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16 giugno 2024

Le migliori canzoni dei Negramaro


Ispirati dal G7 in Puglia dedichiamo ai Negramaro questa puntata del sempre più divisivo Festival di Indiscreto, di cui si è discusso molto anche a Borgo Egnazia. I Negramaro sono uno di quei pochi gruppi che hanno resistito, visto che il loro successo insieme dura ormai da un quarto di secolo, alla maggiore visibilità del frontman. Anche perché Giuliano Sangiorgi non è soltanto il cantante, ma anche l'autore pressoché unico di tutte le canzoni degli 8 album in studio, oltre che autore anche per altri. Ma il rapporto con gli altri cinque (Lele Spedicato alla chitarra, Ermanno Carlà al basso, Danilo Tasco alla batteria, Andro Mariano e Pupillo De Rocco alle tastiere e alla parte elettronica) è evidentemente più solido dell'invidia e della distribuzione dei proventi.

Scegliere tre canzoni dei Negramaro è davvero difficile, mai come in questo caso sono utili le classifiche dello streaming che, come da regolamento, integriamo con una scelta (che non riveliamo) della redazione di Indiscreto. Cominciamo con Parlami d'amore, brano trainante dell'album La finestra (come altri dei Negramaro prodotto da Corrado Rustici), con cui vincono il Festivalbar 2007, vale a dire l'ultima edizione nella gloriosa storia del Festivalbar. Da lì parte una nuova fase dei Negramaro, fra grandi live (San Siro, con relativo disco), colonne sonore di film, collaborazioni varie, ed anche problemi come l'operazione di Sangiorgi alle corde vocali.

Oltre al pubblico in Negramaro hanno sempre avuto dalla loro parte la critica, cosa che li ha aiutati a durare nel tempo ed anche a mascherare gli insuccessi (si pensi soltanto alla canzone dell'ultimo Sanremo, Ricominciamo tutto, che in tanti davano per vincitrice). Credibili al concertone del primo maggio come nelle gare di tormentoni estivi, di sicuro non vivono di ricordi ed infatti alcune delle loro hit più fortunate sono recenti: nelle nostre votazioni entrano quindi Attenta,  del 2015, contenuta nell'album La rivoluzione sta arrivando, e La prima volta, del 2017, uno dei singoli uscitida Amore che torni. Sono ormai durati così a lungo che il loro pubblico è transgenerazionale, anche se la parte Millennial è dominante.

09 giugno 2024

Le migliori canzoni di Don Backy


Nelle scorse settimane abbiamo seguito l'ennesima polemica, questa modernamente via social network, fra ex componenti del Clan di Celentano. Protagonisti Don Backy, che oggi iscriviamo all'ugualmente polemico Festival di Indiscreto, e Ricky Gianco: le solite storie di chi ha scritto cosa (al di là del dettaglio che spesso si trattasse di cover, quando non di plagi) e di amore-odio nei confronti dell'immenso Adriano. Di sicuro Don Backy, all'anagrafe Aldo Caponi, è fra i componenti del Clan quello che davvero ha brillato di luce propria, come interprete e come autore, per Celentano (fra le altre cose ha scritto il testo di Pregherò) e per altri, in mezzo a controversie legali che spesso lo hanno visto vincitore.

Don Backy diventa un personaggio nazionalpopolare nel 1967, a 28 anni, quando porta al Festival di Sanremo L'immensità, scritta da lui, Detto Mariano (altro personaggio fondamentale del Clan) e Mogol. La canzone, presentata in tandem con Johnny Dorelli, arriva nona nel Festival ricordato soprattutto per il suicidio di Luigi Tenco, ma a livello di vendite è un successo clamoroso e diventerà uno dei brani più coverizzati nella storia della musica italiana: fra le varie versioni la nostra preferita è quella di Gianna Nannini, fra l'altro in gioventù davvero fan di Don Backy. Al Festival torna l'anno dopo, ma soltanto come autore di successo: la sua Casa Bianca, eseguita da Ornella Vanoni e Marisa Sannia, arriva seconda dietro a Canzone per te di Sergio Endrigo, ma soprattutto Canzone, cantata da Celentano e Milva, arriva terza. Più tardi Don Backy si riapproprierà di Canzone anche come interprete, facendo dimenticare la versione sanremese, eseguita in maniera scazzata, di Celentano.

Un litigio per i diritti di Casa Bianca e altri rancori personali portano in quel 1968 alla rottura con il Clan: Don Backy adesso viaggia da solo, come musicista ed anche come attore in film di Serie A e soprattutto B (di cultissimo Elena sì.. ma di Troia, nel filone decamerotico). La terza canzone di Don Backy in gara è Sognando, che spopola nel 1976: capolavoro che parla di disagio mentale decenni prima che diventi di moda (al punto che il riferimento è diventato Fedez, fra una spedizione punitiva e l'altra), è il punto più alto della sua parabola, perché da lì in poi anche se farà tante cose nuove sarà sempre ingabbiato nel revival, suo personale e dell'ormai detestato Clan. L'idea di molti è che dimenticati i personaggi nella storia della musica Don Backy sarà ricordato più di Celentano, anche se nel presente non è così e lui con atteggiamenti un po' alla Gasperini evidentemente ne soffre.

