mani libere per prendere la differenza se ci sarà un’offerta stimolante. Non proprio una vittoria di Giuntoli, che comunque adesso costruirà il futuro con un allenatore di suo gusto.

Perché il Centro-Sud è quasi scomparso dalla Serie A? Considerando della stessa zona il Sassuolo retrocesso ed il Parma promosso, vanno giù Frosinone e Salernitana, su Como e Venezia. Nella sostanza nel campionato 2024-25 le squadre più settentrionali sopra Cagliari, Lecce e Napoli saranno le due romane. Situazione che unita al discorso sulle proprietà (salite tre straniere, scese tre italiane) e alle cinque lombarde si presta a mille analisi, anche se non ne faremo nessuna. Ricordiamo soltanto che fra le prime 20 città d’Italia per numero di abitanti ci sono Palermo (quinta), Bari (nona), Catania (decima), Messina (tredicesima) e Taranto (diciannovesima). E che di queste soltanto il Palermo, con il City Football Group, ha una proprietà ambiziosa anche se certo non manderà al Barbera né Guardiola né Haaland. Il Bari è prigioniero di De Laurentiis, che in caso di promozione lo perderebbe, le altre tre sono in C.


Il Chelsea dell’era Boehly è la società peggio gestita del mondo, in proporzione al budget a disposizione, ma con il contratto quinquennale di Enzo Maresca è riuscita stupire ancora. Beninteso: stiamo parlando di un ottimo allenatore, ancora relativamente giovane, con il bollino di qualità di Guardiola del quale è stato vice e del quale è quasi un clone anche fisicamente. Ma il senso di un contratto quinquennale sfugge ai più, ricordando come in meno di due anni il Chelsea sia riuscito a chiudere rovinosamente l’era Tuchel, a svenarsi per Potter, pagandolo come un grande calciatore, a richiamare Lampard per niente e a buttare altri soldi per il disastroso Pochettino. Certo non hanno un dirigente come Ivan Gazidis, da poco tornato in pista come presidente del Sain-Etienne a proprietà canadese.

03 giugno 2024

Ancelotti da sette

La quinta Champions League vinta da Carlo Ancelotti come allenatore, che va sommata alle due Coppa dei Campioni da giocatore, è stata la terza in ordine di sofferenza, ricordando i rigori con la Juventus a Manchester o il colpo di testa di Sergio Ramos al 90’ contro l’Atletico Madrid, e ha dimostrato che la quinta della Bundesliga, arrivata a 27 punti dal Bayer Leverkusen (a sua volta con una rosa di valore medio-alto, certo non stellare) può mettere sotto per metà partita il più grande club del mondo, pieno di campioni e bene allenato, usando le sue stesse armi, cioè lasciandogli l’iniziativa e ripartendo in massa. Poi nel secondo tempo il Real ha preso in mano la situazione e nessuno, dopo le tante occasioni fallite dal Borussia Dortmund nel primo tempo, avrebbe scommesso un euro sui tedeschi di Terzic. In mezzo alle celebrazioni la solita domanda, che possiamo dividere in due. Ancelotti avrebbe salvato l’Empoli? Nicola avrebbe condotto il Real alla sua quindicesima Champions? No. No. Non è vero che tutti gli allenatori sono uguali, perché in ogni contesto ci sono quelli bravi e quelli che non lo sono.

Il licenziamento per giusta causa, della Juventus nei confronti di Allegri, è qualcosa di clamoroso e di difficile da spiegare. Perché se si andrà in tribunale le chance del club di risparmiare i 18 milioni, questo il costo aziendale lordo, residui per Allegri e il suo staff sono pari a zero. Non è che un litigio, oltretutto privato (non ci si riferisce quindi al gesto fatto in campo dopo la finale di Coppa Italia), con il direttore sportivo, sia una giusta causa di licenziamento, altrimenti nessun allenatore esonerato avrebbe mai visto un euro. Ad un primo livello l’idea della Juventus è quella di chiedere 18 per ottenere, mettiamo, 6, insomma di arrivare a una transazione contando sulla voglia di Allegri di tornare ad allenare subito. Ad un secondo è un’altra picconata elkanniana sull’era di Andrea Agnelli, proprio negli stessi giorbi in cui si è consumata l’abiura definitiva della Superlega, con la riammissione nell’ECA adesso diretta da El-Khelaifi, improbabile paladino del calcio di tutti.

