13 giugno 2024

Quanto costa mantenere un gatto


Quanto costa mantenere un gatto o un cane? Insomma, un animale domestico di quelli più diffusi. Abbiamo letto una notizia basata su una ricerca di Changes Unipol elaborata dall'IPSOS, secondo cui la spesa per un animale domestico supera i 1.000 euro l'anno. Sui 70 euro al mese di media per un gatto o un cane, a cui aggiungere 180 euro l'anno per spese veterinarie. Siccome facciamo parte del 56% degli italiani che possiede, ci piace dire 'gestisce', almeno un animale domestico (causa troppo dolore nell'età adulta siamo stati senza solo due mesi nel 2021), questi dati ci hanno fatto riflettere.

Anche in positivo, visto che i Millennial sono la fascia di età che maggiormente considera l'animale come un membro della famiglia (all'85%), mentre per noi X e ovviamente per i Boomer (quelli veri e non quelli che semplicemente dicono che rap e trap fanno schifo) la percentuale scende. Detto che ogni razza, oltre che ogni specie, ha esigenze e quindi costi diversi dalle altre, senza contare le dimensioni, abbiamo fatto due conti con la nostra amata Soraya, principessa meno triste della Soraya originale e alla quale presto affiancheremo un compagno. Un gatto più centrato sull'umido che sul secco può costare quasi 2 euro di umido (senza andare al risparmio, stando in zona Schesir, piuttosto diamo la disdetta a Sky) al giorno e circa 10 euro di secco alla settimana, quindi di pura alimentazione non lontano dai 100 euro al mese.

È chiaro che un gatto più amante del secco, e ce ne sono tanti che al di fuori dei croccantini mangiano quasi niente, costi meno di alimentazione, per non parlare di un gatto che venga nutrito con avanzi (ma in questo caso ci sono diversi alimenti pericolosi, il risparmio di oggi è l'intervento chirurgico di domani). Anche per un cane vale il discorso secco-umido, con quantità ben diverse da quelle del gatto: senza fare l'esempio estremo degli alani, per anni abbiamo vissuto di fianco a due bellissimi, il cibo umido per un cane di taglia media supera tranquillamente i 1500 euro l'anno, quindi aggiungendo secco, visite mediche e tutte quelle altre cose che i proprietari di cani sanno non è strampalato dire che a parità di salute il cane costi almeno il doppio del gatto (e un ventesimo di un figlio, anche se il figlio fa risparmiare su altre cose). Inutile citare i casi particolari, perché abbiamo frequentato gatti bisognosi di cure pesanti e cani da battaglia, ma in generale si può dire che siano stati e saranno i soldi meglio spesi della nostra vita.

Jerry West

 Chi è stato Jerry West? No, non intendiamo quelle poche righe di coccodrillo su uno dei più grandi giocatori, e di sicuro il più grande costruttore di squadre (nessuno ha mai creato nella NBA tre diversi cicli vincenti, lui lo ha fatto due volte ai Lakers e poi agli Warriors), di tutti i tempi, ma su chi è stato davvero. Personaggio straordinario, capace di raccontarsi in un libro bellissimo, West by West - My charmed, tormented life (se fossimo gente seria e non quaquaraquà compreremmo i diritti per l'Italia), che affascina per come West abbia attraversato quasi un secolo di America in situazioni molto diverse e sempre con disagio, mai godendosi i successi. Di seguito qualche cosa che ci eravamo appuntati ai tempi, per costruirci intorno riflessioni mai fatte.

L'episodio decisivo della vita di West è la morte del fratello David nella Guerra di Corea. Jerry aveva 13 anni, abitava in un paesino di minatori (di carbone) in West Virginia ed aveva un padre che lo picchiava a sangue e minacciava di ammazzarlo, al punto che lui si era abituato a dormire con un fucile sotto al letto per eventualmente ammazzarlo prima lui. Unico amico, è sempre West che parla-scrive, il classico canestro in giardino, solo che il giardino era quello dei vicini. Il padre sarebbe diventato più gentile all'aumentare del successo di Jerry, campione statale con la high school, quasi campione NCAA con West Virginia, oro olimpico a Roma e poi 14 anni nei Lakers prima di fare l'allenatore (abbastanza bene) e il dirigente.

West è spesso stato molto critico nei confronti di un sistema che governa la gente usando la sua stessa ignoranza e se l'è presa sia con gli industriali sia con i minatori (suo padre non lo era in senso stretto, era l'elettricista della miniera), che preferiscono spendere per una macchina nuova che per l'istruzione dei figli. Si rendeva conto di essere lui stesso parte del sistema ed infatti soprattutto negli ultimi anni rimpiangeva il fatto di avere rifiutato dopo la carriera da giocatore molte proposte di candidatura: "Da politico puoi fare la differenza, da personaggio della pallacanestro no, anche se sei famoso. La glorificazione degli atleti è senza senso".

West era il bianco più forte in una NBA di dimensioni ridotte e di interesse nemmeno paragonabile a quello di oggi, già con i campioni in larga maggioranza neri. Ringraziò Fred Schaus, suo coach ai Lakers, per avere istituito la regola che ogni Laker dovesse stare in stanza, se possibile, con uno di un'altra razza. Il rispetto dei giocatori neri, dall'amico Elgin Baylor ad altri, sarebbe stato fondamentale per il successo come dirigente. Non  a caso gli spogliatoi delle sue squadre sono stati sempre buoni ambienti, anche se frequentati da gente con personalità molto diverse. Soltanto lui poteva far funzionare insieme per un decennio Magic e Kareem, e la prova si è avuta con Kobe-Shaq con i Lakers di West e Kobe-Shaq senza West.

La carriera di West è il festival del What if. I due più grossi sono conosciuti da tutti. Al draft del 1960 era lui il grande obbiettivo di Red Auerbach, che fece l'impossibile per portarlo ai Celtics tramite scambi: ci fosse riuscito non sarebbe diventato il personaggio NBA più odiato da West, al di là di quanto già odiasse i Celtics. Il secondo è quello riguardante Julius Erving, sul quale lo West allenatore dei Lakers avrebbe voluto costruire una dinastia: Doctor J e Jabbar, non male. Ma Jack Kent Cooke, l'uomo che avrebbe svenduto i Lakers a Jerry Buss, si oppose perché riteneva gli ex ABA giocatori da circo.


12 giugno 2024

McEnroe o Swiatek?

 John McEnroe o Iga Świątek? O meglio: le donne si devono truccare per piacere di più agli uomini? Una battuta di McEnroe durante il Roland Garros ("Si sarebbe truccata la Lancome l'avesse pagata un po' di più?") è diventata fonte di polemica, con il più talentuoso tennista di tutti i tempi nei panni mediatici del maschilista becero e la numero 1 del mondo, testimonial della Lancome (infatti le sue foto da truccata non mancano, fuori dal campo), che ha lasciato rispondere altri per lei. Ma al di là del giornalisticamente corretto, che ovviamente è dalla parte della campionessa polacca, ci sono anche le persone reali e noi nella realtà quotidiana non conosciamo una sola donna adulta che non si trucchi. Di più: ne conosciamo anche qualcuna che si trucca solo per far piacere al marito-fidanzato-compagno o possibile tale.