02 giugno 2024

Le migliori canzoni dei Lùnapop


I 25 anni di 50 Special sono stati celebrati da tutti noi che stiamo pericolosamente spostando il circo della nostalgia verso la fine degli anni Novanta, ma non è soltanto per questo che iscriviamo i Lùnapop nel sempre più divisivo Festival di Indiscreto. I Lùnapop, attenzione, e non Cesare Cremoni che anche se ha scritto tutte le loro canzoni, oltre ad esserne il frontman, ci ha tenuto fin dall'inizio della sua carriera da solista a dividere i due periodi. Di certo i Lùnapop rimangono nell'immaginario collettivo perché per due anni, dal 1999 al 2001, hanno rappresentato gli adolescenti italiani verso la fine di un periodo molto caratterizzato. In tutto l'Occidente, beninteso, magari in Congo e Thailandia c'erano altre logiche.

Quando nel 1999 esce 50 Special siamo in pieno Ulivo mondiale: Clinton, Blair. Schrõder, Jospin, D'Alema che da poco è succeduto a Prodi alla presidenza del Consiglio. In questo clima i cinque ragazzi bolognesi riescono ad uscire dal gruppo, come il Jack Frusciante di Brizzi che pare averli ispirati. Cremonini, Nicola Balestri (Ballo, l'unico che in qualche modo rimarrà legato al leader), Michele Giuliani, Gabriele Gallassi e Alessandro De Simone, hanno un successo immediato e trasversale, e subito vengono spinti a pubblicare il loro primo album, che rimarrà anche l'unico, cioè ... Squerez?, che significa più o meno 'merda liquida'.

...Squerez? esce a fine novembre 1999, lanciato dal loro secondo singolo di vero successo, Un giorno migliore, e diventerà l'album italiano più venduto del 2000, epoca in cui ha ancora senso parlare di dischi venduti. In ...Squerez? c'è anche Qualcosa di grande, in realtà canzone più anziana delle altre, portata in giro prima del boom di 50 Special. Ed è proprio con Qualcosa di grande che i Lùnapop vincono il Festivalbar 2000, prima di andare in tournée, ritirare un'infinità di premi e lanciare altri singoli, fra cui Resta con me che portano al Festivalbar 2001. Proprio all'Arena di Verona si concluderà la loro breve storia, a causa di litigi per motivi finanziari e dell'inizio della carriera solista di Cremonini. I Lùnapop non sono durati mezzo secolo, come troppe band, ma per due anni di passaggio hanno raccontato al loro pubblico di Millennial un'Italia al tempo stesso leggera e ansiosa.

26 maggio 2024

Le migliori canzoni dei Le Vibrazioni

La morte di Giulia Tagliapietra, cioè la Giulia di Dedicato a te, è il triste pretesto per proporre la partecipazione dei Le Vibrazioni al Festival di Indiscreto. Il gruppo milanese con Francesco Sarcina come leader ci sarebbe entrato lo stesso, beninteso, grazie a vent'anni di canzoni spesso eccellenti e di grande coerenza nel fare un rock melodico mantenendo un proprio stile inconfondibile. In ordine cronologico la prima delle loro tre canzoni in gara è proprio Dedicato a te, del 2003, con cui Sarcina, Stefano Verderi, Alessandro Deidda e Marco Castellani svoltano davvero, dopo un lungo periodo a suonare nei locali milanesi.

Impossibile non ricordare il video, che ha due versioni (con due Giulia diverse), video parodiato o copiato da tanti, che fra le altre cose mostra quanto sia brutta la zona dei Navigli. "Ma questo è dedicato a te - Alla tua lucente armonia - Sei immensamente Giulia! - Il tuo nome è come musica - Mi riempie non mi stanca mai - Dedicato solo a te - Giulia": parole che aprono una stagione di grandi successi, molti dei quali contenuti nello straordinario album d'esordio, Le Vibrazioni, sempre del 2003. Su tutti Vieni da me, anche questo con testo e musica di Sarcina. Nel 2005 la prima delle loro quattro partecipazioni a Sanremo come concorrenti, con Ovunque andrò, nel 2018 dopo uno scioglimento di 5 anni la seconda con Così sbagliato, la canzone che di fatto segna la loro reunion.