Quando finirà l’era De Laurentiis al Bari? Dopo la clamorosa vittoria-salvezza al Liberati contro la Ternana i tifosi del Bari continuano a chiedere un cambio di proprietà, che comunque per la legge attuale dovrebbe avvenire entro il 2028. La tigna nel mantenere due club di prestigio e con un bacino di utenza ampio (Bari è la nona città d’Italia per numero di abitanti), invece di mettere in piedi un serio progetto di seconda squadra come Juventus e Atalanta, si spiega soltanto con le previsioni di aumento enorme del valore dei brand sportivi nei prossimi anni (la stessa scommessa che in altra situazione ha strangolato Zhang). Vendere il Bari fra 3 anni sarà più conveniente, a meno che una promozione in A costringa ad accelerare l’operazione. In ogni caso a nessun tifoso piace sentirsi una seconda scelta o una seconda squadra (espressione usata qualche mese fa da De Laurentiis), vale anche quando la prima è il Real Madrid e quindi figuriamoci con il Napoli. Situazione che non può trascinarsi fino al 2028.

Battendo la Cremonese il Venezia è diventato la terza promossa in A insieme a Como e Parma. Tre club con una grande storia (ma quale club non ha una grande storia?) ed un presente gestito da stranieri: americani i capitali di Parma e Venezia, indonesiani quelli del Como. Questo significa che esattamente metà della Serie A 2024-2025 sarà formata da squadre controllate da persone o aziende non italiane. Una realtà che si presta a mille considerazioni, ma con due che superano le altre 998. La prima: gli imprenditori locali, o comunque italiani, di una certa cilindrata sono in proporzione meno rispetto a una volta, nell’economia in generale e non soltanto nel calcio. La seconda: il calcio italiano ha potenzialità ancora inesplorate, comunque un club italiano si compra meglio rispetto ad un pari rango inglese, ed inoltre può legarsi a discorsi turistici ed immobiliari inimmaginabili per qualsiasi altro paese: certo un pazzo può andare in vacanza a Ipswich o a Wolverhampton, ma non si tratta di turismo di massa.


Fuori Acerbi, fuori Scalvini. La sfortuna ha deciso al posto di Spalletti, così nei 26 per gli Europei a questo punto dovrebbe entrare Gatti. E togliamo il condizionale nel caso il c.t. voglia tentare di nuovo l’azzardo (per come la pensa lui) della difesa a tre, quindi con la necessità di avere in rosa sei difensori centrali. Domanda da bar cattivo: ma c’era bisogno che Gasperini giocasse con tutti i titolari una partita inutile come quella con la Fiorentina? La risposta è semplice. La partita non era inutile, perché al di là del fatto che l’Atalanta l’abbia persa c’erano da conquistare un terzo posto, eguagliando il suo miglior piozzamento di sempre (ottenuto altre tre volte, sempre con Gasperini) e quasi tre milioni di euro in più. Con un altro metro etico-sportivo l’Atalanta avrebbe dovuto allora perdere con il Torino e dare alla Roma la chance di conquistare il sesto posto italiano in Champions. Ma Gasperini prova sempre a giocare, per questo è antipatico a molti addetti ai lavori, come si è notato dai tanti complimenti a denti stretti per l’Europa League.