Magari in poche si truccano per giocare a tennis (ma di sicuro nessuna si strucca per andare in palestra, anzi), senza contare il fatto che la maggioranza usa un trucco così leggero da far pensare agli uomini inesperti, poco interessati alla materia e non criptogay che i visi che vediamo siano tutti frutto della natura. Un po' come quando diciamo, in sintesi, "Le ragazze di oggi sono tutte fighe mentre ai nostri tempi no". Ed invece dietro al trucco femminile, qui per un attimo siamo seri, c'è molto di più che una serie di prodotti impressionante, dal fondotinta alla cipria, dal rossetto al mascara a mille altre cose con varianti oltre la follia, come il mascara che stimola la crescita delle ciglia. Un investimento di soldi, di tempo, di speranze, per attirare l'attenzione di uno magari più interessato al futuro di Sarri o di Zaniolo.

Facile dire e scrivere che una donna dovrebbe piacere soprattutto a sé stessa, ma se al mondo fossimo soli o sole probabilmente staremmo sul divano con la tuta acetata della Legea (modello massaggiatore del Casarano o carcerato in carriera) a guardare film anni Ottanta mangiando tonnellate di Pizza Ristorante della Cameo: stiamo evidentemente descrivendo il Paradiso. Qui invece siamo animali sociali e più diciamo di bastare a noi stessi più in realtà cerchiamo di attirare l'attenzione. Ma in concreto a una figlia, nel 2024, diremmo di truccarsi? Dietro al trucco c'è di più: millenni di storia, di sudditanza nei confronti della cultura maschile (le donne musulmane si truccano come le altre, su Vanity Fair abbiamo addirittura letto di cosmetica halal), di condizionamenti sociali. McEnroe o Swiatek?


11 giugno 2024

Il flop di Roma 2024

 Gli Europei di atletica di Roma 2024 stanno dando all'Italia medaglie come non mai, però dal punto di vista organizza


tivo sono un flop pazzesco. E proprio i risultati degli italiani, mentre scriviamo queste righe 8 ori, 6 argenti e 3 bronzi, li rendono ancora più un flop. Sorvolando sul deserto delle sessioni mattutine, nelle quattro serate che finora abbiamo seguito soltanto in quella di sabato, quella per intenderci dei 100 di Jacobs, c'è stato un pubblico significativo. Da notare che l'Olimpico per questo Europeo ha una capienza ridotta, intorno ai 40.000 spettatori, e quindi i vuoti che si notano sono ancora più imbarazzanti. Un flop nel quasi totale silenzio degli addetti ai lavori e del resto negli ambienti più piccoli funziona così: siamo tutti sulla stessa barca, andiamo a cena insieme, siamo amici, insomma la parrocchietta.

Il Fatto Quotidiano ha rivelato l'esistenza di una mail in cui il CEO di European Athletics definisce disastrosa l'organizzazione, ma agli appassionati il flop era stato annunciato quasi ufficialmente con le imbarazzanti pubblicità a tutta pagina di settimana scorsa, su giornali sportivi e non, che proponevano sconti del 40%. Sconti del 40%? Chi ha comprato i biglietti prima si sarà sentito uno stupido e chi non era interessato all'atletica non li avrebbe voluti nemmeno gratis, o a quel prezzo di un euro simbolico che ha consentito alle scolaresche di riempire qualche vuoto. Al di là dei tanti tutto esaurito dell'era Mourinho, inimmaginabile che la Roma proponga biglietti con sconto del 40% per una partita di cartello. Nel 2024 gli Europei sarebbero comunque il secondo evento dell'atletica dopo le Olimpiadi di Parigi...

Cosa vogliamo dire? Con dolore, precisiamo, visto che in diretta o in differita abbiamo seguito finora ogni gara. Vogliamo dire che ogni sport ha le sue dimensioni e il suo numero di appassionati: i Friedkin non è che abbiano acquistato spazi pubblicitari per avere 64.000 spettatori a Roma-Salernitana, Stefano Mei non è che possa inventarsi cultori dell'atletica che non esistono. Certo con una campagna di marketing non improvvisata all'ultimo momento 40.000 persone ogni sera all'Olimpico le poteva portare, ma il discorso di fondo non cambia. A questo va aggiunto che per la sensibilità odierna tante specialità siano per il pubblico generalista respingenti: tutti i salti, tranne quando c'è un campionissimo o un personaggio, tutti i lanci, la marcia anche dopo le riforme, per non parlare della stupidaggine delle tre semifinali che ormai sembra un dogma indiscutibile.

Rimaniamo della solita idea: l'atletica non può essere venduta come uno spettacolo, perché rappresenta una cultura e un modo di vedere lo sport molto particolari. Che mal si conciliano con il professionismo, le pagliacciate ed anche i grandi numeri, tolti alcuni eventi in alcuni paesi (ma il Letzigrund di Zurigo, per dire, non arriva a 26.000 spettatori), senza comunque la possibilità di creare davvero un 'circuito' o un 'campionato', come si tenta di fare dai tempi di Primo Nebiolo, visto che questo sport vive di picchi di forma e comunque sottopone a sollecitazioni estreme. Non significa che quelli dell'atletica siano migliori, come quelli delle parrocchiette spesso si sentono (il gesto idiota di Riva a Petros è inferiore anche agli standard del calcio), ma che gli sport sono diversi e non è obbligatorio farseli piacere tutti. Conclusione: in qualche modo l'Olimpico si poteva riempire, e comunque la FIDAL non lo ha fatto, ma l'interesse che genera l'atletica è più o meno questo che si vede.

 

10 giugno 2024

Belli e invisibili

 Oscar Eleni boicottato dal sistema, dai calendari, costretto a parlare con le nuvole lenticolari, le bellissime figlie della contessa che domina i venti sopra l’Etna, perché tutto si muove. Mondo dello sport senza fine e senza meta con l’atletica che domina la scena e il basket costretto a fare da cavalier servente lasciando i grandi ascolti senza mandare al diavolo chi obbliga il teleudente, o telemorente come dicono i saggi, a fare scelte dolorose come nella notte di Jacobs mentre la Milano dei gaudenti si mangiava le mani fino a non saperle più usare contro il giusto furore  della Virtus che pareggiando la serie scudetto ora ci costringerà ad un’altra dolorosa scelta domani sera, nel martedì dove l’Europeo si concederà al Tamberi capace di portare all’Olimpico anche il presidente della repubblica Mattarella.

Ali bruciate come hanno deciso anche dove una volta avevano spazio per il vecchio viandante. Pazienza. Rubrica maledetta e da macero anche se tutto fiorisce a parte la Ferrari che dopo una settimana di brindisi si è persa nelle pozzanghere canadesi. Speriamo non finisca senza voce come il telecronista focoso anche tutto il resto, ma certo è un momento di massimo gaudio per chi non credeva al piccolo mondo antico dello sport italiano dove c’è ancora una setta di poeti estinti e credenti. Viva la nuova atletica della generazione che ruba la bandiera ai soliti idioti, accenti meravigliosi su pelli ambrate, cervelli svegli fra mandriani di pecore.

