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14 giugno 2024

L'inquilina del piano di sopra


Uno dei rari film con Lino Toffolo protagonista, e guardandolo si capisce perché siano rari, è L'inquilina del piano di sopra, che questa notte alle 2:45 sarà riproposto dal benemeritò Cine34. A suo tempo, ma non al cinema perché nel 1977 avevamo 10 anni, lo guardammo soprattutto per la meravigliosa Silvia Dionisio, icona di un filone erotico con pretese intellettuali che scoprimmo grazie al Guerin Sportivo, nell'epoca meravigliosa in cui modelle e attrici posavano con le maglie delle squadre (lei lo fece con quella del Torino dell'ultimo scudetto) perché ai lettori non interessavano soltanto gli esercizi di De Zerbi e lo scudetto dei bilanci. Qui la Dionisio  è nella parte di Aurora, i cui incontri con il fidanzato (Teo Teocoli, improbabile marchese) fanno indispettire i vicini di casa invidiosi, fra grida e mugolii. Fra questi vicini il professor Arturo Canestrari, cioè Toffolo, che prima la ammonisce e poi inizia a sbavarle dietro, dandole anche lezioni private di 'cultura'. La trama è inconsistente, Cannavale e Pippo Franco in altre occasioni sono stati più divertenti e qui se la cavano di mestiere, così si rimane inchiodati al film soltanto per il fascino magnetico della Dionisio. Che gli appassionati di calcio ricordano e onorano anche per la copertina del 45 giri El Mundial, canzone ufficiale di Argentina '78 scritta da Morricone, che ebbe un certo riscontro in Europa ma che in Argentina fu superata da una produzione locale.

04 giugno 2024

The Rossellinis

 Fra le tante cose che ci siamo segnati di vedere su RaiPlay, secondo la prima legge dello streaming (passi più più tempo a cercare cose da guardare che a guardarle), finalmente ne abbiamo vista una: The Rossellinis, il film del 2020 di Alessandro Rossellini che è riduttivo definire documentario. Perché se il filo conduttore è la storia della famiglia Rossellini, schiacciata dal mito di Roma città aperta, il racconto ha il passo di una commedia che si mescola a tragedia, con protagonista proprio il regista. In questo caso, diversamente dal nonno, con un solo film nel curriculum: questo. Arrivato dopo una vita piena di episodi poco edificanti, dalla droga alle continue richieste di soldi alla zia Isabella, raccontati senza farsi sconti.

Ed il fascino del film sta proprio qui: la durezza estrema con cui viene raccontata una famiglia allargatissima che oggi ai più giovani dice poco ma che per almeno tre decenni ha alimentato le cronache e i pettegolezzi. Una durezza sfociata in scelte di vita anche estreme, condivisa dai sei figli di Roberto Rossellini (uno di questi, Renzo, è il padre di Alessandro), dalle ex mogli e dai troppi parenti. Al punto che paradossalmente la persona più normale di tutti sembra Ingrid Bergman, che per amore scelse di mettersi in stand-by a Hollywood e girare per qualche anno bruttissimi film in Italia, lottando per recuperare i figli che le erano stati tolti con una sentenza che oggi sarebbe incredibile.

Alessandro Rossellini va in giro per il mondo, dalla Svezia al Qatar a New York, ad ascoltare il punto di vista di tutti e a farsi trattare male da tutti, con lo spettatore che vista la sua sgradevolezza ostentata fa naturalmente il tifo per chi lo tratta male. Senza dubbio la capofamiglia è Isabella, l'unica capace di accettare la luce riflessa dei genitori (lei è una dei tre figli, su sei, di Rossellini avuti con la Bergman) e quindi di sfruttarla, mentre gli altri hanno tutti in qualche modo provato a smarcarsi. Su tutti Robertino, ex stella del jet-set e noto a noi popolo bue per il suo fidanzamento con Carolina di Monaco, che vive appartato in Svezia nella vecchia e bellissima casa della madre, che in un'intervista (non in The Rossellinis, anche se esprime gli stessi concetti) disse una volta: "Meglio essere spettatori intelligenti che cattivi registi o attori".


