17 giugno 2024

Pillole di Messina


 Oscar Eleni con le tasche piene di miglio soffiato per salvare piccioni tedeschi che vogliono abbattere, chiedendo l’aiuto delle volpi inglesi trovate nel distretto dei laghi, un mondo meraviglioso. Manie tipiche dei vecchi, difendere chi sembra inerme. Un po’ come dovrebbero fare i giornalisti, ma queste sono giornate dove prevale il portatore d’incenso e nella nebbia organizzata da chi tiene il turibolo ci si perde. Obbligati a battere le mani per tutto quello che ci viene imposto più che proposto, sfogliando pagine azzurre in giornali rosa, rileggendo storie già raccontate mille volte per farci credere anche in quello che sembra impossibile. Se ne accorgerà Spalletti se dovesse andare male l’Europeo come nei primi secondi contro l’incredula Albania che scartava il regalo. Lo capirà Pozzecco se la crociata per la Nazionale di basket non avrà fortuna in Portorico.

Stagione del basket che festeggiando Boston, lo sapremo stanotte, ha chiuso la parte mercantile per aprire le porte al mese dei sogni olimpici nella speranza che nessuno li bombardi, ma già l’europeo di calcio in Germania fa registrare arresti per gente che va allo stadio con bombe carta e coltelli, mentre la polizia francese ferma tutto quello che sembra fuori posto, basta che non si arrivi agli strangolamenti americani. Scusate la fretta, ma i malati devono prendersi una pillola ogni ora e non hanno tempo per stare alla tastiera, disturbando. Vi serviamo pagelle express nella speranza di ritrovare fantasia più che salute.

10 A MESSINA per il suo scudetto nella stagione dove ha vinto anche sbagliando, ha trionfato anche quando in tribuna sbadigliavano e i nemici lo volevano sul rogo.

9 A Luca BANCHI per come ha combattuto con una Virtus nata settimina come diceva Scariolo. Bella stagione, grande inizio, finale senza benzina.

8 Al POZZECCO che ci  fa sognare a bocce ferme, quando le palle gireranno noi saremo tutti con lui che dal Curierun ci spiega che il mondo sarà anche grigio, o magari blu, ma potrebbe diventare azzurro.

7 A Peppe POETA che dopo il  tirocinio con Messina e l’apprendistato con Pozzecco sembra pronto per una bella carriera da allenatore solista che ama il gruppo, magari a Brescia.

6 A MAGRO se troverà subito un porto di quiete per continuare un lavoro che a  Brescia ha fatto benissimo.

5 Al POCO SPAZIO che viene dato per il trattato di pace e collaborazione che hanno firmato associazioni giocatori, allenatori, leghe, procuratori (?). Certo quando questa pace risulterà autentica se ne parlerà di più.

4 Al DOMENICALE campaniano perché ogni volta che abbiamo la fortuna di leggerlo, godendoci ogni parola, ci viene il magone vedendo invece come è diventato il giornalismo da imbucati, vestiti e mangiati.

3 Al PETERSON che ogni giorno, scrivendo, sorridendo, incontrando i suoi vecchi leoni, ci fa sentire inutili, troppo vecchi. Viva Dan.

2 Agli arbitri delle finali scudetto se non reclameranno tutti, anche quelli delle prime tre partite, la medaglia che è stata data a quelli che hanno diretto la partita scudetto, tutto questo sperando di capire perché SAHIN fosse fuori dalle finali

1 A TRIESTE se dovessero vantarsi di aver preso il meglio da Varese, anche se questa è la grande verità per la gioia di  chi è davvero contento e canta davanti al Pala Rubini.

0 A TRAPANI se in mezzo alle meritate feste per la promozione non si darà spazio soltanto alle cose belle, dimenticando le polemiche.

16 giugno 2024

Le migliori canzoni dei Negramaro


Ispirati dal G7 in Puglia dedichiamo ai Negramaro questa puntata del sempre più divisivo Festival di Indiscreto, di cui si è discusso molto anche a Borgo Egnazia. I Negramaro sono uno di quei pochi gruppi che hanno resistito, visto che il loro successo insieme dura ormai da un quarto di secolo, alla maggiore visibilità del frontman. Anche perché Giuliano Sangiorgi non è soltanto il cantante, ma anche l'autore pressoché unico di tutte le canzoni degli 8 album in studio, oltre che autore anche per altri. Ma il rapporto con gli altri cinque (Lele Spedicato alla chitarra, Ermanno Carlà al basso, Danilo Tasco alla batteria, Andro Mariano e Pupillo De Rocco alle tastiere e alla parte elettronica) è evidentemente più solido dell'invidia e della distribuzione dei proventi.

Scegliere tre canzoni dei Negramaro è davvero difficile, mai come in questo caso sono utili le classifiche dello streaming che, come da regolamento, integriamo con una scelta (che non riveliamo) della redazione di Indiscreto. Cominciamo con Parlami d'amore, brano trainante dell'album La finestra (come altri dei Negramaro prodotto da Corrado Rustici), con cui vincono il Festivalbar 2007, vale a dire l'ultima edizione nella gloriosa storia del Festivalbar. Da lì parte una nuova fase dei Negramaro, fra grandi live (San Siro, con relativo disco), colonne sonore di film, collaborazioni varie, ed anche problemi come l'operazione di Sangiorgi alle corde vocali.

Oltre al pubblico in Negramaro hanno sempre avuto dalla loro parte la critica, cosa che li ha aiutati a durare nel tempo ed anche a mascherare gli insuccessi (si pensi soltanto alla canzone dell'ultimo Sanremo, Ricominciamo tutto, che in tanti davano per vincitrice). Credibili al concertone del primo maggio come nelle gare di tormentoni estivi, di sicuro non vivono di ricordi ed infatti alcune delle loro hit più fortunate sono recenti: nelle nostre votazioni entrano quindi Attenta,  del 2015, contenuta nell'album La rivoluzione sta arrivando, e La prima volta, del 2017, uno dei singoli uscitida Amore che torni. Sono ormai durati così a lungo che il loro pubblico è transgenerazionale, anche se la parte Millennial è dominante.