Grande atletica, pazienza se l’Europa non è difficile da conquistare come sarà l’Olimpiade a Parigi, ma lasciateci cantare mentre i pallavolisti si sono guadagnati Parigi e le pallavoliste stanno per farlo, senza fare  ironia sulle tre finali del tennis in Francia dove Paolini ed Errani, oltre ai doppisti Bolelli e Vavassori hanno dovuto “accontentarsi” del piatto d’argento dei secondi arrivati, felici per Sinner anche se il numero uno adesso sembra il giovane spagnolo Alcaraz. Nella speranza che Spalletti trovi nei calciatori della sua Nazionale il cuore e non il telefonino pubblicizzato dal mister pur sapendo che il talento non è tantissimo. Ma la storia ci ha detto che l’Italia sfavorita ha sempre sorpreso e buttato giù dal carro chi la prendeva in giro prima e durante le grandi manifestazioni  ai tempi del grande Bearzot e della festa berlinese per i fuggiaschi dal calcio scommesse.

Speriamo vada così anche per i cestisti che Pozzecco ha radunato nella bella Trento, la città italiana dove si vive meglio, cultura, sport, arte, disegno, musica, passione. Dopo lunga astinenza olimpica una squadra un po’ più forte di quella che andrà in campo nel preolimpico in Portorico beffando i serbi a casa loro si guadagnò un biglietto a cinque cerchi anche se poi in Asia divenne riso stracotto. Adesso dobbiamo credere davvero che questa Azzurra andrà in campo protetta dall’affetto di tutti come dice Pozzecco, come sogna Petrucci che intanto alza il calice per brindare al ritorno in serie A di Trapani che si era vista nella massima serie 32 anni fa. Considerando come si vive fra le belle nuvole sopra l’Etna ci lasciamo offrendo pagelle multiformi ai pochi che ancora leggono e non ascoltano anche voci stonate.

10 A PETERSON col suo nuovo libro e BIANCHINI per quello che scrive e dice perché sono sempre loro i due giganti anche se la finale dello scudetto porterebbe i riflettori su altri perché MESSINA e BANCHI hanno titoli e carisma per stare al centro della scena.

9 Per Andrea DIANA allenatore della TRAPANI neopromossa se al momento dei brindisi non dimenticherà di ringraziare anche chi ha guidato una squadra bella e complessa prima di lui perdendo il posto dopo una coppa andata male, almeno secondo il presidente vulcanico che alla città ha dato tanto anche per il calcio.

8 A BRUTO AMAR ALIBEGOVIC protagonista nella partita decisiva di Trapani  al PalaDozza nel regno della FORTITUDO dove suo padre è anche il vicepresidente.

7 Ad ARMANI e ZANETTI i grandi che sostengono le regine del nostro basket se non manderanno al diavolo chi mette sempre in competizioni  televisive impossibili da vincere le finali scudetto che pur avendo palazzi esauriti perdono poi il confronto nella guerra dei bottoni sul telecomando.

6 A Danilo GALLINARI che ha trovato la strada per arrivare in Trentino, ossigenarsi a Folgaria e dare speranza alla Nazionale di avere un campione in piena salute e con voglia di far vedere quello che l’ultimo anno in NBA gli ha negato.

5 All’ATLETICA meravigliosa con Italia al centro, al tennis, alla pallavolo, a tutti i grandi sport che rubano la scena  a questo basket masochista che mette in competizione, nella stessa sera, poi, finale scudetto, e finali per la promozione, la prima su DMAX ed affini, la seconda su RAI Sport dove, per fortuna, telecronisti appassionati non negano ai loro spettatori informazioni su quanto avviene al piano di sopra.

4 Agli ARBITRI disuniti che litigano prima, durante e dopo ogni partita. Partiti diversi come in magistratura e chi non ha santi in quel paradiso deve star fuori a rodersi il fegato.

3 A Jannik SINNER che si è preso giustamente tutte le prime pagine lasciando al basket soltanto polvere di stelle.

2 Al BARCELLONA che ha licenziato dopo una sola stagione il povero GRIMAU a cui aveva  dato una squadra senza spina dorsale come dimostravano tacendo il suo pubblico e il Navarro campione ora nella sala dei bottoni.

1 All’EUROLEGA se davvero terrà l’Italia e le sue società in secondo piano soltanto perché abbiamo palazzi fatiscenti, strutture da piccolo mondo antico.

0 A PISTOIA se dopo la splendida stagione perderà la sua voglia di stupire lasciando andare chi le ha dato ali per volare vicino ad un sole che pensava di non poter raggiungere. Caro ROWAN tieni compatta la squadra.


Ferrari batte Fiat 500

 Si vendono più Ferrari che Fiat 500 elettriche. È stata una delle notizie più commentate degli ultimi giorni, anche con toni sorpresi, come se il flop dell'auto elettrica non fosse sotto gli occhi di tutti. E noi la ricicliamo subito dopo le elezioni europee, come dettaglio fra i mille che possono spiegare l'avanzata dei partiti anti-europeisti (sempre dietro alla normale osservazione degli spacciatori maghrebini con l'ufficio nei pressi del videopoker) o euroscettici. Nell'aprile 2024 sono state vendute un centinaio di 500 totalmente (quindi non ibride) elettriche, meno di di un decimo delle Ferrari (1.138) che nel 2023 sono state vendute in media ogni mese. Eppure le 500 elettriche costano di listino un decimo della Ferrari meno costosa: dovrebbe essere la Portofino, in zona 220.000 euro ma pensiamo con in dotazione a malapena il volante. Eppure i milionari con la passione per le auto sportive non sono certo di più degli appartenenti alla classe media con una coscienza ambientalista.

Il confronto è ovviamente improprio e serve per fare un titolo da click, ma la realtà è che la gente, trasversalmente al proprio pensiero politico (all'ultimo conteggio sono andati bene Fratelli d'Italia e PD), in Italia sta dicendo no all'auto elettrica. Al di là della 500, in aprile in Italia sono state vendute 3.173 auto full electric, il 20,5% in meno rispetto all'aprile 2023. La quota di mercato di questa auto calata dall'alto è del 2,3% contro il 3,2% di un anno fa. Male comunque anche le PHEV (traduzione: Plug In Hybrid, cioè il motore elettrico che coesiste con quello endotermico), mentre bene le più realistiche Mild Hybrid e Full Hibryd. In totale comunque l'ibrido vale in Italia il 41,2% delle nuove immatricolazioni, segno che l'opposizione all'auto elettrica non è di ignoranti, magari sovranisti e populisti, quando non addirittura negazionisti del cambiamento climatico, che vogliono vivere in mezzo all'inquinamento ma di persone che notano che per come è stata imposta l'auto totalmente elettrica è nel presente qualcosa che peggiora la vita..