30 maggio 2024

Calcio all'italiano

La Fiorentina ha perso la sua seconda finale consecutiva di Conference League, aggiungendo una delusione sportiva alla normale amarezza di fine ciclo. Sì, perché con tutta probabilità l’era di Vincenzo Italiano finisce qui, con una partita giocata al di sotto del proprio standard, accettando il calcio scarno dell’Olympiacos, e con i suoi tanti giocatori offensivi invece in linea con il resto della stagione. Anche se per una volta non c’è molto da recrimonare: Terracciano ha fatto almeno tre parate vere, Tzolakis nessuna, in una partita bloccata come lo sono tante finali e dove solo sui tabellini le squadre di Mendlibar e Italiano erano a specchio con il 4-2-3-1. I greci pronti a verticalizzare in fase di ripartenza e a buttare la palla in mezzo all’area quando il giuco si è sviluppatro sulla fasce, i viola più padroni del campo anche se Mandragora e soprattutto Arthur si sono limitati al compitino. Arriviamo per milionesimi ad osservare che tanti mezzi giocatori offensivi non ne fanno uno vero e non c’è bisogno di vedere e rivedere gli errori di Belotti, Kouamé e Ikoné, la fumosità di Nico Gonzalez, Barak, e Nzola, senza contare Beltran che ha giocato pochi minuti. Il discorso sugli attaccanti non deve far dimenticare la cattiva fase difensiva mostrata dalla Fiorentina per tutta la stagione, al di là di Atene: in Serie fra le squadre della prima metà della classifica nettamente la peggiore.

Poi il calcio è il calcio e non occorre essere italiani per osservare che il gol di El Kaabi, straordinario bomber di coppa ma dai viola cancellato per quasi 120 minuti, sarebbe stato annullato da molti arbitri anche al netto del mitologico arbitraggio internazionale che consiglia di non fischiare ogni volta in cui c’è qualcuno per terra. Il risultato non è tutto ma il risultato dice che l’Olympiacos è la prima squadra greca a vincere una coppa europea in 65 anni di partecipazioni, con l’unica ad andarci vicino che era stato il Panathinaikos allenato dall’immenso Ferenc Puskas, finalista nella Coppa dei Campioni 1970-71 e piegato 2-0 a Wembley dal grande Ajax di Michels e Cruijff dopo una partita a tratti violentissima. Ovviamente il più grande risultato di un club greco rimane quello del Pana, ma questo non toglie meriti all’Olympiacos attuale, che giocando più o meno così aveva eliminato altre favorite come Fenerbahce e Aston Villa, e al suo bomber trentunenne che

fino alla scorsa stagione era stato ben lontano dal grande calcio: l’anno scorso di questi tempi giocava in Qatar. Quanto a Mendilibar, seconda coppa europea in due stagioni dopo l’Europa League dell’anno scorso con il Siviglia in finale sulla Roma di Mourinho. L’età, 63 anni, la filosofia di gioco, ed una lunghissima storia di esoneri con la fortuna (sia al Siviglia sia all’Olympiacos è entrato in carica due mesi prima della grande vittoria) arrivata alla fine, impediscono anche agli esterofili più spinti di chiamarlo maestro. Le sue squadre, almeno nella loro versione europea, sono come quelle italiane di una volta.

Tornando alla Fiorentina, quale futuro per la squadra di Commisso che ripartirà quindi di nuovo dalla Conference League? Per il dispiacere del Torino, con Cairo ieri neotifoso viola (e del resto non è nemmeno tifoso del Torino), che per 116 minuti ha pensato di avere agganciato il treno europeo. In attesa dell’ufficialità della ‘decision’ di Italiano, con Palladino primo candidato alla successione, e delle prime mosse di Pradé e del nuovo direttore tecnico, Roberto Goretti, che prende il posto di Burdisso, qualche considerazione sulla rosa si può già fare. Quasi impossibile che i tanti prestiti (Belotti, Faraoni, Maxime Lopez, Arthur) vengano rinnovati o trasformati in qualcosa d’altro. In bilico la posizione di Bonaventura, a meno che non accetti un ridimensionamento finanziario adesso che non è scattata la clausola per il rinnovo automatico. Di base Kouamé dovrebbe rimanere, ma non è detto, mentre lo svincolato Duncan non ha avuto segnali ed infatti è in contatto con più club. Molto mercato ha Nico Gonzalez, che ha un contratto fino al 2028, ed è probabile che parta anche Martinez Quarta in modo da non perderlo a zero l’anno prossimo. Il recupero con l’Atalanta sarà una delle partite più tristi della storia viola recente.