14 giugno 2024

L'inquilina del piano di sopra


Uno dei rari film con Lino Toffolo protagonista, e guardandolo si capisce perché siano rari, è L'inquilina del piano di sopra, che questa notte alle 2:45 sarà riproposto dal benemeritò Cine34. A suo tempo, ma non al cinema perché nel 1977 avevamo 10 anni, lo guardammo soprattutto per la meravigliosa Silvia Dionisio, icona di un filone erotico con pretese intellettuali che scoprimmo grazie al Guerin Sportivo, nell'epoca meravigliosa in cui modelle e attrici posavano con le maglie delle squadre (lei lo fece con quella del Torino dell'ultimo scudetto) perché ai lettori non interessavano soltanto gli esercizi di De Zerbi e lo scudetto dei bilanci. Qui la Dionisio  è nella parte di Aurora, i cui incontri con il fidanzato (Teo Teocoli, improbabile marchese) fanno indispettire i vicini di casa invidiosi, fra grida e mugolii. Fra questi vicini il professor Arturo Canestrari, cioè Toffolo, che prima la ammonisce e poi inizia a sbavarle dietro, dandole anche lezioni private di 'cultura'. La trama è inconsistente, Cannavale e Pippo Franco in altre occasioni sono stati più divertenti e qui se la cavano di mestiere, così si rimane inchiodati al film soltanto per il fascino magnetico della Dionisio. Che gli appassionati di calcio ricordano e onorano anche per la copertina del 45 giri El Mundial, canzone ufficiale di Argentina '78 scritta da Morricone, che ebbe un certo riscontro in Europa ma che in Argentina fu superata da una produzione locale.

13 giugno 2024

Uomo Indiscreto 2023-24, le nomination

 Un altro anno è passato e siamo ancora qui, a eleggere l'Uomo Indiscreto. Cioè quella persona, nella categoria 'Personaggio pubblico' e in quella 'Commentatore', che meglio rappresenti i nostri valori: divisività al limite del trollaggio, gusto per la provocazione, culto del cazzeggio, leggerezza, atteggiamento positivo verso la vita. Anche se Indiscreto ha 24 anni di vita, gli Indiscreto Awards (all'estero sono conosciuti anche così) sono arrivati soltanto alla quarta edizione dopo quelle del 2021, del 2022 e del 2022-23.

Come al solito chiediamo nei commenti a questo post di indicare le vostre proposte di nomination (massimo tre a testa per categoria) per queste due categorie e per quella 'Hall of Fame', riservata a commentatori un tempo molto attivi e amati ma ora spariti, o quasi, per motivi diversi: stanchezza, bolsezza, antipatia di altri utenti e/o della stessa redazione del sito, rifiuto dei personalismi, tempo, cambio di gusti, eventi negativi, morte. La direzione di Indiscreto ha deciso di inserire di diritto nella Hall of Fame anche i vincitori di ogni anno. Nel caso fossero già hall of famer il riconoscimento andrebbe al secondo classificato, o comunque al primo classificato non già presente nella Hall of Fame. La direzione ha altresì deciso di abolire i premi per tifoseria, nell'ottica della valorizzazione del brand dei premi principali, e si riserva di introdurre il bolsometro, per eleggere il personaggio o l'utente più bolso.

La solita precisazione, per quanto ci riguarda: l'Uomo Indiscreto è secondo noi un personaggio comunque positivo, che non lascia indifferenti. Di solito, basta scorrere la classifica, premia i commentatori più ironici ed autoironici, che prendono in giro ma anche si fanno prendere in giro, accettando lo scherzo. Insomma, la gente che nel nostro piccolo cerchiamo di frequentare. Per il personaggio pubblico le considerazioni sono ovviamente diverse, perché non è che Trump o Putin scrivano su Indiscreto (ma Vannacci potrebbe farlo). Suggerimenti accettati fino al 7 luglio, poi dal 7 al 14 votazioni che non a caso termineranno con la finale degli Europei.

Uomo Indiscreto

2021: Tyu Tyu (secondo Nicola Peluchetti, terzo Marcopress)

2022: Nicola Peluchetti (secondo Tyu Tyu, terzo Marcopress)

2022-23 The Great Reset (secondo Nicola Peluchetti, terzo Dane)

Uomo Indiscreto (Personaggio pubblico)

2021: Trump (secondo Berlusconi, terzo Salvini)

2022: Putin (secondo Soumahoro, terzo Zelenski)

2022-23: Generale Vannacci (secondo Berlusconi, terzo De Zerbi)

Hall of Fame

2021: Tyu Tyu

2022: Tani, Nicola Peluchetti

2022-2023: Emiliano Torracca, The Great Reset


Quanto costa mantenere un gatto


Quanto costa mantenere un gatto o un cane? Insomma, un animale domestico di quelli più diffusi. Abbiamo letto una notizia basata su una ricerca di Changes Unipol elaborata dall'IPSOS, secondo cui la spesa per un animale domestico supera i 1.000 euro l'anno. Sui 70 euro al mese di media per un gatto o un cane, a cui aggiungere 180 euro l'anno per spese veterinarie. Siccome facciamo parte del 56% degli italiani che possiede, ci piace dire 'gestisce', almeno un animale domestico (causa troppo dolore nell'età adulta siamo stati senza solo due mesi nel 2021), questi dati ci hanno fatto riflettere.

Anche in positivo, visto che i Millennial sono la fascia di età che maggiormente considera l'animale come un membro della famiglia (all'85%), mentre per noi X e ovviamente per i Boomer (quelli veri e non quelli che semplicemente dicono che rap e trap fanno schifo) la percentuale scende. Detto che ogni razza, oltre che ogni specie, ha esigenze e quindi costi diversi dalle altre, senza contare le dimensioni, abbiamo fatto due conti con la nostra amata Soraya, principessa meno triste della Soraya originale e alla quale presto affiancheremo un compagno. Un gatto più centrato sull'umido che sul secco può costare quasi 2 euro di umido (senza andare al risparmio, stando in zona Schesir, piuttosto diamo la disdetta a Sky) al giorno e circa 10 euro di secco alla settimana, quindi di pura alimentazione non lontano dai 100 euro al mese.