03 giugno 2024

L'ordine del tempo


Per questa sera consiglieremmo il bellissimo Amarsi un po', alle 23 su Cine 34, ma su Indiscreto lo abbiamo già recensito e così per una volta parliamo di un film che non ci piaciuto come L'ordine del tempo. Una vera rarità, perché di solito opere di questo tipo le abbandoniamo dopo tre minuti e quindi non le recensiamo nemmeno. Ma questo di Liliana Cavani, intercettato sull'on demand di Sky Cinema, pur essendo il peggior film visto per intero negli ultimi anni in un certo senso ci ha conquistato perché sintetizza tutto ciò che non ci piace del cinema italiano, ormai del tutto svincolato dal gradimento del pubblico. Non significa che tutti i film italiani siano insuccessi, anzi, ma soltanto che gli incassi reali al cinema ed il successo nel tempo in televisione non sono decisivi nelle scelte produttive e artistiche.

Il film, presentato nel 2023 a Venezia, altro non è che uno dei milioni di tentativi (alcuni anche riusciti benissimo) di riproporre lo schema del Grande Freddo, con alcuni amici che si ritrovano in una casa, spesso di vacanza, in questo caso a Sabaudia, facendo emergere i tanti non detti dei loro rapporti e riflettendo su un futuro che sembra non esserci. In L'ordine del tempo questo assume un significato letterale, visto che l'esistenza di questo gruppo e anche dello stesso pianeta è minacciata da un meteorite, con il pericolo intuito soltanto dalla domestica peruviana e dagli addetti ai lavori, fra cui uno del gruppo, l'onnipresente (nel cinema italiano) Edoardo Leo, qui nei panni improbabilissimi dell'astronomo tormentato.

Il film è tenuto in piedi dalla presenza vitale di Alessandro Gassmann, ma per il resto è il festival dei luoghi comuni e della verbosità, con un cast anche di buoni nomi (Claudia Gerini, Kseniya Rappaport, Francesca Inaudi, Valentina Cervi, Angela Molina, il tedesco specializzato in tedeschi, SS o Wermacht a seconda del film, Richard Sammel che qui però fa il trader di Borsa) ma in mezzo ad una storia inconsistente che ha la consulenza scientifica di Carlo Rovelli, cioè l'autore del libro, e nessun personaggio a cui ci si appassioni. Quindi delle loro rivelazioni (una vecchia storia lesbica, una fresca storia di corna, un amore tormentato, un disastro finanziario) non ce ne importa niente, anzi speriamo che questa borghesia venga davvero distrutta dal meteorite. La curiosità c'è però per la casa di Sabaudia: sembra abusiva, al livello di quella di Montalbano. Unico guizzo della Cavani la sottolineatura dell'appartenenza di classe sociale, fatta tramite la domestica, ma i Vanzina con Asuncion e Conception avevano già detto tutto quaranta anni prima.

01 giugno 2024

Chocolat

 Prima o poi scriveremo una guida ai film per servi della gleba, cioè quei film che il pubblico maschile sopporta per amore di donne progressiste, come indennizzo per le serate di Conference League. Che nel 2000, quando al cinema abbiamo visto Chocolat (stasera alle 21.20 su La7d: fra Real Madrid e Musetti probabilità di rivederlo pari a zero), non esisteva, mentre già esisteva in embrione quel politicamente corretto che va infilato in ogni fiction. Il film di Lasse Hallstrōm è fondato su una meravigliosa Juliette Binoche, cioccolataia che insieme alla figlia arriva in un paesino francese negli anni Cinquanta. Va da sé che il paesino francese, il cui sindaco è interpretato da un bravissimo Alfred Molina, sia bigotto, conformista, chiuso, refrattario a qualsiasi novità. Come appunto l'arrivo di Vianne, cioè la Binoche, che in breve tempo diventa il centro della vita del paese, amata e odiata. È chiaro che un paese così di destra, che oggi voterebbe per il Rassemblement National o per Reconquéte, non sia felice per l'arrivo degli zingari, dove spicca Johnny Depp, e con la trama ci fermiamo qui. Detto questo, Chocolat si lascia guardare (con lo smartphone fisso su livescore.com, magari) anche se non va oltre il manierismo ed il luogo comune. La Binoche però sempre bravissima, con quel fascino un po' così della donna intellettuale, una delle attrici con più ruoli memorabili (nostri preferiti quelli in Film Blu e Il danno) che ci siano in circolazione.