Canzoni che come quasi tutte quelle dei Le Vibrazioni hanno un buon riscontro, ma senz'altro inferiore a quello enorme di Dov'è, con cui nel 2020 partecipano al primo dei Festival condotti da Amadeus, arrivando quarti con questo brano scritto da Sarcina ma questa volta in collaborazione con altri, cioè Roberto Casalino e Davide Simonetta. Di sicuro Le Vibrazioni sono il classico gruppo schiacciato dal talento del frontman, che nel loro caso è anche autore, una situazione alla Negramaro, ma va detto che la carriera solista di Sarcina (con anche una partecipazione a Sanremo) non è stata niente di che e che quindi nella storia della musica italiana ci sono Le Vibrazioni.


22 maggio 2024

Conti o Amadeus?

 Carlo Conti o Amadeus? Carlo Conti condurrà l'edizione 2025 del Festival di Sanremo e anche quella 2026, adesso è ufficiale dopo che per settimane, dopo la firma di Amadeus per Discovery, il totonomi ha tirato fuori di tutto fino a una teorica finale fra la sicurezza data da Conti, come credibilità e come ascolti, e la relativa novità di Alessandro Cattelan o Stefano De Martino (il vero mistero italiano, altro che Mattei o Moro), a seconda che la RAI puntasse a buone critiche o al target di Amici. Alla fine ha prevalso la scelta più logica, visto che Conti nel nel triennio 2015-2016-2017 aveva rilanciato il Festival che con Fabio Fazio e Luciana Littizzetto aveva toccato il punto più basso dell'era moderna: la serata finale del 2014 è la meno vista da quando esiste l'Auditel.

Carlo Conti che presenta Sanremo 205 e 2026, quindi, con la prevedibile overdose di comici e personaggi toscani (Panariello che imita Renato Zero, Ceccherini che dice 'topa' e 'si tromba', Pieraccioni che presenta il nuovo film), con la sua giustificata antipatia verso i rapper-trapper e con la sua idea, giusta, che occorrano ospiti internazionali che di professione facciano i cantanti, non attori bolsi che vengano a smarchettare. Ricordiamo che nei suoi tre Sanremo si sono visti fra gli altri Imagine Dragons, Spandau Ballet, Ed Sheeran, Elton John, Ricky Martin, Robbie Williams… Poi raramente i picchi di ascolto sono sulle canzoni, ma è un altro discorso.

Il nostro Di qua o di là è quindi semplice, come noi che ogni anno aspettiamo Sanremo per vivere la nostra settimana di follia pop: chi è il conduttore ideale di Sanremo? Quello al quale daremmo l'incarico se fossimo direttore generale della RAI... Carlo Conti o Amadeus? Proponiamo anche altri nomi che sono circolati e gettiamo subito la maschera: noi vorremmo Pippo Baudo, la valletta bionda e la valletta bruna, nessun ospite non musicale, il palcoscenico pieno di fiori perché nelle sue versioni recenti sembrava di essere a X Factor. Vorremmo vedere rispettata l'Italia che sogna Sanremo e non quella che lo disprezza ma trova utile farsi pubblicità di fronte a 15 milioni di telespettatori. Conti o Amadeus?


19 maggio 2024

Le migliori canzoni di Amedeo Minghi


 Nei giorni scorsi Amedeo Minghi ha avuto critiche e consensi per i suoi giudizi ironici sull'Eurovision 2024, che volevano sottolineare un tema serio e cioè quella sorta di pensiero unico da cui un artista non può derogare, se non vuole entrare nel mirino degli intolleranti. L'attualità è però soltanto un pretesto per inserire Minghi un Festival di Indiscretoche ha come stella polare la divisività, un festival in cui sarebbe stato inserito comunque per la durata e la qualità della sua carriera di interprete e di autore. Una carriera iniziata a metà degli anni Sessanta, con tanti riconoscimenti da parte degli addetti ai lavori, con la vera svolta che però avviene soltanto nel 1983, quando il musicista romano ha già 36 anni.

Minghi quell'anno partecipa al Festival di Sanremo con 1950, la sua canzone che ha amato di più. Musica di Minghi stesso e testo di Gaio Chiocchio, 1950 viene eliminata il venerdì, ai tempi la seconda serata, e non partecipa alla finale. Un clamoroso errore di valutazione di una giuria poco ispirata (Vasco Rossi con Vita spericolata arriva venticinquesimo), una canzone che racconta meravigliosamente lo spirito dell'Italia del dopoguerra ("La radio trasmetterà, la canzone che ho pensato per te. E forse attraverserà, l'oceano lontano da noi. L'ascolteranno gli americani, che proprio ieri sono andati via. E con le loro camicie a fiori, che colorano le nostre vie. E i nostri giorni di primavera, che profumano dei tuoi capelli") in cui Minghi è cresciuto.