È chiaro che un gatto più amante del secco, e ce ne sono tanti che al di fuori dei croccantini mangiano quasi niente, costi meno di alimentazione, per non parlare di un gatto che venga nutrito con avanzi (ma in questo caso ci sono diversi alimenti pericolosi, il risparmio di oggi è l'intervento chirurgico di domani). Anche per un cane vale il discorso secco-umido, con quantità ben diverse da quelle del gatto: senza fare l'esempio estremo degli alani, per anni abbiamo vissuto di fianco a due bellissimi, il cibo umido per un cane di taglia media supera tranquillamente i 1500 euro l'anno, quindi aggiungendo secco, visite mediche e tutte quelle altre cose che i proprietari di cani sanno non è strampalato dire che a parità di salute il cane costi almeno il doppio del gatto (e un ventesimo di un figlio, anche se il figlio fa risparmiare su altre cose). Inutile citare i casi particolari, perché abbiamo frequentato gatti bisognosi di cure pesanti e cani da battaglia, ma in generale si può dire che siano stati e saranno i soldi meglio spesi della nostra vita.

Jerry West

 Chi è stato Jerry West? No, non intendiamo quelle poche righe di coccodrillo su uno dei più grandi giocatori, e di sicuro il più grande costruttore di squadre (nessuno ha mai creato nella NBA tre diversi cicli vincenti, lui lo ha fatto due volte ai Lakers e poi agli Warriors), di tutti i tempi, ma su chi è stato davvero. Personaggio straordinario, capace di raccontarsi in un libro bellissimo, West by West - My charmed, tormented life (se fossimo gente seria e non quaquaraquà compreremmo i diritti per l'Italia), che affascina per come West abbia attraversato quasi un secolo di America in situazioni molto diverse e sempre con disagio, mai godendosi i successi. Di seguito qualche cosa che ci eravamo appuntati ai tempi, per costruirci intorno riflessioni mai fatte.

L'episodio decisivo della vita di West è la morte del fratello David nella Guerra di Corea. Jerry aveva 13 anni, abitava in un paesino di minatori (di carbone) in West Virginia ed aveva un padre che lo picchiava a sangue e minacciava di ammazzarlo, al punto che lui si era abituato a dormire con un fucile sotto al letto per eventualmente ammazzarlo prima lui. Unico amico, è sempre West che parla-scrive, il classico canestro in giardino, solo che il giardino era quello dei vicini. Il padre sarebbe diventato più gentile all'aumentare del successo di Jerry, campione statale con la high school, quasi campione NCAA con West Virginia, oro olimpico a Roma e poi 14 anni nei Lakers prima di fare l'allenatore (abbastanza bene) e il dirigente.

West è spesso stato molto critico nei confronti di un sistema che governa la gente usando la sua stessa ignoranza e se l'è presa sia con gli industriali sia con i minatori (suo padre non lo era in senso stretto, era l'elettricista della miniera), che preferiscono spendere per una macchina nuova che per l'istruzione dei figli. Si rendeva conto di essere lui stesso parte del sistema ed infatti soprattutto negli ultimi anni rimpiangeva il fatto di avere rifiutato dopo la carriera da giocatore molte proposte di candidatura: "Da politico puoi fare la differenza, da personaggio della pallacanestro no, anche se sei famoso. La glorificazione degli atleti è senza senso".

West era il bianco più forte in una NBA di dimensioni ridotte e di interesse nemmeno paragonabile a quello di oggi, già con i campioni in larga maggioranza neri. Ringraziò Fred Schaus, suo coach ai Lakers, per avere istituito la regola che ogni Laker dovesse stare in stanza, se possibile, con uno di un'altra razza. Il rispetto dei giocatori neri, dall'amico Elgin Baylor ad altri, sarebbe stato fondamentale per il successo come dirigente. Non  a caso gli spogliatoi delle sue squadre sono stati sempre buoni ambienti, anche se frequentati da gente con personalità molto diverse. Soltanto lui poteva far funzionare insieme per un decennio Magic e Kareem, e la prova si è avuta con Kobe-Shaq con i Lakers di West e Kobe-Shaq senza West.

La carriera di West è il festival del What if. I due più grossi sono conosciuti da tutti. Al draft del 1960 era lui il grande obbiettivo di Red Auerbach, che fece l'impossibile per portarlo ai Celtics tramite scambi: ci fosse riuscito non sarebbe diventato il personaggio NBA più odiato da West, al di là di quanto già odiasse i Celtics. Il secondo è quello riguardante Julius Erving, sul quale lo West allenatore dei Lakers avrebbe voluto costruire una dinastia: Doctor J e Jabbar, non male. Ma Jack Kent Cooke, l'uomo che avrebbe svenduto i Lakers a Jerry Buss, si oppose perché riteneva gli ex ABA giocatori da circo.


12 giugno 2024

McEnroe o Swiatek?

 John McEnroe o Iga Świątek? O meglio: le donne si devono truccare per piacere di più agli uomini? Una battuta di McEnroe durante il Roland Garros ("Si sarebbe truccata la Lancome l'avesse pagata un po' di più?") è diventata fonte di polemica, con il più talentuoso tennista di tutti i tempi nei panni mediatici del maschilista becero e la numero 1 del mondo, testimonial della Lancome (infatti le sue foto da truccata non mancano, fuori dal campo), che ha lasciato rispondere altri per lei. Ma al di là del giornalisticamente corretto, che ovviamente è dalla parte della campionessa polacca, ci sono anche le persone reali e noi nella realtà quotidiana non conosciamo una sola donna adulta che non si trucchi. Di più: ne conosciamo anche qualcuna che si trucca solo per far piacere al marito-fidanzato-compagno o possibile tale.

Magari in poche si truccano per giocare a tennis (ma di sicuro nessuna si strucca per andare in palestra, anzi), senza contare il fatto che la maggioranza usa un trucco così leggero da far pensare agli uomini inesperti, poco interessati alla materia e non criptogay che i visi che vediamo siano tutti frutto della natura. Un po' come quando diciamo, in sintesi, "Le ragazze di oggi sono tutte fighe mentre ai nostri tempi no". Ed invece dietro al trucco femminile, qui per un attimo siamo seri, c'è molto di più che una serie di prodotti impressionante, dal fondotinta alla cipria, dal rossetto al mascara a mille altre cose con varianti oltre la follia, come il mascara che stimola la crescita delle ciglia. Un investimento di soldi, di tempo, di speranze, per attirare l'attenzione di uno magari più interessato al futuro di Sarri o di Zaniolo.