31 maggio 2024

Top Gun


Un capolavoro, senza se e senza ma. Top Gunquesta sera alle 21.20 su Italia 1, sintetizza gli anni Ottanta e il reaganismo meglio di mille saggi, e con questo sarebbe detto tutto. Questo film del 1986, da noi gustato in prima visione al defunto cinema Odeon, lascia sempre le stesse vibrazioni ed ha avuto anche un degnissimo seguito in Top Gun: Maverick, come tutti sanno. Come al solito non stiamo a ricordare la trama, limitiamoci alle nostre scene di culto. La foto al pilota sovietico, scattata da Goose (con una Polaroid!), mentre Cruise-Maverick sta volando rovesciato. L'improbabile partita di beach volley, con quei corpi maschili luccicanti, che secondo molti è il punto più alto dell'estetica criptogay. L'arrivo da videoclip in moto a casa della McGillis. Great balls of fire. La battaglia finale. I complimenti di Iceman. Il tutto con una colonna sonora clamorosa, da Take my breath away dei Berlin, opera di Giorgio Moroder, Danger zone di Kenny Loggins, anche questa arrivata da Moroder, il tema principale scritto da Harold Faltermayer, e altre. Da ricordare che Cruise era stato fin da subito il preferito di Tony Scott, che aveva scartato gli altri concorrenti generazionali, da Rob Lowe a Patrick Swayze, mentre la pur divina McGillis, incredibilmente ignorata nel sequel, fu scelta perché non si trovò l'accordo con Brooke Shields, all'epoca una vera superstar, battendo la concorrenza della allora sconosciuta Demi Moore.

30 maggio 2024

Dalla Cina con furore


Pochi film hanno avuto un titolo italiano migliore dell'originale: Dalla Cina con furore, invece del cinese Jing Wu Men(la scuola di Jing Wu) e dell'inglese Fist of furystasera alle 21.20 su Cielo, è uno dei rari esempi. Questo uscito nel 1972 è il più famoso dei film di Bruce Lee, che in realtà ne fece da protagonista soltanto quattro, da non confondere con la sterminata produzione basata sul montaggio e sui quasi sosia, ed è a un primo livello la classica storia dell'allievo che vendica la morte del maestro, nel suo caso a colpi di kung fu. Ambientato nella Shangai del 1910, è interessante anche per il contesto storico, con Shangai città internazionale di fatto governata da Regno Unito, Stati Uniti e Giappone. Non che si vedano analisi alla Limes, beninteso. Proprio i giapponesi sono i cattivi della situazione, cosa rarissima al cinema tranne che nei film sulla Seconda Guerra Mondiale, fra razzismo e provocazioni. Al di là del fascino di Bruce Lee e della sua doppia anima, americana e honkonghese, consigliamo questo film per la forza ed i valori che esprime, anche se con gli occhi di oggi molti combattimenti risultano ridicoli. Di culto il modo in cui Chen punisce il cuoco traditore e l'uso del nunchaku, che avrebbe generato in Occidente tanti cattivi imitatori: in caserma, durante il servizio militare, il nostro vicino di branda si allenava in ogni momento libero generando una certa tensione. Ma Bruce Lee non aveva folgorato soltanto lui.