Lì Minghi diventa un personaggio davvero popolare, proseguendo sulla strada del successo e trovando un'altra canzone eterna nel 1989: La vita mia, musica di Minghi e testo di Vanda Di Paolo. Nel 1990 i tempi sono maturi per la sua seconda presenza a Sanremo come concorrente: ci va in coppia con Mietta, con una canzone scritta sempre da lui, questa volta con il testo di Pasquale Panella. Vattene amore arriva terza dietro ai Pooh e a Toto Cutugno, ed entra subito nella testa degli italiani con il suo ritornello pazzesco ("Magari ti chiamerò.  Trottolino Amoroso, Dudu dadadà. Ed il tuo nome sarà, il nome di ogni città. Di un gattino annaffiato che miagolerà. Il tuo nome sarà su un cartellone che fà della pubblicità"). Minghi scriverà poi tante altre cose notevoli e oggi non ha ancora smesso, pur venendo ghettizzato nel ruolo del 'cantante cattolico', che gli ha dato tante soddisfazioni (anche quella di esibirsi davanti a Giovanni Paolo II) ma che ha anche indotto tanti critici a trattarlo con sufficienza.

12 maggio 2024

Le migliori canzoni di Claudio Villa

 Il giorno della Festa della Mamma è l'occasione giusta per iscrivere al divisivo Festival di Indiscreto un gigante della musica italiana come Claudio Villa, interprete di centinaia di canzoni, fra cui la celeberrima Mamma, lanciata a suo tempo da Beniamino Gigli, e in qualche caso anche autore. Autentico divo negli anni Cinquanta, detiene ex aequo con Domenico Modugno il record di vittorie a Sanremo (4: nel 1955 con Buongiorno tristezza, nel 1957 con Corde della mia chitarra, nel 1962 con Addio... addio e nel 1967 con Non pensare a me), con una carriera lunghissima e strana, con il grande successo concentrato negli anni Cinquanta e nella prima metà dei Sessanta, la quasi scomparsa e infine il ritorno alla grande negli Ottanta con quelle che oggi sono le sue interpretazioni più cercate in streaming, ancora più di quelle degli anni d'oro.

Davvero difficilissimo anche per chi come noi conosce bene, per interposti genitori, Claudio Villa effettuare scelte indiscutibili. Fra le sue interpretazioni pure quella più iconica è probabilmente Granada, scritta nel 1932 dal messicano Agustin Lara e cantata da tanti, da Sinatra a Pavarotti: ma la versione del cantante romano, datata 1957, fa venire i brividi ancora oggi. Della prima parte della carriera, segnata dalla rivalità con Luciano Tajoli ed escludendo altre decine di successi come interprete puro, inseriamo la sua prima grande canzone come cantautore, cioè Binario, con cui in coppia con Nilla Pizzi vince nel 1959 il Festival di Barcellona. Molti fan la ritengono una sua canzone minore e forse hanno ragione, ma per Villa fu importante.

Certo per chi non ha vissuto quell'epoca il Claudio Villa stampato nella memoria è quello delle mille polemiche con gli organizzatori di Sanremo, di culto quella del 1982, e contro i colleghi cantanti rei di non saper cantare (per sua fortuna non ha visto ciò che è accaduto dopo la sua morte avvenuta nel 1987, a 61 anni, annunciata da Pippo Baudo durante il Festival). personaggio televisivo ingiustamente confinato, e autoconfinatosi, soprattutto negli anni Settanta, nel ruolo dello stornellatore romano, protagonista del gossip con storie private intricatissime e leggende metropolitane (Laura Betti sosteneva che gli intellettuali lo odiassero per le grosse dimensioni del suo pene), pose da duro. Ma al di là della cronaca l'interpretazione di Un amore così grande, del 1984, scritta qualche anno prima da Guido Maria Ferilli e Antonella Maggio, è di un livello tale da rasentare l'Assoluto, con tutto il rispetto per la bravura di Mario Del Monaco e per il compitino dei Negramaro. Che voce Claudio Villa.


Nemo o Vannacci?

 Nemo o Vannacci? La vittoria del cantante svizzero all'Eurovision 2024 si presta ad un Di qua o di là più politico che musicale. E del resto tutti guardiamo l'Eurovision Song Contest per l'evento in sé stesso e per le discussioni collegate, non certo perché siamo in astinenza da tamarrate pop con l'aggravante del'inglese che domina e che quindi rende intercambiabili quasi tutti. La The Code di Nemo sarebbe potuta essere in gara per la Svezia come per la Germania, per l'Estonia come per l'Irlanda. Il tifo, perché di questo si sta parlando, è quindi quasi sempre pro o contro una bandiera, un popolo, un'idea, una posizione politica.

Clamoroso il caso di Israele, che le giurie per così dire di qualità hanno collocato al dodicesimo posto e che il televoto (soltanto la Croazia ha raccolto più consensi popolari) ha trascinato al quinto: evidentemente il cittadino medio non coincide con il fuoricorso o il liceale con la kefiah, con i giornalisti e i professori (non la totalità, ma una minoranza rumorosa) che rimpiangono la propria gioventù. E così canzoni già poco trascinanti, spesso prive di un vero pubblico anche in patria (non è il caso di Angelina Mango, la cui canzone è anch'essa tamarrissima, da giostrina, ma almeno ha un mercato), assumono importanza per altro, dai travestimenti ai presunti messaggi.