Facile dire e scrivere che una donna dovrebbe piacere soprattutto a sé stessa, ma se al mondo fossimo soli o sole probabilmente staremmo sul divano con la tuta acetata della Legea (modello massaggiatore del Casarano o carcerato in carriera) a guardare film anni Ottanta mangiando tonnellate di Pizza Ristorante della Cameo: stiamo evidentemente descrivendo il Paradiso. Qui invece siamo animali sociali e più diciamo di bastare a noi stessi più in realtà cerchiamo di attirare l'attenzione. Ma in concreto a una figlia, nel 2024, diremmo di truccarsi? Dietro al trucco c'è di più: millenni di storia, di sudditanza nei confronti della cultura maschile (le donne musulmane si truccano come le altre, su Vanity Fair abbiamo addirittura letto di cosmetica halal), di condizionamenti sociali. McEnroe o Swiatek?


11 giugno 2024

Il flop di Roma 2024

 Gli Europei di atletica di Roma 2024 stanno dando all'Italia medaglie come non mai, però dal punto di vista organizza


tivo sono un flop pazzesco. E proprio i risultati degli italiani, mentre scriviamo queste righe 8 ori, 6 argenti e 3 bronzi, li rendono ancora più un flop. Sorvolando sul deserto delle sessioni mattutine, nelle quattro serate che finora abbiamo seguito soltanto in quella di sabato, quella per intenderci dei 100 di Jacobs, c'è stato un pubblico significativo. Da notare che l'Olimpico per questo Europeo ha una capienza ridotta, intorno ai 40.000 spettatori, e quindi i vuoti che si notano sono ancora più imbarazzanti. Un flop nel quasi totale silenzio degli addetti ai lavori e del resto negli ambienti più piccoli funziona così: siamo tutti sulla stessa barca, andiamo a cena insieme, siamo amici, insomma la parrocchietta.

Il Fatto Quotidiano ha rivelato l'esistenza di una mail in cui il CEO di European Athletics definisce disastrosa l'organizzazione, ma agli appassionati il flop era stato annunciato quasi ufficialmente con le imbarazzanti pubblicità a tutta pagina di settimana scorsa, su giornali sportivi e non, che proponevano sconti del 40%. Sconti del 40%? Chi ha comprato i biglietti prima si sarà sentito uno stupido e chi non era interessato all'atletica non li avrebbe voluti nemmeno gratis, o a quel prezzo di un euro simbolico che ha consentito alle scolaresche di riempire qualche vuoto. Al di là dei tanti tutto esaurito dell'era Mourinho, inimmaginabile che la Roma proponga biglietti con sconto del 40% per una partita di cartello. Nel 2024 gli Europei sarebbero comunque il secondo evento dell'atletica dopo le Olimpiadi di Parigi...

Cosa vogliamo dire? Con dolore, precisiamo, visto che in diretta o in differita abbiamo seguito finora ogni gara. Vogliamo dire che ogni sport ha le sue dimensioni e il suo numero di appassionati: i Friedkin non è che abbiano acquistato spazi pubblicitari per avere 64.000 spettatori a Roma-Salernitana, Stefano Mei non è che possa inventarsi cultori dell'atletica che non esistono. Certo con una campagna di marketing non improvvisata all'ultimo momento 40.000 persone ogni sera all'Olimpico le poteva portare, ma il discorso di fondo non cambia. A questo va aggiunto che per la sensibilità odierna tante specialità siano per il pubblico generalista respingenti: tutti i salti, tranne quando c'è un campionissimo o un personaggio, tutti i lanci, la marcia anche dopo le riforme, per non parlare della stupidaggine delle tre semifinali che ormai sembra un dogma indiscutibile.

Rimaniamo della solita idea: l'atletica non può essere venduta come uno spettacolo, perché rappresenta una cultura e un modo di vedere lo sport molto particolari. Che mal si conciliano con il professionismo, le pagliacciate ed anche i grandi numeri, tolti alcuni eventi in alcuni paesi (ma il Letzigrund di Zurigo, per dire, non arriva a 26.000 spettatori), senza comunque la possibilità di creare davvero un 'circuito' o un 'campionato', come si tenta di fare dai tempi di Primo Nebiolo, visto che questo sport vive di picchi di forma e comunque sottopone a sollecitazioni estreme. Non significa che quelli dell'atletica siano migliori, come quelli delle parrocchiette spesso si sentono (il gesto idiota di Riva a Petros è inferiore anche agli standard del calcio), ma che gli sport sono diversi e non è obbligatorio farseli piacere tutti. Conclusione: in qualche modo l'Olimpico si poteva riempire, e comunque la FIDAL non lo ha fatto, ma l'interesse che genera l'atletica è più o meno questo che si vede.

 

10 giugno 2024

Belli e invisibili

 Oscar Eleni boicottato dal sistema, dai calendari, costretto a parlare con le nuvole lenticolari, le bellissime figlie della contessa che domina i venti sopra l’Etna, perché tutto si muove. Mondo dello sport senza fine e senza meta con l’atletica che domina la scena e il basket costretto a fare da cavalier servente lasciando i grandi ascolti senza mandare al diavolo chi obbliga il teleudente, o telemorente come dicono i saggi, a fare scelte dolorose come nella notte di Jacobs mentre la Milano dei gaudenti si mangiava le mani fino a non saperle più usare contro il giusto furore  della Virtus che pareggiando la serie scudetto ora ci costringerà ad un’altra dolorosa scelta domani sera, nel martedì dove l’Europeo si concederà al Tamberi capace di portare all’Olimpico anche il presidente della repubblica Mattarella.