29 maggio 2024

Mancino naturale

 È un peccato che Mancino naturale sia stasera alle 21.30 su Rai 1, perdendo molti appassionati di calcio che a quell'ora staranno guardando Fiorentina-Olympiacos, e le rispettive mogli, fuori di casa per un impegno di lavoro improvviso. Perché il film di Salvatore Allocca, uscito due anni fa, è un onestissimo film di genere, di quelli che ormai in pochi fanno, essendo i finanziamenti (una regione qua, una banca là, il tax credit, eccetera) del tutto svincolati dal gradimento del pubblico. È la storia, ambientata a Latina, di una madre vedova e nevrotica, un'ottima Claudia Gerini, che riversa tutte le aspettative sul figlio Paolo, chiamato così in onore di Paolo Rossi, bambino con un discreto talento calcistico. L'obbiettivo è farlo partecipare ad un torneo dove ci saranno i migliori talent scout italiani, situazione che fa entrare nel mirino di maneggioni che promettono provìni ovunque, dietro pagamento. Massimo Ranieri, pettinato quasi come Cuccia, è uno di questi, mentre Katia Ricciarelli è la nonna. Raccontato così (non spoileriamo la fine) sembra che il film sia ai confini del trash, invece è una commedia ben fatta, che porta molti di noi all'identificazione. Con il bambino presunto talento incompreso, con il parente che ci crede, con quello che non ci crede, con il genitore frustrato, con il rapporto spesso folle che le madri italiane hanno con i figli maschi, con una periferia dove quei pochi che sognano lo fanno in grande.

stefano@indiscreto.net


28 maggio 2024

Pretty Woman


Quante volte abbiamo visto Pretty Woman? Almeno una all'anno negli ultimi trent'anni. E stasera, alle 21.30 su Rai 1, sarà difficile non dare almeno un'occhiata almeno alla scena in cui Vivian, cioè Julia Roberts (da lì partì la sua vera carriera, mentre quella di Richard Gere si rilanciò), va a fare shopping in Rodeo Drive, prima trattata come una pezzente e poi come una regina. Perché la caratteristica del film che ha consegnato all'eternità la coppia Gere-Roberts, e di pochi altri film, è che vanno visti per così dire in diretta, sui canali generalisti. Non ci sogneremmo mai, noi che ieri sera abbiamo seguito fino all'ultimo rigore Fortuna Düsseldorf-Bochum (non stiamo scherzando), di cercare Pretty Woman in streaming e meno che mai di comprare il dvd, al di là del fatto che l'unico strumento che abbiamo per leggere i dvd sia la PlayStation. Tutti conoscono la trama di Pretty Woman, tutti hanno le loro scene di culto, inutile starle ad elencare. Il fascino di questo film del 1990 è che secondo noi si tratta di un brutto film, poco originale (Cenerentola e dintorni, il principe che salva la ragazza indifesa, le prostitute di buon cuore, i capitalisti cattivi), ma fatto benissimo e curato in ogni dettaglio. A partire dal lieto fine, che noi popolo bue pretendiamo. Così come pretendiamo la bellezza dei protagonisti, perché vogliamo sognare: i cessi stiano a casa a guardare gli spareggi di Bundesliga.

 

14 maggio 2024

La banda degli onesti

Prendiamo nuovamente spunto da una notizia di cronaca (il sequestro a Napoli di circa 48 milioni di euro in banconoteda 50 euro contraffatte) per parlare di un altro film interpretato da Totò: La banda degli onesti. Uscito nelle sale nel 1956 e diretto da Camillo Mastrocinque, racconta la storia del custode Antonio Bonocore (Totò), del tipografo Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) e dell’imbianchino Cardone (Giacomo Furia) che si ritrovano con in mano cliché e carta filigranata trafugati da un condomino di Bonocore nientemeno che all’Istituto Poligrafico dello Stato. E che decidono, dopo tanti dubbi e spinti dalla necessità, di produrre loro stessi le banconote da diecimila lire (dei lenzuoli, di fatto).