29 maggio 2024

Thiago Motta in carriera


 Bologna e il Bologna hanno preso davvero male l’addio di Thiago Motta. Con critiche, che ci possono stare, ed insulti che qualificano soprattutto chi li urla. Una situazione che costringe a ricordare che il prossimo allenatore della Juventus ha, dopo un anno non memorabile nelle giovanili del PSG, ha iniziato la carriera da allenatore di prima squadra nel 2019 con un esonero, dopo 10 partite, e che nessun tifoso del Genoa si è (giustamente) preoccupato per il suo futuro. Presa in mano la squadra da Andreazzoli a fine ottobre, non riuscì a festeggiare il Capodanno 2020 in panchina nonostante un buon inizio, vittoria con il Brescia ed onorevole sconfitta con la Juventus. Cacciato con la squadra ultima in classifica, che Preziosi affidò a Davide Nicola, che in quella stagione ricordata soprattutto per il Covid riuscì all’ultima giornata a strappare la permanenza in Serie A.

 

E lo stesso sarebbe accaduto anche a La Spezia, dopo un anno di disoccupazione, dove il predestinato (sulla fiducia, come molti predestinati) italo-brasiliano raccolse la difficile eredità di Italiano e fu più volte ad una partita dall’essere esonerato. E lo sarebbe stato prima di Natale, se non avesse vinto in trasferta contro il Napoli di Spalletti, senza fare un tiro in porta, grazie ad un autogol di testa Juan Jesus e ai miracoli di Provedel. Quella è stata la partita più importante della sua carriera di allenatore, subito dopo lo Spezia avrebbe cambiato marcia salvandosi brillantemente e Thiago Motta lo lasciò al momento giusto, senza avere niente in mano. Il resto è quasi storia di oggi, con il Bologna preso in mano a stagione iniziata, con l’aggravarsi delle condizioni di Mihajlovic, e tranquillo a centroclassifica, prima dell’exploit della stagione successiva, cioè questa.

 

Se invece di arrivare clamorosamente in Champions League, a 60 anni di distanza dall’ultima volta, fosse rimasto invischiato nella lotta per la retrocessione con un Bologna che ha giocatori pagati in totale circa 27 milioni di euro lordi (parliamo di ingaggi), meno di quelli delle retrocesse Sassuolo e Salernitana, in tanti avrebbero chiesto la sua testa. Insomma, è il solito discorso: il club e i tifosi pretendono di poter lasciare, se hanno opportunità migliori, ma non accettano di essere lasciati. Per fortuna non funziona così, nel calcio e nella vita, e chi ha potere contrattuale e immagine, come Thiago Motta in questo momento, fa benissimo a farsi rispettare perché la ruota gira. Chi gli augura di fare la fine di Maifredi, peraltro non una brutta fine, sta mettendo sul suo successore (con Italiano sarebbe proprio ruota che gira) al Bologna, senza Zirkzee e magari anche Calafiori, una pressione enorme. 