Ali bruciate come hanno deciso anche dove una volta avevano spazio per il vecchio viandante. Pazienza. Rubrica maledetta e da macero anche se tutto fiorisce a parte la Ferrari che dopo una settimana di brindisi si è persa nelle pozzanghere canadesi. Speriamo non finisca senza voce come il telecronista focoso anche tutto il resto, ma certo è un momento di massimo gaudio per chi non credeva al piccolo mondo antico dello sport italiano dove c’è ancora una setta di poeti estinti e credenti. Viva la nuova atletica della generazione che ruba la bandiera ai soliti idioti, accenti meravigliosi su pelli ambrate, cervelli svegli fra mandriani di pecore.

Grande atletica, pazienza se l’Europa non è difficile da conquistare come sarà l’Olimpiade a Parigi, ma lasciateci cantare mentre i pallavolisti si sono guadagnati Parigi e le pallavoliste stanno per farlo, senza fare  ironia sulle tre finali del tennis in Francia dove Paolini ed Errani, oltre ai doppisti Bolelli e Vavassori hanno dovuto “accontentarsi” del piatto d’argento dei secondi arrivati, felici per Sinner anche se il numero uno adesso sembra il giovane spagnolo Alcaraz. Nella speranza che Spalletti trovi nei calciatori della sua Nazionale il cuore e non il telefonino pubblicizzato dal mister pur sapendo che il talento non è tantissimo. Ma la storia ci ha detto che l’Italia sfavorita ha sempre sorpreso e buttato giù dal carro chi la prendeva in giro prima e durante le grandi manifestazioni  ai tempi del grande Bearzot e della festa berlinese per i fuggiaschi dal calcio scommesse.

Speriamo vada così anche per i cestisti che Pozzecco ha radunato nella bella Trento, la città italiana dove si vive meglio, cultura, sport, arte, disegno, musica, passione. Dopo lunga astinenza olimpica una squadra un po’ più forte di quella che andrà in campo nel preolimpico in Portorico beffando i serbi a casa loro si guadagnò un biglietto a cinque cerchi anche se poi in Asia divenne riso stracotto. Adesso dobbiamo credere davvero che questa Azzurra andrà in campo protetta dall’affetto di tutti come dice Pozzecco, come sogna Petrucci che intanto alza il calice per brindare al ritorno in serie A di Trapani che si era vista nella massima serie 32 anni fa. Considerando come si vive fra le belle nuvole sopra l’Etna ci lasciamo offrendo pagelle multiformi ai pochi che ancora leggono e non ascoltano anche voci stonate.

10 A PETERSON col suo nuovo libro e BIANCHINI per quello che scrive e dice perché sono sempre loro i due giganti anche se la finale dello scudetto porterebbe i riflettori su altri perché MESSINA e BANCHI hanno titoli e carisma per stare al centro della scena.

9 Per Andrea DIANA allenatore della TRAPANI neopromossa se al momento dei brindisi non dimenticherà di ringraziare anche chi ha guidato una squadra bella e complessa prima di lui perdendo il posto dopo una coppa andata male, almeno secondo il presidente vulcanico che alla città ha dato tanto anche per il calcio.

8 A BRUTO AMAR ALIBEGOVIC protagonista nella partita decisiva di Trapani  al PalaDozza nel regno della FORTITUDO dove suo padre è anche il vicepresidente.

7 Ad ARMANI e ZANETTI i grandi che sostengono le regine del nostro basket se non manderanno al diavolo chi mette sempre in competizioni  televisive impossibili da vincere le finali scudetto che pur avendo palazzi esauriti perdono poi il confronto nella guerra dei bottoni sul telecomando.

6 A Danilo GALLINARI che ha trovato la strada per arrivare in Trentino, ossigenarsi a Folgaria e dare speranza alla Nazionale di avere un campione in piena salute e con voglia di far vedere quello che l’ultimo anno in NBA gli ha negato.

5 All’ATLETICA meravigliosa con Italia al centro, al tennis, alla pallavolo, a tutti i grandi sport che rubano la scena  a questo basket masochista che mette in competizione, nella stessa sera, poi, finale scudetto, e finali per la promozione, la prima su DMAX ed affini, la seconda su RAI Sport dove, per fortuna, telecronisti appassionati non negano ai loro spettatori informazioni su quanto avviene al piano di sopra.

4 Agli ARBITRI disuniti che litigano prima, durante e dopo ogni partita. Partiti diversi come in magistratura e chi non ha santi in quel paradiso deve star fuori a rodersi il fegato.

3 A Jannik SINNER che si è preso giustamente tutte le prime pagine lasciando al basket soltanto polvere di stelle.

2 Al BARCELLONA che ha licenziato dopo una sola stagione il povero GRIMAU a cui aveva  dato una squadra senza spina dorsale come dimostravano tacendo il suo pubblico e il Navarro campione ora nella sala dei bottoni.

1 All’EUROLEGA se davvero terrà l’Italia e le sue società in secondo piano soltanto perché abbiamo palazzi fatiscenti, strutture da piccolo mondo antico.

0 A PISTOIA se dopo la splendida stagione perderà la sua voglia di stupire lasciando andare chi le ha dato ali per volare vicino ad un sole che pensava di non poter raggiungere. Caro ROWAN tieni compatta la squadra.


Ferrari batte Fiat 500

 Si vendono più Ferrari che Fiat 500 elettriche. È stata una delle notizie più commentate degli ultimi giorni, anche con toni sorpresi, come se il flop dell'auto elettrica non fosse sotto gli occhi di tutti. E noi la ricicliamo subito dopo le elezioni europee, come dettaglio fra i mille che possono spiegare l'avanzata dei partiti anti-europeisti (sempre dietro alla normale osservazione degli spacciatori maghrebini con l'ufficio nei pressi del videopoker) o euroscettici. Nell'aprile 2024 sono state vendute un centinaio di 500 totalmente (quindi non ibride) elettriche, meno di di un decimo delle Ferrari (1.138) che nel 2023 sono state vendute in media ogni mese. Eppure le 500 elettriche costano di listino un decimo della Ferrari meno costosa: dovrebbe essere la Portofino, in zona 220.000 euro ma pensiamo con in dotazione a malapena il volante. Eppure i milionari con la passione per le auto sportive non sono certo di più degli appartenenti alla classe media con una coscienza ambientalista.