Parte del filone più ‘serio’ delle pellicole interpretate dal principe De Curtis, La banda degli onesti include diverse scene entrate di diritto tra le migliori del suo repertorio. A partire dal confronto tra Bonocore e il prepotente ragionier Casoria (il sempre straordinario Luigi Pavese), amministratore dello stabile, passando per la spiegazione sociale che lo stesso portinaio dà al tipografo davanti a una tazza di caffè (con continue storpiature del cognome). “Questo è lei (la prima tazza di caffè, ndr) e questo è il capitalista, il profittatore (la seconda tazza, ndr). E questo è invece il capitale (lo zucchero). In origine sono senza zucchero tutti e due…”, fino alla leggendaria scena della produzione delle banconote.

Totò passa con disinvoltura dal comico al malinconico, dipingendo insieme agli altri protagonisti un mondo fatto di cambiali e vite sul filo della Lira. Da citare per tutti il dialogo tra Bonocore e il suo futuro sostituto, inviato dal vendicativo Casoria, che in poche battute ed espressioni (quella di Totò vale tutto il film) tratteggia il dramma della possibile perdita del lavoro. Iconico, oltre che primo grande film con Totò e Peppino insieme.

Paolo Morati



02 maggio 2024

Challengers

 Challengers è un film da guardare? Seconda domanda, questa da giornalista collettivo: Challengers è un film gay? L'ultima opera di Luca Guadagnino, che nei suoi primi giorni al cinema sta andando benissimo, non ha sorpreso chi, come noi, l'ha guardata spinto sia dai suoi precedenti film sia dal tennis che fa da sfondo alle vicende dei tre protagonisti. Su tutti Tashi, interpretata da Zendaya, ex grande promessa del tennis diventata allenatrice di Art, che poi diventerà anche suo marito oltre che un giocatore di alto livello, in mezzo a un triangolo con Patrick (non spoileriamo oltre), anche lui tennista oltre che amico ed ex compagno di doppio di Art. La parte sportiva è ovviamente un pretesto, anche se questo può essere definito uno dei pochi veri film sul tennis, escludendo biopic e documentari.

Veniamo al punto. Challengers è più gay nei trailer e in certe recensioni che nella realtà, almeno ad un primo livello. Perché al di là del cameratismo, che riaffiora anche a distanza di anni, entrambi sembrano volere la ragazza. Certo tante inquadrature omo, a partire da quelle negli spogliatoi, vanno a parare proprio lì, senza contare i non detti. Non diciamo, sempre in ottica anti-spoiler, chi farà sesso con chi, ma ci sono vibrazioni in ogni senso. Di sicuro qualcuno scriverà, o avrà già scritto, che i due tennisti facciano sesso fra di loro attraverso la comune amica, ma questo fa parte del solito teorema secondo cui tutti, in fondo in fondo, sono gay. Una vera fissazione, oltre che una tassa per avere buone critiche o comunque non essere attaccati, usando lo scudo stellare dell'omofobia.

Per quanto riguarda il tennis, eravamo curiosi di come Brad Gilbert avesse preparato i tre attori e bisogna dire che tutti e tre in campo sono poco credibili (Zendaya la migliore), ma nessuno è ridicolo. Merito anche della musica, delle inquadrature, del ritmo. Per sua stessa ammissione Guadagnino di tennis non sa niente ed ha quindi avuto buon gioco nel concentrarsi sul lato estetico del gesto (incredibile che ci abbia lavorato Gilbert), della fatica, degli sguardi, del sudore. Certo di scene in campo ce ne sono tante, anche se il regista vuole chiaramente dire altro. Giudizio finale: la storia ci ha preso, anche per i diversi momenti delle vite dei tre e per il fascino delle occasioni perdute, ma è tutta estetica. Ci fa vibrare meno di tanti altri film sul tema bromance. Adesso gettiamo la maschera da Mereghetti dei poveri e teniamo per la fine ciò che davvero volevamo dire: Zendaya non ci accende più di tanto, le scene di tennis ci hanno annoiato meno delle altre. Da vedere al cinema, in televisione meglio le repliche dell'Uomo Tigre (le stiamo guardando davvero).


Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...