Il messaggio di Nemo, presentatosi sul palco di Malmö in gonnellino e pelliccetta rosa, riguarda l'accettazione, la propria e quella degli altri, di una identità sessuale non binaria. Un messaggio non gradito e soprattutto indifferente a molti telespettatori, con il generale Vannacci che ha sintetizzato questo stato d'animo commentando l'Eurovision: "Il mondo al contrario è sempre più nauseante".  Il tema non è ovviamente l'identità sessuale non binaria: al di fuori del popolo di Twitter di questo tema non frega niente a nessuno, né pro né contro. Il tema è il fatto che tutta una serie di idee venga data per scontata, silenziando chi la pensa diversamente. Nemo o Vannacci?

stefano@indiscreto.net


07 maggio 2024

Eurovision 2024: la partita di Malmö


Se la memoria non ci inganna il primo Eurovision Song Contest che abbiamo seguito, in piena pre-adolescenza, fu quello del 1983. Si tenne a Monaco di Baviera con in gara Riccardo Fogli, classificatosi all’undicesimo posto. Il brano era Per Lucia. Scoperto per caso scanalando il sabato sera sul televisore a colori appena sbarcato in casa, da lì non ce ne siamo persi uno, anche negli anni di assenza italiana, A 41 stagioni (sigh) di distanza entriamo oggi nella settimana decisiva dell'edizione numero 68 che si svolge Malmö, in Svezia. Aperta parentesi: quando eravamo ragazzini per noi il Malmö (anzi il ‘Malmoe’, come ci piaceva chiamarlo) era la squadra di calcio che aveva perso la finale di Coppa dei Campioni contro il Nottingham Forest nel 1979. Finale vista in gita di classe con i compagni delle elementari. Chiusa parentesi. Riaperta parentesi: meglio o peggio del millesimo PSG-Real di cui già il giorno dopo non ci ricordiamo?


Dicevamo che oggi, con la prima semifinale, si apre la gara canora che assegna il microfono di cristallo (tre le vittorie italiane) e che vede La noia di Angelina Mango tra le canzoni favorite, almeno stando alle quote dei bookmaker. Manifestazione blindata, considerate anche le polemiche sulla partecipazione di Israele (vietate le bandiere palestinesi), e ospitata in Svezia dopo l’ennesima vittoria degli scandinavi, con Tattoo di Loreen sospinta dalle giurie ai danni del trionfatore del televoto, il finlandese Käärijä e la sua Cha Cha Cha. Con tanto di fischi. Una situazione che potrebbe ripetersi anche quest’anno, con protagonisti ad esempio il croato Baby Lasagna (Rim Tim Tagi Dim) o lo svizzero Nemo(The Code), in una situazione di pronostici a dire il vero ancora piuttosto fluida e dove conteranno gli elementi scenografici ma anche il timing dell’esibizione.

A questo proposito, altre polemiche sono state innescate dai cambi di regolamento che ora consentono di televotare fin dall’apertura della finale (come accade a Sanremo) quindi anche senza teoricamente aver ascoltato i brani o viste le esibizioni già dalle semifinali. Una,modifica, hanno fatto notare i più critici, arrivata guarda caso proprio l’anno in cui la Svezia è stata estratta come prima a cantare. Svezia tra l’altro odiata da molti seguaci della manifestazione per avere in mano ormai da tempo i fili dell’organizzazione con conseguenti accuse di godere di favoritismi. Del resto l’Eurovision Song Contest, con buona pace di Toto Cutugno che nel 1990 lo vinse intonando Insieme 1992, è una gara che da un lato promuove la cosiddetta unione tra popoli (United by Music lo slogan permanente) ma dall’altro evidenzia i legami fra alcuni di loro così come le rivalità geopolitiche. E questo ancor più dopo l’allargamento via via sempre maggiore dei partecipanti che quest’anno sono 37. Con ritorno del Lussemburgo e uscita tra le altre di Bulgaria, Romania e Slovacchia, per lo più per ragioni economiche.

In tutto questo l’Italia ha quasi sempre goduto di un’ottima accoglienza, in particolare dopo il ritorno in gara avvenuto nel 2011 (secondo posto di Raphael Gualazzi). Forse perché abbiamo buoni rapporti con tutti ma anche perché di norma portiamo un prodotto dignitoso che non strizza l’occhio a un pubblico particolare, evitando baracconate varie. Poi per vincere di nuovo sono serviti i Måneskin, con un genere non certamente considerato ‘all’italiana’, ma sarà interessante vedere cosa accadrà quest’anno con Angelina Mango che già dalle prime prove sembra – stando a chi le ha viste – portare un’esibizione de La noia capace di lasciare il segno. Vincitrice? Difficile. Top5? Probabile.