28 maggio 2024

Gli anni di Bill Walton

 


Bill Walton non è stato soltanto uno dei più grandi centri della storia della pallacanestro, buono per un coccodrillo adesso che a 71 anni è morto di cancro, ma anche un personaggio unico, non spiegabile soltanto con le vittorie: i due titoli NCAA nella UCLA di John Wooden, i due titoli NBA a Portland e Boston, i mille riconoscimenti individuali fra un grave infortunio e l’altro, per non parlare di quelli minori (a fine carriera 38 interventi chirurgici, quasi tutti a caviglie e piedi). Senza dimenticare che Walton insieme a Sabonis e Jokic può essere considerato il miglior passatore di sempre nel suo ruolo, al di là delle statistiche e del fatto che lui facesse sempre la cosa giusta: infatti i suoi allenatori litigavano con lui non per questioni sportive ma per la sua libertà di pensiero, figlia del clima che si respirava nelle università californiane (era super-californiano lui stesso) dei primi anni Settanta. Fra l’altro lui non veniva da una famiglia di fanatici dello sport: il padre era insegnante di musica, la madre bibliotecaria la NBA non era l’obbiettivo della vita per nessuno di loro. Seguendo il fratello Bruce il piccolo Bill iniziò a giocare a pallacanestro, senza alcun segnale che avrebbe raggiunto i 2.11 dell’età adulta. Una storia, questa, già sentita molte volte (si pensi soltanto a Scottie Pippen), con una tecnica da playmaker, che a causa di una cresciuta improvvisa (a 16 anni in pochi mesi passò da 1.85 a 2.02) si incarna in un corpo da ala o da centro, come nel caso di Walton. Entrato nell’immaginario collettivo non soltanto per la pulizia tecnica clamorosa, ma anche per le sue performance come commentatore senza peli sulla lingua e per le sue comparsate in film e televisione. Padre, fra gli altri, di Luke, campione NBA con i Lakers (attualmente è assistente allenatore ai Cavs), come giocatore è stato uno dei più grandi ‘What if’ della storia: il Bill Walton 1976-77, che portò i Trail Blazers al titolo battendo prima i Lakers di Jabbar e poi i Sixers di Doctor J, al suo primo anno di NBA, è un manuale di basket ed è un dovere andarselo a rivedere su YouTube. Davvero strana la sua storia con la nazionale: ai suoi tempi i professionisti non potevano (né volevano, va detto) giocare in competizioni FIBA, quindi le sue esperienze sono soltanto giovanili: appena uscito dalla high school, nel 1970, fece parte della modestissima selezione statunitense ai Mondiale in Jugoslavia, che arrivò quinta battuta anche dall’Italia di Giancarlo Primo, mentre nel 1972, quando era una superstella al college, rinunciò alla convocazione per le Olimpiadi di Monaco, per motivi mai chiariti (si parlò anche di protesta contrio la guerra in Vietnam) e comunque con pentimento tardivo di Walton, visto che anche con quell’arbitraggio gli Stati Uniti con lui in campo avrebbero vinto l’oro in scioltezza. Un altro ‘se’ nella carriera di un fenomeno al tempo stesso grandissimo e incompiuto.

 

27 maggio 2024

Miracolo alla Nicola

 Il Frosinone è la terza retrocessa in Serie B, insieme a Sassuolo e Salernitana, ma al contrario delle due compagne di sventura ha poco da rimproverarsi anche se il modo in cui ha perso con l’Udinese, con l’Empoli che poi ha trovato nel recupero il gol salvezza, fa male. La cilindrata della squadra di Stirpe non era diversa da quella di Empoli e Udinese, o di altre già salve come Verona e Lecce, ma qualcuno doveva retrocedere e non è che un finale del genere cambi il giudizio su un progetto e su un allenatore come Di Francesco. Semmai l’impresa l’ha fatta l’Empoli, con una partita enorme e disperata contro una Roma di altra categoria ma con il morale basso per l’esclusione dalla Champions, trovando con Niang un gol storico in molti sensi. Anche in quello di poter giocare il quarto campionato di fila in Serie A, cosa mai riuscita al club da 33 anni magnificamente gestito da Fabrizio Corsi. Un’altra impresa per Davide Nicola, che per una volta nella vita meriterebbe una squadra dalle ambizioni superiori e presa in mano in estate, un’altra impresa di un Empoli senza santi in Paradiso e con un bacino d’utenza appassionato ma limitato. Una realtà non fa tragedie di fronte alla spesso inevitabile retrocessione e che continua a formare giovani per le nazionali, mentre altri ne parlano e basta. Salva anche l’Udinese, Cannavaro non aveva grandio referenze se non le glorie da calciatore, ma le sue chance se le è giocate alla grande in queste 5 partite.