Soffrono anche i costruttori-delocalizzatori, mendicanti di incentivi statali oggi più che mai, e nella sostanza, anche per un banale discorso di materie prime e di costo del lavoro, esultano soltanto i cinesi. In pratica da noi può resistere la fascia alta, quando non direttamente il lusso. Quindi non si vede perché l'Unione Europea non possa tornare sulla sua demenziale decisione dell'anno scorso (con l'astensione dell'Italia, della Bulgaria e della Romania) riguardante lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel entro il 2035. Un caso da manuale di cittadino che vota, in questo caso consuma, in maniera diversa rispetto ai desiderata della gente che piace. Tutto questo per dire che il primo problema dell'Europa non è l'auto elettrica o quella a benzina, ma il fatto che gli ideali europei lascino freddi e siano percepiti, anche quando non lo sono, come una serie di imposizioni nel nome di una élite. In Italia questo vento c'è ma non ha ancora generato estremismi, se non appunto all'italiana, in Francia e Germania la cosa sta prendendo un'altra piega: c'è un po' un clima da ultima chance, prima che cambi in maniera strutturale il corpo elettorale. Non da noi, va detto, dove il plebiscito dei consumatori non si traduce direttamente in voti. Anche perché per certe dinamiche siamo, per fortuna, dieci anni indietro rispetto ad una normale città francese. Il nostro primo problema è ancora la Ferrari.

 


09 giugno 2024

Le migliori canzoni di Don Backy


Nelle scorse settimane abbiamo seguito l'ennesima polemica, questa modernamente via social network, fra ex componenti del Clan di Celentano. Protagonisti Don Backy, che oggi iscriviamo all'ugualmente polemico Festival di Indiscreto, e Ricky Gianco: le solite storie di chi ha scritto cosa (al di là del dettaglio che spesso si trattasse di cover, quando non di plagi) e di amore-odio nei confronti dell'immenso Adriano. Di sicuro Don Backy, all'anagrafe Aldo Caponi, è fra i componenti del Clan quello che davvero ha brillato di luce propria, come interprete e come autore, per Celentano (fra le altre cose ha scritto il testo di Pregherò) e per altri, in mezzo a controversie legali che spesso lo hanno visto vincitore.

Don Backy diventa un personaggio nazionalpopolare nel 1967, a 28 anni, quando porta al Festival di Sanremo L'immensità, scritta da lui, Detto Mariano (altro personaggio fondamentale del Clan) e Mogol. La canzone, presentata in tandem con Johnny Dorelli, arriva nona nel Festival ricordato soprattutto per il suicidio di Luigi Tenco, ma a livello di vendite è un successo clamoroso e diventerà uno dei brani più coverizzati nella storia della musica italiana: fra le varie versioni la nostra preferita è quella di Gianna Nannini, fra l'altro in gioventù davvero fan di Don Backy. Al Festival torna l'anno dopo, ma soltanto come autore di successo: la sua Casa Bianca, eseguita da Ornella Vanoni e Marisa Sannia, arriva seconda dietro a Canzone per te di Sergio Endrigo, ma soprattutto Canzone, cantata da Celentano e Milva, arriva terza. Più tardi Don Backy si riapproprierà di Canzone anche come interprete, facendo dimenticare la versione sanremese, eseguita in maniera scazzata, di Celentano.

Un litigio per i diritti di Casa Bianca e altri rancori personali portano in quel 1968 alla rottura con il Clan: Don Backy adesso viaggia da solo, come musicista ed anche come attore in film di Serie A e soprattutto B (di cultissimo Elena sì.. ma di Troia, nel filone decamerotico). La terza canzone di Don Backy in gara è Sognando, che spopola nel 1976: capolavoro che parla di disagio mentale decenni prima che diventi di moda (al punto che il riferimento è diventato Fedez, fra una spedizione punitiva e l'altra), è il punto più alto della sua parabola, perché da lì in poi anche se farà tante cose nuove sarà sempre ingabbiato nel revival, suo personale e dell'ormai detestato Clan. L'idea di molti è che dimenticati i personaggi nella storia della musica Don Backy sarà ricordato più di Celentano, anche se nel presente non è così e lui con atteggiamenti un po' alla Gasperini evidentemente ne soffre.

06 giugno 2024

NBA o Serie A?

NBA o Serie A? Proprio mentre le finali di entrambi i campionati, Boston Celtics-Dallas Mavericks e Olimpia Milano-Virtus Bologna, sono all’inizio, bisogna porsi questa domanda apparentemente strampalata, da tanta che è la differenza sportiva, finanziaria e culturale fra la NBA ed il resto del mondo. Un solco che oltretutto si sta allargando, visto che con l’ingaggio annuale del sesto dei Celtics (Horford) o dei Mavs (Kleber), nell’ordine dei 10 milioni di dollari, è quasi pari all’intero budget della Virtus per i giocatori, stando a Baraldi. Inutile rimpiangere gli anni Ottanta e Novanta, non torneranno più ed è proprio per questo che una produzione locale di giocatori servirebbe oggi più di allora. La domanda ‘NBA o Serie A?’ sta comunque in piedi perché i pubblici di riferimento in Italia sono molto diversi, anche se ovviamente chi segue la NBA bene o male sa che esistono Olimpia e Virtus, così come vale il contrario. Da una parte gli appassionati, soprattutto giovani, e dall’altra i tifosi attaccati alla storia, all’identità e al campanile: solo così si potrebbe spiegare ad un marziano perché molti di noi sono più interessati a Melli e Belinelli che a Tatum e Doncic.


Nella NBA i Celtics sono i netti favoriti, in una serie dove a vincere sarà di sicuro la NBA visto che questa è la settima finale diversa negli ultimi sette anni: c’è chi ha come obbiettivo l’equità competitiva e chi vibra per un sistema con grandi e cenerentole, anche se nella pallacanestro italiana le carte vengono spesso rimescolate da fallimenti e squalifiche. La Boston allenata dal giovanissimo, 35 anni (nella NBA questo tipo di percorso non è però raro), Joe Mazzulla, ha dominato la stagione regolare e nei playoff è arrivata in fondo quasi fischiettando, pur con mezzo Porzingis che sembra però adesso sul punto di rientrare. Curioso come Porzingis con Dallas e Kyrie Irving con Boston si siano lasciati male, ed adesso provino a vincere l’anello (Irving c’è già riuscito con i Cavs versione LeBron) sull’altra sponda. Per i Celtics, che non vincono dal 2008 (era la squadra di Pierce e Garnett) sarebbe il diciottesimo anello, per i loro avversari il secondo dopo quello vinto nel 2011 dalla squadra di Dirk Nowitzki, con Jason Kidd che era in campo mentre oggi i Mavericks li allena.