Il confronto è ovviamente improprio e serve per fare un titolo da click, ma la realtà è che la gente, trasversalmente al proprio pensiero politico (all'ultimo conteggio sono andati bene Fratelli d'Italia e PD), in Italia sta dicendo no all'auto elettrica. Al di là della 500, in aprile in Italia sono state vendute 3.173 auto full electric, il 20,5% in meno rispetto all'aprile 2023. La quota di mercato di questa auto calata dall'alto è del 2,3% contro il 3,2% di un anno fa. Male comunque anche le PHEV (traduzione: Plug In Hybrid, cioè il motore elettrico che coesiste con quello endotermico), mentre bene le più realistiche Mild Hybrid e Full Hibryd. In totale comunque l'ibrido vale in Italia il 41,2% delle nuove immatricolazioni, segno che l'opposizione all'auto elettrica non è di ignoranti, magari sovranisti e populisti, quando non addirittura negazionisti del cambiamento climatico, che vogliono vivere in mezzo all'inquinamento ma di persone che notano che per come è stata imposta l'auto totalmente elettrica è nel presente qualcosa che peggiora la vita..

Soffrono anche i costruttori-delocalizzatori, mendicanti di incentivi statali oggi più che mai, e nella sostanza, anche per un banale discorso di materie prime e di costo del lavoro, esultano soltanto i cinesi. In pratica da noi può resistere la fascia alta, quando non direttamente il lusso. Quindi non si vede perché l'Unione Europea non possa tornare sulla sua demenziale decisione dell'anno scorso (con l'astensione dell'Italia, della Bulgaria e della Romania) riguardante lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035. Un caso da manuale di cittadino che vota, in questo caso consuma, in maniera diversa rispetto ai desiderata della gente che piace. Tutto questo per dire che il primo problema dell'Europa non è l'auto elettrica o quella a benzina, ma il fatto che gli ideali europei lascino freddi e siano percepiti, anche quando non lo sono, come una serie di imposizioni nel nome di una élite. In Italia questo vento c'è ma non ha ancora generato estremismi, se non appunto all'italiana, in Francia e Germania la cosa sta prendendo un'altra piega: c'è un po' un clima da ultima chance, prima che cambi in maniera strutturale il corpo elettorale. Non da noi, va detto, dove il plebiscito dei consumatori non si traduce direttamente in voti. Anche perché per certe dinamiche siamo, per fortuna, dieci anni indietro rispetto ad una normale città francese. Il nostro primo problema è ancora la Ferrari.

 


09 giugno 2024

Le migliori canzoni di Don Backy


Nelle scorse settimane abbiamo seguito l'ennesima polemica, questa modernamente via social network, fra ex componenti del Clan di Celentano. Protagonisti Don Backy, che oggi iscriviamo all'ugualmente polemico Festival di Indiscreto, e Ricky Gianco: le solite storie di chi ha scritto cosa (al di là del dettaglio che spesso si trattasse di cover, quando non di plagi) e di amore-odio nei confronti dell'immenso Adriano. Di sicuro Don Backy, all'anagrafe Aldo Caponi, è fra i componenti del Clan quello che davvero ha brillato di luce propria, come interprete e come autore, per Celentano (fra le altre cose ha scritto il testo di Pregherò) e per altri, in mezzo a controversie legali che spesso lo hanno visto vincitore.

Don Backy diventa un personaggio nazionalpopolare nel 1967, a 28 anni, quando porta al Festival di Sanremo L'immensità, scritta da lui, Detto Mariano (altro personaggio fondamentale del Clan) e Mogol. La canzone, presentata in tandem con Johnny Dorelli, arriva nona nel Festival ricordato soprattutto per il suicidio di Luigi Tenco, ma a livello di vendite è un successo clamoroso e diventerà uno dei brani più coverizzati nella storia della musica italiana: fra le varie versioni la nostra preferita è quella di Gianna Nannini, fra l'altro in gioventù davvero fan di Don Backy. Al Festival torna l'anno dopo, ma soltanto come autore di successo: la sua Casa Bianca, eseguita da Ornella Vanoni e Marisa Sannia, arriva seconda dietro a Canzone per te di Sergio Endrigo, ma soprattutto Canzone, cantata da Celentano e Milva, arriva terza. Più tardi Don Backy si riapproprierà di Canzone anche come interprete, facendo dimenticare la versione sanremese, eseguita in maniera scazzata, di Celentano.

Un litigio per i diritti di Casa Bianca e altri rancori personali portano in quel 1968 alla rottura con il Clan: Don Backy adesso viaggia da solo, come musicista ed anche come attore in film di Serie A e soprattutto B (di cultissimo Elena sì.. ma di Troia, nel filone decamerotico). La terza canzone di Don Backy in gara è Sognando, che spopola nel 1976: capolavoro che parla di disagio mentale decenni prima che diventi di moda (al punto che il riferimento è diventato Fedez, fra una spedizione punitiva e l'altra), è il punto più alto della sua parabola, perché da lì in poi anche se farà tante cose nuove sarà sempre ingabbiato nel revival, suo personale e dell'ormai detestato Clan. L'idea di molti è che dimenticati i personaggi nella storia della musica Don Backy sarà ricordato più di Celentano, anche se nel presente non è così e lui con atteggiamenti un po' alla Gasperini evidentemente ne soffre.

06 giugno 2024

NBA o Serie A?

NBA o Serie A? Proprio mentre le finali di entrambi i campionati, Boston Celtics-Dallas Mavericks e Olimpia Milano-Virtus Bologna, sono all’inizio, bisogna porsi questa domanda apparentemente strampalata, da tanta che è la differenza sportiva, finanziaria e culturale fra la NBA ed il resto del mondo. Un solco che oltretutto si sta allargando, visto che con l’ingaggio annuale del sesto dei Celtics (Horford) o dei Mavs (Kleber), nell’ordine dei 10 milioni di dollari, è quasi pari all’intero budget della Virtus per i giocatori, stando a Baraldi. Inutile rimpiangere gli anni Ottanta e Novanta, non torneranno più ed è proprio per questo che una produzione locale di giocatori servirebbe oggi più di allora. La domanda ‘NBA o Serie A?’ sta comunque in piedi perché i pubblici di riferimento in Italia sono molto diversi, anche se ovviamente chi segue la NBA bene o male sa che esistono Olimpia e Virtus, così come vale il contrario. Da una parte gli appassionati, soprattutto giovani, e dall’altra i tifosi attaccati alla storia, all’identità e al campanile: solo così si potrebbe spiegare ad un marziano perché molti di noi sono più interessati a Melli e Belinelli che a Tatum e Doncic.