 

L’Atalanta ha continuato ad onorare lo sport pur essendo già sicura del posto in Champions, asfaltando il Torino che per la Conference deve mercoledì tifare Fiorentina. Le demenziali regole UEFA avevano messo in mano a Gasperini il destino europeo della Roma, in più la Lega ci ha messo del suo non facendo giocare le partite in contemporanea. È chiaro che il cosiddetto ‘sistema’ avrebbe avuto convenienza ad avere un’Atalanta quinta, quindi con clamorosi 6 posti nella rinnovata Champions a 36 squadre, ma è evidente che di questo sistema l’Atalanta non fa parte: perché mettersi a fare favori, oltretutto antisportivi, che non verranno mai restituiti? 

 

Al di là degli incastri di calendario non c’è dubbio che la Roma abbia finito in calando una stagione stranissima, con cambi dirigenziali importanti ed un piazzamento da Europa League che veniva ottenuto anche in stagioni considerate disastrose. L’effetto De Rossi è un’invenzione giornalistica e nemmeno di tutti i giornalisti, ma soltanto di quelli che imputano a Mourinho tutti i mali del mondo. L’ex Capitan Futuro ha preso in mano la squadra il 16 gennaio, dopo la sconfitta con il Milan a San Siro, con una Roma nona, 3 punti sotto il Bologna e 4 sotto l’Atalanta. Adesso, complice il crollo del Napoli, ed il calo di Lazio e Fiorentina e Lazio, il piazzamento è migliorato ma questi punti di distacco sono diventati 6 e 5. De Rossi ha però di sicuro portato un clima migliore, dentro e intorno alla Roma, insieme a qualche cambiamento tattico. Complice un buon calendario ha migliorato subito la classifica, facendo bene in Europa League eliminando il Milan e uscendo in semifinale con il Bayer Leverkusen, ormai descritto come una specie di Real Madrid ma i cui ingaggi sono due terzi di quelli della Roma. Di sicuro De Rossi ha dimostrato di essere un allenatore, con in più il patrimonio di amore dei tifosi che arriva dalla sua storia, anche familiare. Ma dire che, paragonato a Mourinho, abbia spiegato calcio è un po’ esagerato. E non è un caso che la Roma degli ultimi anni sia quasi abbonata al sesto posto, a prescindere dalle circostanze, con l’ultima qualificazione Champions che risale ai tempi di Di Francesco, in un contesto molto diverso. 

 

Chiusura in tono minore per Leonardo Bonucci, a 37 anni, da riserva poco giocante nel Fenerbahce, al termine di una stagione iniziata litigando con la Juventus, visto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimanere, proseguita con l’Union Berlino fra pochi alti e molti bassi, e chiusa in Turchia. Questo finale nulla toglie alla carriera di Bonucci, colonna della Juventus dominatrice degli anni Dieci e della Nazionale di Euro 2020, con 9 scudetti (il primo, dal punto di vista però solo statistico perché era un Primavera, quello assegnato all’Inter dopo Calciopoli) e tutto il resto. Non ha mai goduto della buona stampa del più furbo e uomo di calcio Chiellini, altra colonna di una Juventus che iniziò a vincere con Conte in panchina, ed in generale non è stato Scirea, ma è uno di quei difensori detestati dagli avversari che un tifoso vorrebbe sempre avere nella propria squadra. Troppa personalità per fare l’allenatore in un mondo di finti umili, magari ci sorprenderà come commentatore.  


Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...