In Italia si comincia con Virtus-Olimpia e si andrà avanti almeno fino a gara3, grazie all’intelligente scelta di asciugare un po’ queste serie. E addirittura in Lega circola l’ipotesi di tornare al vincita-rivincita-eventuale bella degli anni Settanta-Ottanta, se non addirittura a partite secche, pompando bene l’evento. Per adesso ci accontentiamo di non andare oltre gara5 (l’anno scorso si chiuse a gara7 con lo scudetto milanese), anche se di sicuro la sfida è piena di interesse anche per il ristretto numero degli appassionati puri. Al di là del discorso ex, ricordando che a Bologna Ettore Messina ha vinto tutto e che Banchi è l’allenatore che riportò lo scudetto a Milano dopo 18 anni, e del futuro, con strane voci per entrambe le panchine (Messina solo dirigente e Banchi con offerta da altre squadre di Eurolega), conta il presente. La Virtus ha un nucleo italiano (Belinelli, Hackett, anche lui ex, Pajola, Polonara e Abass, altro ex) più decisivo, senza dimenticare che l’uomo decisivo sarà in ogni caso Shengelia e che ci sono problemi fisici (Lundberg e Zizic), mentre in una stagione segnata da infortuni Messina insegue il terzo sciudetto della sua vita milanese con una squadra in buona salute, che ha superato bene il clamoroso fallimento in Eurolega ed ovviamente è legata alle prestazioni di Shields e Mirotic. In ogni caso è la quarta finale consecutiva (la Virtus ha vinto la prima, l’Olimpia le altre) per lo scudetto fra le stesse due sqyadre e non c’è alcun segnale, nemmeno il parziale dimpegno di Zanetti, che le cose possano cambiare nei prossimi anni. Per quanto visto finora nei playoff Milano ha qualcosa in più, anche come freschezza.

Quanto vale l'oro


Quanto vale l'oro? Risposta da compitino a questo quesito da e per Google: 2.360 dollari all'oncia, mentre stiamo scrivendo queste righe, per usare il parametro più diffuso, o se preferite circa 70 euro al grammo (un'oncia è 28,3 grammi). Ovviamente la domanda non è questa, ma riguarda l'opportunità di investire in oro dopo una lunga e stimolante discussione avvenuta l'altro giorno con un supercompetente, anche in buona fede perché non aveva qualcosa da venderci. Senza stare a copiare i grafici che tutti vediamo sul web, si può dire che sia in termini nominali sia in dollari rettificati con il potere d'acquisto l'oro si trovi sui suoi massimi storici. E quindi? Corriamo dall'elegante Compro Oro sotto casa con il lingottino, l'anello, la sterlina della Prima Comunione? Nella foto una sterlina d'oro uguale a quella che ci regalarono nel 1976, quando ricevemmo il sacramento nella chiesa intitolata ai Santissimi Nabore e Felice.

Risposta: non ancora, a meno di averne bisogno per mangiare o per l'abbonamento a DAZN. Perché le varie guerre e le incertezze politiche in mezzo mondo stanno rendendo gli acquisti di oro, chiaramente come riserva di valore, sempre più una scelta moderna nonostante la fine di Bretton Woods (ormai più di mezzo secolo fa) e quindi del sistema di cambi che aveva come architrave la convertibilità dei dollari in oro. Una scelta, questa della nuova corsa all'oro, non soltanto della Russia della situazione, stato o privati di grossa cilindrata (possono fregarti il Chelsea, ma non lingotti tenuti in Svizzera), ma anche del fu Occidente: la Banca d'Italia è una di quelle nel mondo con più oro (2.452 tonnellate, abbiamo letto sul suo sito, quasi come la Bundesbank ma più, per dire, della Cina) e sembra voglia andare avanti. In ogni caso consigliamo come lettura serale questo riassunto riguardante l'evoluzione del 'nostro' oro: la cosa che ci ha più impressionato è che alla fine del vecchio mondo monetario, quindi l'inizio degli anni Settanta, le riserve auree dell'Italia fossero circa le stesse di oggi. Qualcuno dà per scontata una guerra? Saremmo contenti solo per quelli che "Il turismo è il nostro petrolio".

A favore dell'oro anche questo periodo di taglio dei tassi, visto che per sua natura l'investimento in oro è improduttivo, ma non volevamo andare sui massimi sistemi perché anche fra le persone comuni, anche fra i giovani, stiamo notando una maggiore propensione a regalare o comprare oro nell'ottica (tutta da dimostrare) che sia qualcosa di solido, di trasportabile in caso di disastro (cosa che non è il monolocale per designer norvegesi o fuoricorso pugliesi criptogay), di poco soggetto alle scelte della politica e per certi aspetti paradossalmente (visto quanto è antico) decentralizzato e relativamente scarso come potrebbe esserlo un Bitcoin. Domanda finale: comprare (anche ETF, ovviamente), tenere, vendere oro? Nella nostra ignoranza siamo per tenere, a meno di non essere trascinati nella Terza Guerra Mondiale. La parola ai competenti ma soprattutto agli incompetenti, perché i soldi sono i loro.

05 giugno 2024

Per chi votare alle Europee 2024


Per chi votare alle Europee 2024? In questo fine settimana, sabato 8 giugno dalle 15 alle 23 e domenica 9 giugno dalle 7 alle 23, in Italia si voterà per il il rinnovo dei nostri, si fa per dire, 76 parlamentari europei e confessiamo che, pur essendo da sempre interessati alla politica, sentiamo queste elezioni ancora meno di quanto sentiamo gli Europei di calcio. Eppure quello europeo è da sempre un voto ideologico, quindi in teoria dovrebbe scaldare di più rispetto agli altri dove contano le alleanze, le convenienze e le mitiche 'persone'. Inoltre i leader dei principali partiti, dalla Meloni alla Schlein a Conte, ma anche di quelli minori, hanno fatto a gara nell'usare i toni più duri, quelli più da titolo. Niente, siamo scarichi e forse anche bolsi (presto proporremo il bolsometro).

Detto questo, proponiamo il nostro solito sondaggio, con voto segreto anche se il bello è dichiararlo e discuterne, in questo spazio dove commenteremo previsioni, svolgimento, exit poll e risultati reali di queste elezioni che in ogni caso avranno riflessi anche sulla politica italiana, ricordando lo sbarramento del 4% dei voti validi espressi, che mette diversi partiti sul filo delll'esclusione. Nel 2019 stravinse la Lega, con il 34,26% dei voti, davanti al PD in tandem con Siamo Europei (cioè Calenda) con il 22,74. A seguire i 5 Stelle con il 17,06, Forza Italia con l'8,78, Fratelli d'Italia con il 6,44. Sotto il 4%, paradossalmente ma non troppo, due partiti con Europa nel nome, come +Europa (3,11% insieme a una specie di movimento dei sindaci) ed Europa Verde, cioè i Verdi di Bonelli. L'ultimo partito-alleanza sopra l'1%, ci perdonino gli altri se non li citiamo, la Sinistra di Fratoianni con l'1,75%, dove c'era dentro un po' di tutto (anche i resti dell'indimenticata lista Tsipras, purtroppo non Tsitsipas).

Venendo all'attualità, bisogna dire che i partiti sono rimasti più o meno quelli e che quindi un confronto con cinque anni fa, pur in un'Italia profondamente diversa (primo governo Conte, alleanza 5 Stelle-Lega), ci può stare. L'ultimo sondaggio IPSOS, pubblicato sul Corriere della Sera, dice Fratelli d'Italia 26,5%, PD 22,5%, 5 Stelle 15,4%, Forza Italia 9,2%, Lega 8,6%, Alleanza Verdi Sinistra 4,6%, Stati Uniti d'Europa (cioè vari movimenti, soprattutto +Europa e Italia Viva) 4,1%, Azione 3,6%, Libertà (vari gruppi, ma soprattutto il Sud chiama Nord di Cateno De Luca) al 2% e Pace Terra Dignità (vari gruppi, con Santoro frontman) all'1,9%. Proponiamo anche il controsondaggio: per chi non votereste mai? Ma in concreto, per chi votare alle Europee 2024? La nostra serietà è dimostrata dal fatto che non proponiamo l'opzione De Zerbi, un cui movimento supererebbe facilmente il 4%.