05 maggio 2024

Le migliori canzoni della Premiata Forneria Marconi


Viviamo nell'ansia che nel selettivo tabellone del Festival di Indiscreto ci si dimentichi di grandi nomi della musica italiana, così ci giochiamo subito tutti quelli che pensiamo manchino nella nostra divisiva competizione. Fra questi la PFM, cioè la Premiata Forneria Marconi a un certo punto inglesizzatasi (per i media) nel nome nel tentativo di sfondare all'estero. Il gruppo ha una storia complessa, fra cambi di nome (nati come Quelli, poi Krel, poi Premiata Forneria Marconi) e di formazione, con certe fasi in cui non si è capito chi fosse un componente, chi un turnista, chi un ospite. Il tutto in mezzo a scioglimenti che non sono mai stati tali, a mezze reunion per tour celebrativi, e ad una buona stampa che gli ha permesso di vivacchiare per decenni.

Nell'assetto attuale, a più di mezzo secolo dall'inizio, fra i sei ci sono Franz Di Cioccio (l'unico ad esserci sempre stato), Patrick Djivas e Lucio Fabbri, e fra i tanti del passato troviamo giusto ricordare Flavio Premoli, Franco Mussida e Mauro Pagani. Ma l'elenco delle collaborazioni di un gruppo che come molti abbiamo scoperto grazie a De André è davvero sterminato. Ricordiamo solo, come nomi di culto, Teo Teocoli cantante nell'epoca Quelli, quindi metà anni Sessanta, e Demo Morselli (proprio quello del Costanzo Show) turnista molti anni dopo. La certezza è che a livello di immagine nel prog italiano esiste la PFM e poi tutti gli altri, anche se chiunque ricorda più successi del Banco, degli Area (da cui veniva Djivas) e dei New Trolls rispetto a quelli della PFM.

Nel prog i singoli contano meno che in altri generi, senza contare il fatto che i grandi gruppi prog si caratterizzano per il saper suonare, spesso bene come nel caso della PFM, mescolando più generi, più che per la canzone da fischiettare o da ascoltare in maniera compulsiva tipo trapper. In ogni caso non c'è dubbio che a livello creativo la PFM il meglio lo abbia dato negli anni Settanta. In ordine cronologico le prime due canzoni sono ex aequo, perché La carrozza di Hans è il lato A del 45 giri di esordio, nel 1971, mentre Impressioni di settembre è il lato B. Esordio davvero clamoroso: per entrambi i pezzi musica di Mussida e testi di Pagani, con inserimento di Mogol (erano nel giro di Battisti, oltre ad avere la Numero Uno come casa discografica) in Impressioni di settembre. Dopo avere azzeccato altri pezzi, su tutti La luna nuova, scritta nel 1974 d Djivas, la PFM ha anche un discreto successo all'estero, con collaborazioni eccellenti, ma con il prog davvero si gioca in trasferta. Il ritorno al successo italiano è del 1980, con l'album Suonare Suonare. Ma il prog e il meglio sono già passati.

03 maggio 2024

Maionchi o Ferro?

 Mara Maionchi o Tiziano Ferro? Lo scopritore o il talento scoperto? Chi ha fatto del bene o chi l'ha ricevuto? Volendo puntare in alto: genitori o figli? Il litigio mediatico fra la discografica ed il cantante fornisce l'assist alla Kroos per un Di qua o di là che ci riguarda tutti. Perché non è che la Maionchi abbia accusato Ferro di qualcosa di particolare, ma ha soltanto espresso il dispiacere per essere da lui poco considerata, anche soltanto per gli auguri natalizi. Dal suo lato il cantante, lanciato della Maionchi e dal marito Alberto Salerno con Xdono nel 2001, che anticipò Rosso Relativo e tutto il resto, sottolinea che invece negli anni ha più volte espresso apprezzamento per la donna che lo ha lanciato.

In mezzo c'è la durezza della vita. Si smettono di sentire amici, familiari, conoscenti, persone che hanno fatto qualcosa per noi, non per scelta ma perché travolti dalla quotidianità, in certi casi anche perché si è cambiati e non si possono riproporre gli stessi rapporti, con le stesse parole. Quanto è imbarazzante e doloroso sentire una vecchia zia, anche soltanto per gli auguri? O uno che ha fatto il servizio militare con te e con il quale hai condiviso segreti mai condivisi con altri? Poi al di là dei silenzi nel caso Maionchi-Ferro sono volate parole anche pesanti, con il cantante che ha accusato la sua scopritrice di avergli consigliato, per motivi di marketing discografico, sia di dimagrire sia di nascondere la propria omosessualità. Non è che lo abbia costretto: è Ferro che ha trovato conveniente andare avanti per anni, nelle canzoni e nelle interviste, a fare l'etero o comunque a lasciare nel dubbio.