Nella NBA i Celtics sono i netti favoriti, in una serie dove a vincere sarà di sicuro la NBA visto che questa è la settima finale diversa negli ultimi sette anni: c’è chi ha come obbiettivo l’equità competitiva e chi vibra per un sistema con grandi e cenerentole, anche se nella pallacanestro italiana le carte vengono spesso rimescolate da fallimenti e squalifiche. La Boston allenata dal giovanissimo, 35 anni (nella NBA questo tipo di percorso non è però raro), Joe Mazzulla, ha dominato la stagione regolare e nei playoff è arrivata in fondo quasi fischiettando, pur con mezzo Porzingis che sembra però adesso sul punto di rientrare. Curioso come Porzingis con Dallas e Kyrie Irving con Boston si siano lasciati male, ed adesso provino a vincere l’anello (Irving c’è già riuscito con i Cavs versione LeBron) sull’altra sponda. Per i Celtics, che non vincono dal 2008 (era la squadra di Pierce e Garnett) sarebbe il diciottesimo anello, per i loro avversari il secondo dopo quello vinto nel 2011 dalla squadra di Dirk Nowitzki, con Jason Kidd che era in campo mentre oggi i Mavericks li allena.

In Italia si comincia con Virtus-Olimpia e si andrà avanti almeno fino a gara3, grazie all’intelligente scelta di asciugare un po’ queste serie. E addirittura in Lega circola l’ipotesi di tornare al vincita-rivincita-eventuale bella degli anni Settanta-Ottanta, se non addirittura a partite secche, pompando bene l’evento. Per adesso ci accontentiamo di non andare oltre gara5 (l’anno scorso si chiuse a gara7 con lo scudetto milanese), anche se di sicuro la sfida è piena di interesse anche per il ristretto numero degli appassionati puri. Al di là del discorso ex, ricordando che a Bologna Ettore Messina ha vinto tutto e che Banchi è l’allenatore che riportò lo scudetto a Milano dopo 18 anni, e del futuro, con strane voci per entrambe le panchine (Messina solo dirigente e Banchi con offerta da altre squadre di Eurolega), conta il presente. La Virtus ha un nucleo italiano (Belinelli, Hackett, anche lui ex, Pajola, Polonara e Abass, altro ex) più decisivo, senza dimenticare che l’uomo decisivo sarà in ogni caso Shengelia e che ci sono problemi fisici (Lundberg e Zizic), mentre in una stagione segnata da infortuni Messina insegue il terzo sciudetto della sua vita milanese con una squadra in buona salute, che ha superato bene il clamoroso fallimento in Eurolega ed ovviamente è legata alle prestazioni di Shields e Mirotic. In ogni caso è la quarta finale consecutiva (la Virtus ha vinto la prima, l’Olimpia le altre) per lo scudetto fra le stesse due sqyadre e non c’è alcun segnale, nemmeno il parziale dimpegno di Zanetti, che le cose possano cambiare nei prossimi anni. Per quanto visto finora nei playoff Milano ha qualcosa in più, anche come freschezza.

Quanto vale l'oro


Quanto vale l'oro? Risposta da compitino a questo quesito da e per Google: 2.360 dollari all'oncia, mentre stiamo scrivendo queste righe, per usare il parametro più diffuso, o se preferite circa 70 euro al grammo (un'oncia è 28,3 grammi). Ovviamente la domanda non è questa, ma riguarda l'opportunità di investire in oro dopo una lunga e stimolante discussione avvenuta l'altro giorno con un supercompetente, anche in buona fede perché non aveva qualcosa da venderci. Senza stare a copiare i grafici che tutti vediamo sul web, si può dire che sia in termini nominali sia in dollari rettificati con il potere d'acquisto l'oro si trovi sui suoi massimi storici. E quindi? Corriamo dall'elegante Compro Oro sotto casa con il lingottino, l'anello, la sterlina della Prima Comunione? Nella foto una sterlina d'oro uguale a quella che ci regalarono nel 1976, quando ricevemmo il sacramento nella chiesa intitolata ai Santissimi Nabore e Felice.

Risposta: non ancora, a meno di averne bisogno per mangiare o per l'abbonamento a DAZN. Perché le varie guerre e le incertezze politiche in mezzo mondo stanno rendendo gli acquisti di oro, chiaramente come riserva di valore, sempre più una scelta moderna nonostante la fine di Bretton Woods (ormai più di mezzo secolo fa) e quindi del sistema di cambi che aveva come architrave la convertibilità dei dollari in oro. Una scelta, questa della nuova corsa all'oro, non soltanto della Russia della situazione, stato o privati di grossa cilindrata (possono fregarti il Chelsea, ma non lingotti tenuti in Svizzera), ma anche del fu Occidente: la Banca d'Italia è una di quelle nel mondo con più oro (2.452 tonnellate, abbiamo letto sul suo sito, quasi come la Bundesbank ma più, per dire, della Cina) e sembra voglia andare avanti. In ogni caso consigliamo come lettura serale questo riassunto riguardante l'evoluzione del 'nostro' oro: la cosa che ci ha più impressionato è che alla fine del vecchio mondo monetario, quindi l'inizio degli anni Settanta, le riserve auree dell'Italia fossero circa le stesse di oggi. Qualcuno dà per scontata una guerra? Saremmo contenti solo per quelli che "Il turismo è il nostro petrolio".