04 giugno 2024

The Rossellinis

 Fra le tante cose che ci siamo segnati di vedere su RaiPlay, secondo la prima legge dello streaming (passi più più tempo a cercare cose da guardare che a guardarle), finalmente ne abbiamo vista una: The Rossellinis, il film del 2020 di Alessandro Rossellini che è riduttivo definire documentario. Perché se il filo conduttore è la storia della famiglia Rossellini, schiacciata dal mito di Roma città aperta, il racconto ha il passo di una commedia che si mescola a tragedia, con protagonista proprio il regista. In questo caso, diversamente dal nonno, con un solo film nel curriculum: questo. Arrivato dopo una vita piena di episodi poco edificanti, dalla droga alle continue richieste di soldi alla zia Isabella, raccontati senza farsi sconti.

Ed il fascino del film sta proprio qui: la durezza estrema con cui viene raccontata una famiglia allargatissima che oggi ai più giovani dice poco ma che per almeno tre decenni ha alimentato le cronache e i pettegolezzi. Una durezza sfociata in scelte di vita anche estreme, condivisa dai sei figli di Roberto Rossellini (uno di questi, Renzo, è il padre di Alessandro), dalle ex mogli e dai troppi parenti. Al punto che paradossalmente la persona più normale di tutti sembra Ingrid Bergman, che per amore scelse di mettersi in stand-by a Hollywood e girare per qualche anno bruttissimi film in Italia, lottando per recuperare i figli che le erano stati tolti con una sentenza che oggi sarebbe incredibile.

Alessandro Rossellini va in giro per il mondo, dalla Svezia al Qatar a New York, ad ascoltare il punto di vista di tutti e a farsi trattare male da tutti, con lo spettatore che vista la sua sgradevolezza ostentata fa naturalmente il tifo per chi lo tratta male. Senza dubbio la capofamiglia è Isabella, l'unica capace di accettare la luce riflessa dei genitori (lei è una dei tre figli, su sei, di Rossellini avuti con la Bergman) e quindi di sfruttarla, mentre gli altri hanno tutti in qualche modo provato a smarcarsi. Su tutti Robertino, ex stella del jet-set e noto a noi popolo bue per il suo fidanzamento con Carolina di Monaco, che vive appartato in Svezia nella vecchia e bellissima casa della madre, che in un'intervista (non in The Rossellinis, anche se esprime gli stessi concetti) disse una volta: "Meglio essere spettatori intelligenti che cattivi registi o attori".


Marotta for president

Giuseppe Marotta presidente dell’Inter, non soltanto un meritato premio alla carriera visto che rimane amministratore delegato dell’area sportiva del club campione d’Italia anche nell’era di Oaktree, breve o lunga che sarà. Succede a Steven Zhang, diventando così il ventiduesimo (contando una volta sola Massimo Moratti, che lo è stato per due periodi) presidente della storia nerazzurra, con la prospettiva di continuare a governare l’Inter come fa dalla fine del 2018, anche se le logiche sono cambiate. Da una proprietà poco presente, che comunque ha sempre pompato soldi nell’Inter fino all’ultimo, ad una che gli starà con il fiato sul collo, visto che il consiglio è quasi totalmente targato Oaktree, e non è detto che ripiani ogni perdita pur avendo la cilindrata per farlo. Certo è che Marotta ha invertito una tendenza negativa, non soltanto a livello sportivo, e che questo è il punto più alto di quasi mezzo secolo di carriera. Il miglior dirigente calcistico italiano, in serie A1 (in A2 è Sartori), è lui e non da oggi. Ma nonoistante il doppio incarico di prestigio le mani saranno adesso meno libere.

Il licenziamento per giusta causa di Allegri, reso noto venerdì scorso, non era poi per una causa tanto giusta se sono bastati due giorni, la minaccia del tribunale ed un colloquio con Elkann per arrivare ad una transazione dall’importo ancora non ufficiale ma che di sicuro soddisfa l’allenatore ed il suo staff, lasciandogli le mani libere per prendere la differenza se ci sarà un’offerta stimolante. Non proprio una vittoria di Giuntoli, che comunque adesso costruirà il futuro con un allenatore di suo gusto.

Perché il Centro-Sud è quasi scomparso dalla Serie A? Considerando della stessa zona il Sassuolo retrocesso ed il Parma promosso, vanno giù Frosinone e Salernitana, su Como e Venezia. Nella sostanza nel campionato 2024-25 le squadre più settentrionali sopra Cagliari, Lecce e Napoli saranno le due romane. Situazione che unita al discorso sulle proprietà (salite tre straniere, scese tre italiane) e alle cinque lombarde si presta a mille analisi, anche se non ne faremo nessuna. Ricordiamo soltanto che fra le prime 20 città d’Italia per numero di abitanti ci sono Palermo (quinta), Bari (nona), Catania (decima), Messina (tredicesima) e Taranto (diciannovesima). E che di queste soltanto il Palermo, con il City Football Group, ha una proprietà ambiziosa anche se certo non manderà al Barbera né Guardiola né Haaland. Il Bari è prigioniero di De Laurentiis, che in caso di promozione lo perderebbe, le altre tre sono in C.


Il Chelsea dell’era Boehly è la società peggio gestita del mondo, in proporzione al budget a disposizione, ma con il contratto quinquennale di Enzo Maresca è riuscita stupire ancora. Beninteso: stiamo parlando di un ottimo allenatore, ancora relativamente giovane, con il bollino di qualità di Guardiola del quale è stato vice e del quale è quasi un clone anche fisicamente. Ma il senso di un contratto quinquennale sfugge ai più, ricordando come in meno di due anni il Chelsea sia riuscito a chiudere rovinosamente l’era Tuchel, a svenarsi per Potter, pagandolo come un grande calciatore, a richiamare Lampard per niente e a buttare altri soldi per il disastroso Pochettino. Certo non hanno un dirigente come Ivan Gazidis, da poco tornato in pista come presidente del Sain-Etienne a proprietà canadese.

03 giugno 2024

L'ordine del tempo


Per questa sera consiglieremmo il bellissimo Amarsi un po', alle 23 su Cine 34, ma su Indiscreto lo abbiamo già recensito e così per una volta parliamo di un film che non ci piaciuto come L'ordine del tempo. Una vera rarità, perché di solito opere di questo tipo le abbandoniamo dopo tre minuti e quindi non le recensiamo nemmeno. Ma questo di Liliana Cavani, intercettato sull'on demand di Sky Cinema, pur essendo il peggior film visto per intero negli ultimi anni in un certo senso ci ha conquistato perché sintetizza tutto ciò che non ci piace del cinema italiano, ormai del tutto svincolato dal gradimento del pubblico. Non significa che tutti i film italiani siano insuccessi, anzi, ma soltanto che gli incassi reali al cinema ed il successo nel tempo in televisione non sono decisivi nelle scelte produttive e artistiche.