La gratitudine e l'ingratitudine generano quindi un Di qua o di là che speriamo sia divisivo. Del resto quasi tutti, nella nostra miseria, siamo stati da entrambe le parti della barricata: quelli che hanno fatto del bene, magari anche per tornaconto personale ma comunque scegliendo una persona invece che un'altra, e quelli che l'hanno ricevuto, pur non avendo qualità nettamente superiori alla concorrenza. Un sondaggio anche personale, con dentro la rabbia per tante parole non dette e non ascoltate. Maionchi o Ferro?


30 aprile 2024

Tutta la vita con i Ricchi e Poveri

Ma non tutta la vita dei Ricchi e Poveri è il vero brano vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo? Probabilmente no, ma classificatosi appena alla ventunesima posizione ha scalato le graduatorie che oggi forse contano di più, ossia quelle degli ascolti in streaming. Quelle del pubblico giovane (o presunto tale), giocandosela alla pari con i vari trapper e similia oltre che con la trionfatrice Angelina Mango. Un successo, quello di Ma non tutta la vita e dei Ricchi e Poveri, premiato con il disco d’oro (certo molto diverso rispetto a quello che si assegnava negli anni 80), che nessuno degli osservatori aveva previsto. Anzi i giudizi iniziali che avevamo letto in anteprima non erano certamente di tipo elogiativo.


Ma non tutta la vita
 era visto come un brano che sapeva di vecchio, poco moderno, anzi fuori tempo massimo. Zitti zitti Angela e Angelo hanno invece sovvertito i pronostici e guadagnato sempre più consenso proponendo un significato ben centrato e grazie a un’intelligente strategia di comunicazione. Ma non tutta la vita è di fatto un invito a non perdere le occasioni, a non far passare il tempo all’infinito. Detto questo, è gradito per noi il successo che i Ricchi e Poveri stanno raccogliendo, loro che ci sembrano da sempre parte della vita (da quando erano in 4, poi in 3 e ora in 2).

Un quartetto, quello iniziale dei Ricchi e Poveri, che ha vissuto momenti di grande popolarità negli anni 70, tra alti e bassi, riguadagnandola come trio all’inizio degli anni 80 anche grazie alla mano di Freddy Naggiar e della sua etichetta Baby Records. Non c’è dubbio che sia stato infatti il magico decennio a portarli in giro per il mondo, da Sarà perché ti amo in poi, con i loro brani costruiti per piacere subito (da leggere a tal proposito la nostra intervista a Cristiano Minellono)  e Ma non tutta la vita rientra proprio in quel filone solo apparentemente scanzonato, che entra bene in testa. Poi con oltre 8 milioni di ascoltatori mensili su Spotify c’è solo da essere contenti per loro… ma anche per noi.

28 aprile 2024

Le migliori canzoni di Povia


 Nei giorni scorsi, in occasione dell'addio di Amadeus alla Rai, si è parlato molto anche di Povia. Che, secondo qualcuno, la Rai avrebbe cercato di imporre al conduttore come partecipante a Sanremo: retroscena improbabile, visto che Povia il Festival lo ha vinto e che era più famoso di due terzi dei cantanti in gara. Magari è vero il contrario: le sue posizioni politiche, da anarchico e complottista di destra, potevano creare grane con i media e Amadeus ha preferito evitarle a prescindere dalla canzone proposta. Di sicuro Povia ha tutte le carte in regola per partecipare al Festival di Indiscreto, la cui cifra stilistica è la divisività.

L'artista milanese con Sanremo ha sempre avuto un rapporto di amore e odio. Dovrebbe partecipare già nel 2005 con I bambini fanno "ooh", nelle Nuove Proposte, ma la canzone viene esclusa perché eseguita prima al Premio Recanati. Bonolis però gli permette lo stesso di cantarla all'Ariston, fuori gara: sarà un clamoroso successo di vendite, inaspettato per una canzone su un tema serio (l'infanzia rubata, nelle zone di guerra ma non solo) e cantata da quello che all'epoca è uno sconosciuto trentatreenne. Il brano, con testo e musica dello stesso Povia, all'anagrafe Giuseppe Povia, diventa quasi il vincitore morale del festival.

Povia vince davvero l'anno seguente con Vorrei avere il becco, anche questa scritta totalmente da lui, in cui esalta il valore della fedeltà in amore, davvero in contrasto con il pensiero dominante e soprattutto con il tema principe della canzone italiana (un amore finito, lontano, impossibile, nella migliore delle ipotesi contrastato) e viene messo nel mirino dalla critica che lo vede vincere davanti ai Nomadi nel Festival condotto da Panariello.

I problemi di Povia con il giornalista ed il twittatore collettivo iniziano lì, continuano con la partecipazione al Family Day e aumentano esponenzialmente con il secondo posto sanremese del 2009: Luca era gay, nell'ultimo Festival condotto da Baudo, viene battuta soltanto da Marco Carta, ma criticata da tutto il mondo LGBT e dai media appecoronati, che concepiscono che un etero diventi gay ma non il percorso contrario. Un'altra canzone che però ricordano tutti, altro centro di uno dei pochi artisti che facciano discutere.