A favore dell'oro anche questo periodo di taglio dei tassi, visto che per sua natura l'investimento in oro è improduttivo, ma non volevamo andare sui massimi sistemi perché anche fra le persone comuni, anche fra i giovani, stiamo notando una maggiore propensione a regalare o comprare oro nell'ottica (tutta da dimostrare) che sia qualcosa di solido, di trasportabile in caso di disastro (cosa che non è il monolocale per designer norvegesi o fuoricorso pugliesi criptogay), di poco soggetto alle scelte della politica e per certi aspetti paradossalmente (visto quanto è antico) decentralizzato e relativamente scarso come potrebbe esserlo un Bitcoin. Domanda finale: comprare (anche ETF, ovviamente), tenere, vendere oro? Nella nostra ignoranza siamo per tenere, a meno di non essere trascinati nella Terza Guerra Mondiale. La parola ai competenti ma soprattutto agli incompetenti, perché i soldi sono i loro.

05 giugno 2024

Per chi votare alle Europee 2024


Per chi votare alle Europee 2024? In questo fine settimana, sabato 8 giugno dalle 15 alle 23 e domenica 9 giugno dalle 7 alle 23, in Italia si voterà per il il rinnovo dei nostri, si fa per dire, 76 parlamentari europei e confessiamo che, pur essendo da sempre interessati alla politica, sentiamo queste elezioni ancora meno di quanto sentiamo gli Europei di calcio. Eppure quello europeo è da sempre un voto ideologico, quindi in teoria dovrebbe scaldare di più rispetto agli altri dove contano le alleanze, le convenienze e le mitiche 'persone'. Inoltre i leader dei principali partiti, dalla Meloni alla Schlein a Conte, ma anche di quelli minori, hanno fatto a gara nell'usare i toni più duri, quelli più da titolo. Niente, siamo scarichi e forse anche bolsi (presto proporremo il bolsometro).

Detto questo, proponiamo il nostro solito sondaggio, con voto segreto anche se il bello è dichiararlo e discuterne, in questo spazio dove commenteremo previsioni, svolgimento, exit poll e risultati reali di queste elezioni che in ogni caso avranno riflessi anche sulla politica italiana, ricordando lo sbarramento del 4% dei voti validi espressi, che mette diversi partiti sul filo delll'esclusione. Nel 2019 stravinse la Lega, con il 34,26% dei voti, davanti al PD in tandem con Siamo Europei (cioè Calenda) con il 22,74. A seguire i 5 Stelle con il 17,06, Forza Italia con l'8,78, Fratelli d'Italia con il 6,44. Sotto il 4%, paradossalmente ma non troppo, due partiti con Europa nel nome, come +Europa (3,11% insieme a una specie di movimento dei sindaci) ed Europa Verde, cioè i Verdi di Bonelli. L'ultimo partito-alleanza sopra l'1%, ci perdonino gli altri se non li citiamo, la Sinistra di Fratoianni con l'1,75%, dove c'era dentro un po' di tutto (anche i resti dell'indimenticata lista Tsipras, purtroppo non Tsitsipas).

Venendo all'attualità, bisogna dire che i partiti sono rimasti più o meno quelli e che quindi un confronto con cinque anni fa, pur in un'Italia profondamente diversa (primo governo Conte, alleanza 5 Stelle-Lega), ci può stare. L'ultimo sondaggio IPSOS, pubblicato sul Corriere della Sera, dice Fratelli d'Italia 26,5%, PD 22,5%, 5 Stelle 15,4%, Forza Italia 9,2%, Lega 8,6%, Alleanza Verdi Sinistra 4,6%, Stati Uniti d'Europa (cioè vari movimenti, soprattutto +Europa e Italia Viva) 4,1%, Azione 3,6%, Libertà (vari gruppi, ma soprattutto il Sud chiama Nord di Cateno De Luca) al 2% e Pace Terra Dignità (vari gruppi, con Santoro frontman) all'1,9%. Proponiamo anche il controsondaggio: per chi non votereste mai? Ma in concreto, per chi votare alle Europee 2024? La nostra serietà è dimostrata dal fatto che non proponiamo l'opzione De Zerbi, un cui movimento supererebbe facilmente il 4%.

04 giugno 2024

The Rossellinis

 Fra le tante cose che ci siamo segnati di vedere su RaiPlay, secondo la prima legge dello streaming (passi più più tempo a cercare cose da guardare che a guardarle), finalmente ne abbiamo vista una: The Rossellinis, il film del 2020 di Alessandro Rossellini che è riduttivo definire documentario. Perché se il filo conduttore è la storia della famiglia Rossellini, schiacciata dal mito di Roma città aperta, il racconto ha il passo di una commedia che si mescola a tragedia, con protagonista proprio il regista. In questo caso, diversamente dal nonno, con un solo film nel curriculum: questo. Arrivato dopo una vita piena di episodi poco edificanti, dalla droga alle continue richieste di soldi alla zia Isabella, raccontati senza farsi sconti.

Ed il fascino del film sta proprio qui: la durezza estrema con cui viene raccontata una famiglia allargatissima che oggi ai più giovani dice poco ma che per almeno tre decenni ha alimentato le cronache e i pettegolezzi. Una durezza sfociata in scelte di vita anche estreme, condivisa dai sei figli di Roberto Rossellini (uno di questi, Renzo, è il padre di Alessandro), dalle ex mogli e dai troppi parenti. Al punto che paradossalmente la persona più normale di tutti sembra Ingrid Bergman, che per amore scelse di mettersi in stand-by a Hollywood e girare per qualche anno bruttissimi film in Italia, lottando per recuperare i figli che le erano stati tolti con una sentenza che oggi sarebbe incredibile.

Alessandro Rossellini va in giro per il mondo, dalla Svezia al Qatar a New York, ad ascoltare il punto di vista di tutti e a farsi trattare male da tutti, con lo spettatore che vista la sua sgradevolezza ostentata fa naturalmente il tifo per chi lo tratta male. Senza dubbio la capofamiglia è Isabella, l'unica capace di accettare la luce riflessa dei genitori (lei è una dei tre figli, su sei, di Rossellini avuti con la Bergman) e quindi di sfruttarla, mentre gli altri hanno tutti in qualche modo provato a smarcarsi. Su tutti Robertino, ex stella del jet-set e noto a noi popolo bue per il suo fidanzamento con Carolina di Monaco, che vive appartato in Svezia nella vecchia e bellissima casa della madre, che in un'intervista (non in The Rossellinis, anche se esprime gli stessi concetti) disse una volta: "Meglio essere spettatori intelligenti che cattivi registi o attori".


Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...