Il film, presentato nel 2023 a Venezia, altro non è che uno dei milioni di tentativi (alcuni anche riusciti benissimo) di riproporre lo schema del Grande Freddo, con alcuni amici che si ritrovano in una casa, spesso di vacanza, in questo caso a Sabaudia, facendo emergere i tanti non detti dei loro rapporti e riflettendo su un futuro che sembra non esserci. In L'ordine del tempo questo assume un significato letterale, visto che l'esistenza di questo gruppo e anche dello stesso pianeta è minacciata da un meteorite, con il pericolo intuito soltanto dalla domestica peruviana e dagli addetti ai lavori, fra cui uno del gruppo, l'onnipresente (nel cinema italiano) Edoardo Leo, qui nei panni improbabilissimi dell'astronomo tormentato.

Il film è tenuto in piedi dalla presenza vitale di Alessandro Gassmann, ma per il resto è il festival dei luoghi comuni e della verbosità, con un cast anche di buoni nomi (Claudia Gerini, Kseniya Rappaport, Francesca Inaudi, Valentina Cervi, Angela Molina, il tedesco specializzato in tedeschi, SS o Wermacht a seconda del film, Richard Sammel che qui però fa il trader di Borsa) ma in mezzo ad una storia inconsistente che ha la consulenza scientifica di Carlo Rovelli, cioè l'autore del libro, e nessun personaggio a cui ci si appassioni. Quindi delle loro rivelazioni (una vecchia storia lesbica, una fresca storia di corna, un amore tormentato, un disastro finanziario) non ce ne importa niente, anzi speriamo che questa borghesia venga davvero distrutta dal meteorite. La curiosità c'è però per la casa di Sabaudia: sembra abusiva, al livello di quella di Montalbano. Unico guizzo della Cavani la sottolineatura dell'appartenenza di classe sociale, fatta tramite la domestica, ma i Vanzina con Asuncion e Conception avevano già detto tutto quaranta anni prima.

Prima dei saluti

 Oscar Eleni a rapporto sulla grande strada argentina che porta verso il Pizzo Torre per confessare al grande gufo grigio, fratello dell’allocco che domina in Lapponia, il disagio della passione. Aspettando Olimpiadi che ci vorrebbero rubare con le bombe, gli attentati, nella speranza che le notizie nascano soltanto da grandi risultati, ecco il giugno della follia. Euroscogli  di grande atletica, di calcio tormentato per la nazionale di Spalletti. In mezzo, per chi sogna canestri da metà campo, le finali del basket. Confusione televisiva, tormenti al momento di dover scegliere fra un bel lancio di Fabbri e un bel canestro fra Bologna e Milano, sognando la resurrezione di Lazzaro Jacobs non soltanto nella staffetta che dovrebbe almeno ridarci il vero Tortu, pregando che siano tutte notti magiche da vivere bene se davvero l’atletica ci darà più di 20 medaglie europee, senza litigare troppo, con la musica giusta, anche se non sarà sempre magia come quando Gianna Nannini e Bennato ci accompagnavano in una estate italiana che non faceva i conti con Maradona. Certo non sarà facile scegliere e, soprattutto, sembra impossibile avere garanzie per non processare Jacobs e il suo guru se dovessero andar male, avere garanzie che la finale del basket più classica non sarà intossicata da polemiche, minacce, anche se a Milano e Bologna si stanno già impegnando per confondere chi arbitra più delle letterine per avere la palla prigioniera invece della pallacanestro, per dare a giocatori in scadenza (ma non lo sono sempre?) la scusa buona al momento di tradire o Messina oppure Banchi.

Aspettando Godot e la prima partita di finale giovedì sera, seguendo la scia del calcio a mercato sempre aperto, ecco le prime bombe puzzolenti. Giocatori delle finaliste con valigia pronta. Allenatori delle due storiche regine, forse non le più belle, di sicuro le più ricche, messi già in graticola e misteriosamente in viaggio per altri troni. Dovrebbero spiegarci perché Banchi potrebbe lasciare la Virtus per andare a Baskonia e quali sarebbero i motivi per far cambiare idea a Messina sul fatto che Milano è davvero l’ultimo porto nella sua gloriosa carriera. Il bue che grida cornuto all’asino sta già scatenando i dietrologi che hanno la tenda fissa davanti alla Fiera bolognese e al Forum di Assago. L’unica verità dolorosa per le due finaliste e che la regina decapitata lascerà sul patibolo della finale anche tutto il resto perché potrebbero fare la fine del Barcellona che, come accadde soltanto nel 2017, Bartzokas regnante, ha chiuso la stagione senza prendersi niente come il Villeurbanne del confuso Parker. Per la verità la Virtus e Banchi hanno fatto subito l’amore in piazza appena Scariolo se ne è andato lasciandogli l’incombenza della supercoppa, mentre Messina non ha davvero mai brindato dopo aver perso con Napoli la finale di coppa Italia, mortificato in eurolega, come il garibaldino di  Grosseto che comunque gli è arrivato davanti.

Mentre il calcio brinda e si tormenta perché Como e Venezia, due neopromosse in serie A, hanno stadi non proprio da massima serie, i lariani infatti, giocheranno a Verona, il basket aspetta di capire se Trapani è davvero più forte della Fortitudo che ha perduto gara uno e anche Aradori, indeciso se tifare per la grande tradizione di Cantù, borgo magico con tante coppe e scudetti da accarezzare, o per la storia della Trieste che al basket e allo sport italiano ha dato campioni meravigliosi. Stiamo parlando della A2 ignorata da edicole in chiusura come al Washington Post. Con questo dilemma ci si lascia proponendo pagelle al rosolio modificato.

10 Al PETRUCCI che, per far dimenticare come ha trattato il Sacchetti che aveva riportato il basket italiano ad una Olimpiade, ci ha assicurato un contratto garantito per Pozzecco anche se non dovesse superare le Termopili in Portorico, unica strada per arrivare a Parigi.

9 A BRESCIA e VENEZIA per lo stile che hanno mostrato accettando il duro verdetto del campo. Speriamo che i loro generali trovino società pronte a rinforzare il blocco che ha reso comunque difficile la vita alle regine.

8 A PARIGI perché la squadra di basket che ha già vinto una coppa e farà la finale per il titolo contro Monte Carlo ci garantisce che non tutto finirà con i Giochi olimpici.

7 A SLOUKAS per averci perdonato quando ci siamo dimenticati di lui e della sua grandezza dopo la finale di coppa vinta con il Panathinaikos di ATAMAN che non sembra intenzionato a cambiare scenario e ponte magico anche se qualcuno pensa che potrebbe essere lui il dopo Messina nel caso in cui il presidente-tecnico Ettorre suggerisca a Dell’Orco e ad Armani l’uomo che ha studiato in Italia e per primo ha scoperto il tesoro ormai sepolto di Siena.

6 A TRENTO per  la calma mostrata quando ALVITI ha chiesto di poter andare a tirare altrove. Speriamo che invece riesca a trattenere BILIGHA come ha fatto con FORRAY.