21 aprile 2024

Le migliori canzoni di Alex Damiani


Domani compie 72 anni Alex Damiani, uno dei volti più popolari nell'Italia degli anni Settanta: divo assoluto dei fotoromanzi, la cui importanza è oggi difficile da spiegare ma che all'epoca erano spesso la base per carriere nel cinema ed in generale nello spettacolo. Ecco, Damiani il cinema lo ha frequentato poco, ma nella musica ha di sicuro fatto ottime cose ed è per questo che lo inseriamo in un Festival di Indiscreto che ci sta facendo venire l'ansia, da tanti sono i nomi ancora rimasti fuori mentre il completamento del tabellone a 256 si avvicina. Ma oggi pensiamo al Damiani cantante, che di fatto nasce nel 1980.

In quell'anno infatti con Cambierò, cambierai vince il Cantagiro davanti a pesi massimi come la Nannini, Ivan Graziani, Pino Daniele, Matia Bazar e PFM, ed anche a Franco Dani, altra stella dei fotoromanzi con ambizioni musicali. Non solo: quell'estate la canzone è Discoverde del Festivalbar, in pratica il premio ai giovani. Lo stile, fra i Collage e Sandro Giacobbe, sembra studiato apposta per far stizzire i critici musicali ma il successo è enorme vista anche la base di fan che l'artista calabrese si porta dietro. Nel 1981 partecipa di nuovo al Festivalbar con Non t'amo, però, con ottimi riscontri: la scelta della musica è definitiva.

Ma è nel 1983 che Alex Damiani entra davvero nelle case di milioni di italiani, o per meglio dire di italiane, con Come per magia, memorabile sigla di Anche i ricchi piangono. La telenovela con protagonista Veronica Castro è la sua fortuna commerciale, anche chi non la guarda si ricorda quella canzone. Nell'estate del 1984 lo si vede un po' in tutte le trasmissioni con Per questo amore, fra i suoi successi quello più anni Ottanta di tutti, come stile, e fra l'altro uno di quelli che lo vede anche nelle vesti di autore. La sua carriera musicale poi proseguirà, ed infatti è arrivata fino ad oggi, anche se il grande successo rimane confinato a quegli anni in cui è considerato l'uomo più bello d'Italia.

14 aprile 2024

Le migliori canzoni di Sibilla

 Fra i tanti talenti lanciati da Franco Battiato uno dei più affascinanti e misteriosi è senza dubbio Sibilla, che proprio oggi compie 70 anni e che non soltanto per questo inseriamo in un Festival di Indiscreto che si avvia verso il completamento del tabellone a 256. Italiana nata in quello che oggi è lo Zimbabwe, all'anagrafe Sibyl Amarilli Mostert, è con il suo vero nome (quasi, perché sul disco c'è scritto Sybil) che nel 1976 fa centro cantando Keoma, la canzone principale dell'omonimo film, il classico spaghetti-western con protagonista Franco Nero. Canzone fra l'altro scritta da Guido e Maurizio De Angelis che in questi anni davvero non sbagliano un colpo.

Per Sibilla la grande notorietà arriva però con il Sanremo 1983, quando porta a Sanremo Oppio, scritta da Battiato, Giusto Pio e da lei stessa. Inserita nel girone A, quello delle Nuove Proposte Italiane, si esibisce nella seconda serata (all'epoca il venerdì, perché le serate sono tre) e rimane vittima di un errore dei tecnici, che mandano il playback invece della base preregistrata. Il microfono è aperto e lei infila una stonatura clamorosa, che causa la sua eliminazione: passano il turno Flavia Fortunato, Donatella, Milani, Fiordaliso e Zucchero, per dire il livello clamoroso. Grazie alla sua intensità, e anche all'interpretazione di Sibilla, Oppio è però un buon successo commerciale. E del resto, ascoltata con le orecchie di oggi, sembra una canzone di Alice cantata quasi alla Alice. Impossibile dimenticare il ritornello con qualche parola che Battiato prende pari pari da Hava Nagila, canzone popolare ebraica, ed anche questa intervista di Maurizio Seymandi, il cringe quarant'anni prima del cringe.

Con la produzione di Angelo Carrara l'anno seguente Sibilla scrive e incide come singolo Plaisir d'amour, che dovrebbe preludere ad un album per svoltare davvero, l’album che non era riuscita a fare con le canzoni di Battiato e Pio. La canzone è forte, con qualche somiglianza di troppo con Can't help falling in love, ma l'album non esce nemmeno questa volta e al di là di qualche collaborazione di prestigio, come quella con Paolo Conte nel 1990 per La canoa di mezzanotte, la carriera musicale di Sibilla si conclude qui. Di lei non avremmo saputo più niente.


Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...