03 giugno 2024

Ancelotti da sette

La quinta Champions League vinta da Carlo Ancelotti come allenatore, che va sommata alle due Coppa dei Campioni da giocatore, è stata la terza in ordine di sofferenza, ricordando i rigori con la Juventus a Manchester o il colpo di testa di Sergio Ramos al 90’ contro l’Atletico Madrid, e ha dimostrato che la quinta della Bundesliga, arrivata a 27 punti dal Bayer Leverkusen (a sua volta con una rosa di valore medio-alto, certo non stellare) può mettere sotto per metà partita il più grande club del mondo, pieno di campioni e bene allenato, usando le sue stesse armi, cioè lasciandogli l’iniziativa e ripartendo in massa. Poi nel secondo tempo il Real ha preso in mano la situazione e nessuno, dopo le tante occasioni fallite dal Borussia Dortmund nel primo tempo, avrebbe scommesso un euro sui tedeschi di Terzic. In mezzo alle celebrazioni la solita domanda, che possiamo dividere in due. Ancelotti avrebbe salvato l’Empoli? Nicola avrebbe condotto il Real alla sua quindicesima Champions? No. No. Non è vero che tutti gli allenatori sono uguali, perché in ogni contesto ci sono quelli bravi e quelli che non lo sono.

Il licenziamento per giusta causa, della Juventus nei confronti di Allegri, è qualcosa di clamoroso e di difficile da spiegare. Perché se si andrà in tribunale le chance del club di risparmiare i 18 milioni, questo il costo aziendale lordo, residui per Allegri e il suo staff sono pari a zero. Non è che un litigio, oltretutto privato (non ci si riferisce quindi al gesto fatto in campo dopo la finale di Coppa Italia), con il direttore sportivo, sia una giusta causa di licenziamento, altrimenti nessun allenatore esonerato avrebbe mai visto un euro. Ad un primo livello l’idea della Juventus è quella di chiedere 18 per ottenere, mettiamo, 6, insomma di arrivare a una transazione contando sulla voglia di Allegri di tornare ad allenare subito. Ad un secondo è un’altra picconata elkanniana sull’era di Andrea Agnelli, proprio negli stessi giorbi in cui si è consumata l’abiura definitiva della Superlega, con la riammissione nell’ECA adesso diretta da El-Khelaifi, improbabile paladino del calcio di tutti.

Quando finirà l’era De Laurentiis al Bari? Dopo la clamorosa vittoria-salvezza al Liberati contro la Ternana i tifosi del Bari continuano a chiedere un cambio di proprietà, che comunque per la legge attuale dovrebbe avvenire entro il 2028. La tigna nel mantenere due club di prestigio e con un bacino di utenza ampio (Bari è la nona città d’Italia per numero di abitanti), invece di mettere in piedi un serio progetto di seconda squadra come Juventus e Atalanta, si spiega soltanto con le previsioni di aumento enorme del valore dei brand sportivi nei prossimi anni (la stessa scommessa che in altra situazione ha strangolato Zhang). Vendere il Bari fra 3 anni sarà più conveniente, a meno che una promozione in A costringa ad accelerare l’operazione. In ogni caso a nessun tifoso piace sentirsi una seconda scelta o una seconda squadra (espressione usata qualche mese fa da De Laurentiis), vale anche quando la prima è il Real Madrid e quindi figuriamoci con il Napoli. Situazione che non può trascinarsi fino al 2028.

Battendo la Cremonese il Venezia è diventato la terza promossa in A insieme a Como e Parma. Tre club con una grande storia (ma quale club non ha una grande storia?) ed un presente gestito da stranieri: americani i capitali di Parma e Venezia, indonesiani quelli del Como. Questo significa che esattamente metà della Serie A 2024-2025 sarà formata da squadre controllate da persone o aziende non italiane. Una realtà che si presta a mille considerazioni, ma con due che superano le altre 998. La prima: gli imprenditori locali, o comunque italiani, di una certa cilindrata sono in proporzione meno rispetto a una volta, nell’economia in generale e non soltanto nel calcio. La seconda: il calcio italiano ha potenzialità ancora inesplorate, comunque un club italiano si compra meglio rispetto ad un pari rango inglese, ed inoltre può legarsi a discorsi turistici ed immobiliari inimmaginabili per qualsiasi altro paese: certo un pazzo può andare in vacanza a Ipswich o a Wolverhampton, ma non si tratta di turismo di massa.


Fuori Acerbi, fuori Scalvini. La sfortuna ha deciso al posto di Spalletti, così nei 26 per gli Europei a questo punto dovrebbe entrare Gatti. E togliamo il condizionale nel caso il c.t. voglia tentare di nuovo l’azzardo (per come la pensa lui) della difesa a tre, quindi con la necessità di avere in rosa sei difensori centrali. Domanda da bar cattivo: ma c’era bisogno che Gasperini giocasse con tutti i titolari una partita inutile come quella con la Fiorentina? La risposta è semplice. La partita non era inutile, perché al di là del fatto che l’Atalanta l’abbia persa c’erano da conquistare un terzo posto, eguagliando il suo miglior piozzamento di sempre (ottenuto altre tre volte, sempre con Gasperini) e quasi tre milioni di euro in più. Con un altro metro etico-sportivo l’Atalanta avrebbe dovuto allora perdere con il Torino e dare alla Roma la chance di conquistare il sesto posto italiano in Champions. Ma Gasperini prova sempre a giocare, per questo è antipatico a molti addetti ai lavori, come si è notato dai tanti complimenti a denti stretti per l’Europa League.

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