5 A PETRUCCI per averci ricordato che con l’età si perde la memoria perché quando lui dice di avere avuto tanti avversari nelle corse per la presidenza del basket facciamo fatica a ricordarci il nome di un vero avversario, così come quelli in questa corsa da anni bisesto.

4 Ai GIOCATORI delle finaliste che sono anche in scadenza di contratto se non dimostreranno ai gufi della Lapponia che un vero professionista, anche se mercenario, si batte fino in fondo per la casata che lo ha ingaggiato.

3 A BANCHI e MESSINA se dimenticheranno chi davvero, anche fra i loro amici più cari, ha cercato di metterli in difficoltà anticipando probabili campagne acquisti, mine che in spogliatoio hanno già fatto saltare sicuramente i nervi più fragili.

2 Agli ARBITRI se davvero si sono spaventati per la famosa lettera dove venivano invitati a ricordare che il basket è uno sport senza contatti. Un falso, direbbe il grande fondatore che si inventò il gioco per non far oziare quelli del football. Un falso, direbbero tutti quelli che sanno bene come l’attacco faccia vendere i biglietti, ma è la difesa che conquista la gente e le vittorie.

1 Al PROGRAMMATORE TELEVISIVO che in queste giornate di giugno ruberà alla passione le immagini che uno dovrà registrare maledicendo la concomitanza degli orari.

0 Alla nuova CHAMPIONS del calcio, tantissime partite, una fiera meravigliosa ma costosa, se dovesse ispirare BODIROGA e l’EUROLEGA già confusa dall’ingresso dei “campioni” di DUBAI nel mondo magico del basket a Est di Bruxelles.


Ancelotti da sette

La quinta Champions League vinta da Carlo Ancelotti come allenatore, che va sommata alle due Coppa dei Campioni da giocatore, è stata la terza in ordine di sofferenza, ricordando i rigori con la Juventus a Manchester o il colpo di testa di Sergio Ramos al 90’ contro l’Atletico Madrid, e ha dimostrato che la quinta della Bundesliga, arrivata a 27 punti dal Bayer Leverkusen (a sua volta con una rosa di valore medio-alto, certo non stellare) può mettere sotto per metà partita il più grande club del mondo, pieno di campioni e bene allenato, usando le sue stesse armi, cioè lasciandogli l’iniziativa e ripartendo in massa. Poi nel secondo tempo il Real ha preso in mano la situazione e nessuno, dopo le tante occasioni fallite dal Borussia Dortmund nel primo tempo, avrebbe scommesso un euro sui tedeschi di Terzic. In mezzo alle celebrazioni la solita domanda, che possiamo dividere in due. Ancelotti avrebbe salvato l’Empoli? Nicola avrebbe condotto il Real alla sua quindicesima Champions? No. No. Non è vero che tutti gli allenatori sono uguali, perché in ogni contesto ci sono quelli bravi e quelli che non lo sono.

Il licenziamento per giusta causa, della Juventus nei confronti di Allegri, è qualcosa di clamoroso e di difficile da spiegare. Perché se si andrà in tribunale le chance del club di risparmiare i 18 milioni, questo il costo aziendale lordo, residui per Allegri e il suo staff sono pari a zero. Non è che un litigio, oltretutto privato (non ci si riferisce quindi al gesto fatto in campo dopo la finale di Coppa Italia), con il direttore sportivo, sia una giusta causa di licenziamento, altrimenti nessun allenatore esonerato avrebbe mai visto un euro. Ad un primo livello l’idea della Juventus è quella di chiedere 18 per ottenere, mettiamo, 6, insomma di arrivare a una transazione contando sulla voglia di Allegri di tornare ad allenare subito. Ad un secondo è un’altra picconata elkanniana sull’era di Andrea Agnelli, proprio negli stessi giorbi in cui si è consumata l’abiura definitiva della Superlega, con la riammissione nell’ECA adesso diretta da El-Khelaifi, improbabile paladino del calcio di tutti.

Quando finirà l’era De Laurentiis al Bari? Dopo la clamorosa vittoria-salvezza al Liberati contro la Ternana i tifosi del Bari continuano a chiedere un cambio di proprietà, che comunque per la legge attuale dovrebbe avvenire entro il 2028. La tigna nel mantenere due club di prestigio e con un bacino di utenza ampio (Bari è la nona città d’Italia per numero di abitanti), invece di mettere in piedi un serio progetto di seconda squadra come Juventus e Atalanta, si spiega soltanto con le previsioni di aumento enorme del valore dei brand sportivi nei prossimi anni (la stessa scommessa che in altra situazione ha strangolato Zhang). Vendere il Bari fra 3 anni sarà più conveniente, a meno che una promozione in A costringa ad accelerare l’operazione. In ogni caso a nessun tifoso piace sentirsi una seconda scelta o una seconda squadra (espressione usata qualche mese fa da De Laurentiis), vale anche quando la prima è il Real Madrid e quindi figuriamoci con il Napoli. Situazione che non può trascinarsi fino al 2028.

Battendo la Cremonese il Venezia è diventato la terza promossa in A insieme a Como e Parma. Tre club con una grande storia (ma quale club non ha una grande storia?) ed un presente gestito da stranieri: americani i capitali di Parma e Venezia, indonesiani quelli del Como. Questo significa che esattamente metà della Serie A 2024-2025 sarà formata da squadre controllate da persone o aziende non italiane. Una realtà che si presta a mille considerazioni, ma con due che superano le altre 998. La prima: gli imprenditori locali, o comunque italiani, di una certa cilindrata sono in proporzione meno rispetto a una volta, nell’economia in generale e non soltanto nel calcio. La seconda: il calcio italiano ha potenzialità ancora inesplorate, comunque un club italiano si compra meglio rispetto ad un pari rango inglese, ed inoltre può legarsi a discorsi turistici ed immobiliari inimmaginabili per qualsiasi altro paese: certo un pazzo può andare in vacanza a Ipswich o a Wolverhampton, ma non si tratta di turismo di massa.


Fuori Acerbi, fuori Scalvini. La sfortuna ha deciso al posto di Spalletti, così nei 26 per gli Europei a questo punto dovrebbe entrare Gatti. E togliamo il condizionale nel caso il c.t. voglia tentare di nuovo l’azzardo (per come la pensa lui) della difesa a tre, quindi con la necessità di avere in rosa sei difensori centrali. Domanda da bar cattivo: ma c’era bisogno che Gasperini giocasse con tutti i titolari una partita inutile come quella con la Fiorentina? La risposta è semplice. La partita non era inutile, perché al di là del fatto che l’Atalanta l’abbia persa c’erano da conquistare un terzo posto, eguagliando il suo miglior piozzamento di sempre (ottenuto altre tre volte, sempre con Gasperini) e quasi tre milioni di euro in più. Con un altro metro etico-sportivo l’Atalanta avrebbe dovuto allora perdere con il Torino e dare alla Roma la chance di conquistare il sesto posto italiano in Champions. Ma Gasperini prova sempre a giocare, per questo è antipatico a molti addetti ai lavori, come si è notato dai tanti complimenti a denti stretti per l’Europa League.

Donne o Trans?

Donne o trans? O meglio: gli uomini diventati (più o meno) donne devono poter competere con le donne nello sport? Il pretesto per parlarne a...